Armi chimiche dalla Siria: nel porto di Gioia Tauro avverrà il trasbordo su una nave militare americana

Nel porto calabrese i componenti chimici dell’arsenale non convenzionale siriano saranno trasferiti da un cargo danese sulla “Cape Ray”, la porta cointainer americana appartenente alle forze della Riserva di Pronto Impiego. Lo smaltimento sarà effettuato con un processo sicuro e in condizioni di massima sicurezza e di tutela dell’ambiente – LE FASI DELL’OPERAZIONE

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Roma – Il porto di Gioia Tauro è lo scalo prescelto dal Governo per il transito delle armi chimiche siriane. Un cargo danese sarà impiegato per trasportare fino al porto i componenti chimici che verranno poi trasferiti a bordo dell’unità navale Usa ‘Cape Ray‘.

In stretto raccordo con l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) – ha spigato una nota di Palazzo Chigi – l’Italia metterà a disposizione il porto di Gioia Tauro, ove il materiale proveniente dalla Siria sarà caricato su altra imbarcazione e trasportato al di fuori del territorio nazionale per le operazioni di distruzione. L’operazione, che verrà completata in breve tempo, sarà svolta secondo i più alti standard di sicurezza e di tutela dell’ambiente, presso strutture specificamente attrezzate“.

L’Opac spera che il trasbordo delle armi chimiche nel porto di Gioia Tauro “possa svolgersi ai primi di febbraio, di sicuro entro la prima parte del mese“, ha precisato davanti alle Commissioni riunite Esteri e Difesa dei due rami del Parlamento il direttore generale dell’Opac, Ahmet Uzumcu. Si prevede che “la distruzione a bordo della nave americana dovrebbe avvenire al massimo nel giro dei prossimi due mesi“. Uzumcu ha assicurato poi che gli agenti chimici che saranno trattati sulla nave statunitense “Cap Ray” non saranno gettati in mareperché espressamente proibito della Convenzioni sulle armi chimiche“.

Il direttore dell’Opac ha quindi ringraziato l’Italia per il “generoso contributo” fornito alle operazioni di smantellamento e distruzione dell’arsenale chimico siriano.

Il trasbordo sulla nave Usa, ha spiegato il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi davanti alle Commissioni, avverrà “da nave a nave, mediante la movimentazione di 60 container con appositi rotabili e senza lo stoccaggio dei container a terra“. “La merce pericolosa è assolutamente gestibile” per il porto di Gioia Tauro, scalo “ritenuto più adatto dal Governo” per effettuare l’operazione.

Nella verifica condotta per la scelta dello scalo si è tenuto conto, ha spiegato Lupi, della “presenza di condizioni di esperienza, specializzazione e alta professionalità“. “In due anni, nel 2012 e 2013, Gioia Tauro ha trattato prodotti analoghi movimentando 3000 container. Facendo una media, parliamo di 1500 container l’anno“, ha detto Lupi ricordando che le operazioni di trasbordo dalla nave danese a quella americana riguarderanno 560 tonnellate in 60 container.

Del contributo dell’Italia all’operazione di distruzione dell’arsenale chimico siriano ha parlato il ministro degli Esteri, Emma Bonino, nel corso dell’audizione. Questa operazione “si inserisce in uno sforzo internazionale” che guarda al “grande obiettivo” rappresentato dalla creazione di una zona mediorientalepriva di armi di distruzione di massa“. Si tratterà della “più importante operazione di disarmo degli ultimi dieci anni“, ha affermato la titolare della Farnesina.

Il clima di larghe intese che aleggia nel Paese si è trasferito a un’edizione bipartisan della nota sindrome NIMBY: Not In My Back Yard. Non nel mio giardino.

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Il sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, di recente entrato nel Partito Democratico, ha protestato. “E’ la scelta più scellerata che potessero fare contro una popolazione che già sta subendo tanto e che non meritava quest’ultimo smacco“, ha dichiarato all’Adnkronos. “Questo – ha sottolineato l’avvocato Bellofiore, evidentemente digiuno di relazioni internazionali e del minimo sindacale di competenze in materia – è il Comune più martoriato della Calabria, ci sono già altri agenti ad alto impatto e pericolosità ambientale tra cui inceneritori, raddoppi, discariche, rigassificatori. Usare il porto di Gioia Tauro come pattumiera di tutto quello che non vuole l’Italia è una cosa gravissima“, anche se non si capisce se Bellofiore abbia davvero compreso cosa accadrà.

