La crisi nel 2013 ha spinto al suicidio 149 persone, uno ogni 2 giorni e mezzo

Il 40 per cento di chi si è tolto la vita lo ha fatto nell’ultimo quadrimestre. Erano stati 89 nel 2012. L’importanza di una rete di solidarietà umana di prossimità

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Nel 2013 ben 149 persone si sono tolte la vita per motivi economico, rispetto agli 89 casi registrati l’anno precedente. Nel biennio 2012-2013 il bilancio di chi ha deciso di porre fine alla propria esistenza per la crisi economica in cui versava è di 238 persone, uno ogni due giorni e mezzo.

Sono i dati resi noti da Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica della Link Campus University di Roma, che da oltre due anni studia il fenomeno e che adesso ha pubblicato i dati complessivi dell’attività di monitoraggio avviata nel 2012.

Dietro al tragico gesto – dichiara Nicola Ferrigni, docente di Sociologia della Link Campus University e direttore di Link Lab – vi è un sistema Paese che fatica a trovare soluzioni a problemi ormai divenuti insormontabili: perdita del lavoro, impossibilità di pagare l’affitto o la rata del mutuo, debiti accumulati, stipendi non percepiti, tasse, bollette da pagare. Con il solo stipendio, quando questo arriva, si riesce a stento a far fronte alle spese ordinarie come quelle per affitto e utenze domestiche”. “D’altra parte – prosegue Ferrigni – le analisi delle ultime ore dell’Istat continuano a lanciare segnali preoccupanti: l’Istituto Nazionale di Statistica rileva infatti che il reddito delle famiglie italiane in valori correnti diminuisce in tutte le regioni italiane”.

Il 40 per cento dei suicidi registrati nel 2013 è avvenuto nell’ultimo quadrimestre. Dopo i mesi estivi, il numero dei suicidi per ragioni economiche è tornato a salire vertiginosamente a settembre, con 13 episodi registrati, nel mese di ottobre che conta 16 vittime, novembre con 12 casi e nell’ultimo mese dell’anno in cui le vittime sono state ben 18. Nell’ultimo quadrimestre del 2013 quindi i suicidi riconducibili a motivazioni economiche rappresentano circa il 40% del totale registrato nell’intero anno.

Circa un suicida su due (45,6%) è imprenditore (68 i casi nel 2013, 49 nel 2012), ma rispetto al 2012 è raddoppiato il numero delle vittime tra i disoccupati: sono 58, infatti, i suicidi tra i senza lavoro, numero che risulta più che raddoppiato rispetto al 2012 quando gli episodi registrati sono stati 28.

Così come è triplicato, rispetto al 2012, il numero di chi, seppur in possesso di una occupazione, si è tolto la vita perché stretto nella morsa dei debiti a causa molto spesso di stipendi non percepiti: 7 i casi registrati nel 2012, 19 nel 2013. Il fenomeno non conosce più differenze geografiche: al Sud come al Nord.

Rispetto al 2012, quando il numero più elevato dei suicidi per motivi economici si registrava nelle regioni del Nord-Est (27 casi con un’incidenza percentuale pari al 30,3%) – area geografica a maggior rischio di suicidio tra gli imprenditori a causa della maggiore densità industriale – l’analisi complessiva dell’anno 2013 sottolinea come il fenomeno sia andato uniformandosi a livello nazionale interessando con la stessa forza tutte le aree geografiche.

Persino nel Mezzogiorno, dove il tasso dei suicidi per crisi economica è sempre stato storicamente più basso rispetto alla media nazionale, vi è stato un allarmante aumento del fenomeno: 13 i casi complessivi del 2012, a fronte di 29 nel 2013. Nel 2013 il numero più elevato di suicidi per ragioni economiche si è registrato nel Nord-Ovest che vede triplicato il numero delle vittime che passa da 12 del 2012 a 35 nel 2013. A seguire le regioni centrali con 33 casi (22,1%) a fronte dei 23 del 2012 (25,8%) e il Nord-Est con 32 (21,5%), dato quest’ultimo in linea con quanto registrato nel 2012 quando gli episodi sono stati 27. Sono invece 19 i casi di suicidio registrati nelle Isole (14 nel 2012).

La crisi interessa strati sempre più ampi della popolazione. Nel 2013, così come nel 2012, la crisi economica, intesa come mancanza di denaro o come situazione debitoria insanabile, rappresentano la motivazione principale del tragico gesto è all’origine dei 108 suicidi (72,5 per cento) nel 2013, a fronte dei 44 del 2012. La perdita del posto di lavoro continua a rappresentare la seconda causa di suicidio: 26 gli episodi registrati, in lieve aumento rispetto al 2012 quando i casi sono stati 25.

A incidere inoltre sul tragico epilogo, i debiti verso l’erario: 13 persone nel 2013 si sono tolta la vita a causa dell’impossibilità di saldare i propri debiti nei confronti dello Stato. Preoccupante e significativo anche il numero dei tentati suicidi: 86 sono infatti le persone che nel 2013 hanno provato a togliersi la vita per motivazioni riconducibili alla crisi economica, tra cui 72 uomini e 14 donne, contro i 48 casi complessivi registrati nel 2012.

Il picco è stato registrato a ottobre: 20 i tentati rispetto agli 86 registrati nel 2013. Oltre la metà nell’ultimo trimestre. A seguire il mese di dicembre in cui gli episodi sono stati 15 e novembre in cui i casi sono stati invece 12. Ancora una volta grido di allarme nelle regioni del Sud e nelle Isole.

Anche tra i tentativi di suicidio, desta particolare allarme l’incremento registrato nelle regioni meridionali: si passa infatti dai 5 casi del 2012 a ben 25 tentativi nel 2013. Anche nelle regioni insulari una simile considerazione: 15 casi rispetto ai 6 registrati nel 2012.

L’aumento si registra anche nelle regioni del Centro Italia in cui nel 2013 si sono verificati ben 22 casi a fronte dei 13 rilevati nel 2012. A livello regionale il numero più elevato di tentativi di suicidio nel 2013 si ha nel Lazio (12). Seguono Sicilia (11), Campania ed Emilia Romagna (10), Lombardia (7), Abruzzo e Toscana (6).

I dati della ricerca della Link Campus di Roma sono significativi di un fenomeno che sembra crescere in modo esponenziale. Non c’è dubbio che l’affievolimento dei vincoli sociali – anche per la crisi economica – contribuisce all’emergere l’idea di trovarsi davanti a ostacoli insormontabili, in prevalenza legati alla propria situazione economica.

Solo con un nuovo processo di rafforzamento di questi vincoli comunitari e solidaristici potrà essere affrontato in modo costruttivo questo terribile fenomeno, che però dovrebbe indurre alla riflessione la classe dirigente – non solo politica – cui spesso la gente guarda con l’auspicio di trarne anche modi di comportamento, che troppo spesso vengono mortificati.

Insomma, la piaga dei suicidi per motivi economici dovrebbe essere affrontata con un’attività di prevenzione attiva, attraverso una catena di solidarietà di prossimità, quella tra vicini di casa, condomini, colleghi di lavoro, perché tutti i problemi si possono risolvere, ma il suicidio rende irrisolvibile tutto. E a volte basta solo una parola di conforto per scacciare i demoni che invadono la mente delle persone in difficoltà.

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