Dedichiamo le nostre prime curve a Michael Schumacher, che ci dà una lezione a sua insaputa…

Lo sceicco Zayed Al Zayani: onoriamo il più grande pilota nella storia della Formula 1. Il paradosso di una vita appesa a un filo, dopo averla percorsa a 300 all’ora: un monito per tutti e per sempre. Dedichiamogli tutte le prime curve di un circuito ideale…

La prima curva del BIC, Bahrain International Circuit di Sakhir: disegnata da Michael Schumacher, ora porta il suo nome
La prima curva del BIC, Bahrain International Circuit di Sakhir:
disegnata da Michael Schumacher, ora porta il suo nome

Come molti di voi sapranno, in Bahrain hanno dedicato la prima curva del circuito di Sakhir a Michael Schumacher, il quale aveva contribuito a definirla in sede progettuale. Una decisione presa d’accordo con la famiglia del sette volte campione del mondo. Un “grande privilegio essere in grado di onorare probabilmente il più grande pilota della storia della F1 e qualcuno che il popolo del Bahrain tiene vicino al proprio cuore”, ha dichiarato lo sceicco Zayed Al Zayani, direttore del circuito in cui il pilota tedesco vinse proprio al debutto della gara nel calendario del Circus, nel 2004.

Schumacher ha altre curve denominate con il suo nome: a Pergusa, l’orribile variante sud, disegnata dallo stesso pilota tedesco in un contesto dove neanche Michelangelo avrebbe potuto far meglio; al Nürburgring, tra la Shell Curve e la Dunlop Curve, per fare solo due esempi. Ma la dedica di ieri ha un altro sapore, sgradevole, inaccettabile (nel contesto, non nel gesto affettuosissimo e deferente, se vogliamo). Perché Michael Schumacher non può gioirne.

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Michael Schumacher è disteso su un letto del Centre Hospitalier Universitaire di Grenoble dal 29 dicembre scorso, giusto due mesi fa. E solo un miracolo può riportarlo a essere come lo conoscevamo, ormai sembra chiaro. Ma non è su questo aspetto che vogliamo tediarvi, quanto piuttosto su un aspetto insondato: Schumacher ci sta dando una lezione davvero a propria insaputa.

A tutti noi è venuto in mente il terribile paradosso di una vita vissuta a 300 all’ora e interrotta bruscamente per una caduta sugli sci a una velocità ridicola. Si potrebbe dire che ciascuno di noi vive ogni giorno sul filo del pericolo nascosto nel bordo di una vasca da bagno, in un passaggio pedonale, al chilometro tot dell’autostrada ics. La lezione di Schumacher è quella che ci viene dai familiari, letteralmente scomparsi dalla scena mediatica.

In altre situazioni abbiamo assistito a processioni televisive, a celebrazioni di atti di dolore a uso dei riflettori, a dichiarazioni strappalacrime dall’indubbio effetto rivitalizzante dello share. Dagli Schumacher zero. Perfino la portavoce Sabine Kehm porta-la-voce con estrema parsimonia, se proprio tirata per i biondi capelli dagli eventi.

Perché al nocciolo della questione c’è la sofferenza di una persona e dei suoi cari, che non sanno se lo rivedranno come prima, temono di non rivederlo come prima, o sanno probabilmente che non potranno più vederlo come prima. E che si saranno distrutti nella ricostruzione di quella giornata e delle centinaia di bivi della vita attraversati: bastava cambiarne uno e la storia avrebbe potuto essere diversa.

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In fondo, Schumacher è un maestro perfino dell’immobilità allettata ospedaliera così come lo è stato sulle piste di tutto il mondo, dove non ha lesinato colpi anche di dubbia correttezza (ultimo verso Rubens Barrichello nel 2010 all’Ungaroring), ma che non ne hanno reso cattiva la persona, impegnata in beneficenze varie, note e non.

In fondo Michael Schumacher ci insegna che la vita può riservare sorprese in ogni secondo e non conta niente avere soldi, successo e fama di fronte al Giudizio Supremo del Fato.

Al dunque, Michael Schumacher e la sua famiglia ci stanno dando quella lezione di sobrietà che rimane ignota a tanti vippetti di periferia, a sedicenti noti, a tanti nullafacenti sempre in televisione: in certi momenti occorre abbassare il sipario e vivere la vita per quel che riserva, bello o brutto che sia, ma chiusi nella riservatezza di chi è sconosciuto, ignoto, se non ai propri cari e alla propria famiglia.

E a Schumacher – quello che il 15 settembre 2001 volle correre con il musetto listato di nero a lutto per le vittime dell’11 Settembre, l’ambasciatore dell’Unicef, il benefattore silenzioso – noi tutti dovremmo dedicare sempre le prime curve del circuito della vita. Buon viaggio maestro, noi ti aspettiamo comunque…

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.

Un pensiero su “Dedichiamo le nostre prime curve a Michael Schumacher, che ci dà una lezione a sua insaputa…

  • 03/03/2014 in 19:16:51
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    Parole stupende e verissime. Michael Schumacher e’ una persona straordinaria nella sua semplicità. Tanto uomo comune ai suoi stessi occhi, tanto unico ai nostri! In bocca al lupo Michael!

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