I divorziati che pagano ancora il mutuo della casa coniugale sono 610mila

In tempi di crisi non è proprio un buon affare separarsi e divorziare, se si deve continuare a pagare una casa che non si può utilizzare

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Roma – La crisi produce effetti perversi anche in tema di relazioni familiari e se il matrimonio “si ingolfa” diventa davvero un pessimo affare. La ricerca condotta da Demoskopea per conto di una nota rete immobiliare ha mostrato in modo inequivocabile che divorziare in tempi di crisi può non convenire al portafoglio.

L’Istituto di ricerca ha intervistato un campione rappresentativo dei circa 2.700.000 divorziati e separati italiani per evidenziare le conseguenze che una separazione ha sull’economia personale, con un’attenzione particolare all’argomento casa. Nel complesso in Italia 610.000 divorziati stanno ancora pagando le rate del mutuo ottenuto per comprare la casa coniugale, il 22,6 per cento del totale. Una percentuale che a un anno dalla fine della relazione sale fino al 54,7 per cento e che crolla al 5,4 per cento fra chi è separato da più di cinque anni.

Dopo la fine del matrimonio più della metà delle persone prova a chiedere un nuovo mutuo alle banche (46,2 per cento del campione, equivalente a 1.248.000 persone), ma a quasi la metà di loro gli istituti di credito hanno negato il finanziamento.

Il 42,2 per cento dei divorziati denuncia una condizione economica peggiorata dopo la separazione, soprattutto durante il primo anno 45,3 per cento e proprio l’impossibilità di far fronte alle spese di una nuova casa spiega come mai, nei primi dodici mesi successivi alla fine del matrimonio, il 57,8 per cento dei separati dichiari di abitare ancora sotto il tetto coniugale.

L’indagine di Demoskopea ha messo in luce come il campione di chi, sia pure separato, vive ancora nella casa matrimoniale sia equamente suddiviso tra uomini (51,5 per cento) e donne (48,5 per cento), segno che la crisi costringe molte coppie ad accettare la condizione di separati in casa, in attesa di trovare una soluzione alternativa e, soprattutto, sostenibile economicamente.

Se in molti casi, quando la coppia scoppia, la soluzione abitativa preferita è quella dell’affitto di un’altra casa (26,6 per cento dei separati da meno di un anno), è importante evidenziare come addirittura il 10,9 per cento dei separati sia costretto a tornare a vivere nella casa dei propri genitori, dimostrando come la famiglia di origine sia, in caso di separazione, un’ancora di salvezza anche economica tanto per gli uomini quanto per le donne visto che, nell’uno come nell’altro caso, la percentuale di chi torna a casa coi genitori è identica.

I dati relativi alle condizioni economiche sono stati molto influenzati dalla provenienza geografica degli intervistati, rivelando alcune differenze importanti fra le varie aree del territorio. Le case al Centro Italia costano più che altrove (in media 2.718 euro/mq) ed è proprio qui che, di conseguenza, i separati si sentono più poveri (52,4 per cento degli intervistati).

Godono di condizioni economiche migliori gli italiani divorziati che vivono al Nord-Ovest del Paese: tra di loro solo il 34,3 per cento dichiara di risentire delle conseguenze della separazione sulle sue proprie finanze, molto probabilmente perché proprio nel Nord Ovest le donne lavoratrici sono più numerose e quindi più indipendenti sotto il profilo economico e dove è meno sentita la differenza di salari in base al genere.

L’indagine di Demoskopea ha evidenziato come, per mettere fine alla diatriba sulla proprietà dell’abitazione che scatta tra i separati/divorziati servano in media cinque anni. Il 39,6 per cento del totale del campione intervistato risulta essere ancora proprietario dell’abitazione, ma la percentuale scende fra chi si è separato da oltre cinque anni arrivando solo al 23 per cento. Tutti gli altri hanno raggiunto un accordo con l’ex coniuge o convenuto di risolvere alla radice il problema, vendendo l’abitazione.

Credit: AGI