Il sindaco di Gioia Tauro – forse per contendersi a futura memoria la simpatia della popolazione, ma fornendo una pessima prova come amministratore pubblico – ha criticato la “decisione imposta dall’alto” e ha poi fatto notare di non conoscere “i rischi, eppure il sindaco è responsabile per l’igiene e la salute pubblica“; di non sapere cosa fare “in caso di emergenza“. Secondo Bellofiore, l’amministrazione di Gioia Tauro dovrebbe essere preparata nel caso di imprevisti. Infine Bellofiore ha chiesto di essere messo al corrente di tutti i particolari in qualità di sindaco della città, “che è la prima persona alla quale i cittadini chiedono conto“.

Nella prima serata di ieri, Renato Bellofiore si è ulteriormente irrigidito. “Sulla chiusura del porto non mi sbilancio – ha detto all’agenzia TMNews – prima voglio chiedere un incontro alle istituzioni e poi valuteremo il da farsi. Devo prima parlare con qualcuno del governo che mi dica cosa sta succedendo: sono un sindaco – ha osservato – e devo avere degli atti ufficiali. Di sicuro faremo tutte le attività lecite e legali per impedire questa attività. Non so se è competenza nostra chiudere il porto – ha confessato Bellofiore, non fornendo una prova particolarmente eccelsa di sindaco – ma tutte le attività che un sindaco può fare sicuramente le attueremo, come forme democratiche di protesta. Non siamo assolutamente d’accordo“. Sicché da ieri tra le competenze dei sindaci c’è quella di organizzare le proteste. Roba da rimanere senza parole…

Sulla stessa linea il presidente della provincia Giuseppe Raffa. “Il Governo scopre il porto di Gioia Tauro quando si tratta di trasferire armi chimiche, per il resto ha sempre disconosciuto una realtà straordinaria, ci saremmo aspettati attenzioni diverse soprattutto per le ricadute sotto il profilo occupazionale. Così non è perché prendiamo atto di questa scelta sconsiderata“, ha affermato, evocando però quel “fiato alle trombe, Turchetti” reso immortale dalla bravura di Mile Bongiorno. “L’amarezza più grande, in ogni caso, è che il porto di Gioia Tauro è considerato un porto di transito e non un’infrastruttura nella quale investire per lo sviluppo“, ha dichiarato all’Adnkronos.

Ma la “perla” della giornata l’ha presentata su un piatto di …’nduja il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, che a TMNews ha dichiarato: “è vero che la Calabria può offrire un contributo contro le armi chimiche e per la pace nel mondo, ma è anche vero che cosi’ facendo si rischia di portare alla guerra civile un territorio“. Affermazioni di inaudita gravità, che mostrano l’inadeguatezza della classe dirigente e politica di quel territorio. 

Credo che il Presidente Letta e il Ministro Bonino – ha aggiunto il presidente della Calabria – abbiano delle grandi responsabilità su quanto sta accadendo oggi nella nostra terra in quanto prima di qualsiasi assenso avrebbero dovuto avvertire il bisogno di coinvolgere le istituzioni locali, a iniziare dall’ente Regione, fornendo tutte le garanzie necessarie rispetto a una operazione così delicata“. Così si strumentalizzano le paure (legittime) della popolazione, che però non conosce i fatti: dovrebbero essere i rappresentanti nelle istituzioni a rassicurare la cittadinanza, spiegando le fasi dell’operazione. Invece si preferisce alimentare demagogicamente la paura.

Secondo Scopelliti, a “Letta non rimane altro che convocare immediatamente una riunione tecnica con esperti internazionali e con i vertici istituzionali per dimostrare di avere elementi di valutazione concreti contro ogni rischio, al fine di evitare ogni sorta di strumentalizzazione. Il governo sappia – ha concluso il presidente Scopelliti – che la Calabria non accetterà che questa operazione possa mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente“.

Credit: Adnkronos, AGI, TMNews

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