Caso Maugeri, sequestrati conti e villa di Formigoni per 49 milioni di euro
‘Sigilli’ preventivi per tutti i conti, tranne uno, dell’ex governatore della Lombardia e per la villa di Arzachena e parti di altre proprietà
Milano – La Procura di Milano ha sequestrato ieri (giovedì 10 aprile), alcuni conti bancari ritenuti nella disponibilità di Roberto Formigoni, nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Maugeri, in cui l’ex “governatore” lombardo è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e all’appropriazione indebita. Sigilli anche ad alcune proprietà immobiliari, tra cui la villa ad Arzachena, in Sardegna, che sarebbe stata ceduta nel 2011 ad Alberto Perego, coinquilino di Formigoni nella comunità di Memores Domini, a un prezzo ritenuto di favore dagli inquirenti.
Il sequestro preventivo di tutti i conti di Formigoni, meno uno, effettuato dalla Guardia di Finanza di Milano con provvedimento firmato dal Gip Paolo Guidi, è stato motivato col recupero del profitto dei reati contestati a Formigoni nel rinvio a giudizio di un mese fa. Il sequestro ammonta a 49 milioni di euro che sono stati trasferiti sul Fondo Unico Giustizia. L’unico conto risparmiato è quello in cui il senatore di Ncd percepisce l’indennità parlamentare.
Formigoni ha diffuso una nota in cui nega di avere nella propria disponibilità contanti e beni per il valore di 49 milioni. “Tranquillizzo tutti, non ho mai posseduto nemmeno la centesima parte di 49 milioni di euro“, ha scritto. L’ex presidente lombardo ha quindi elencato i suoi averi che ammonterebbero a due conti correnti, su uno dei quali figurerebbe “un attivo di 18 euro e 20 centesimi“, mentre sull’altro “un passivo di 75 mila euro“; tre auto, ma soprattutto solo tre proprietà immobiliari, tutte nel Lecchese. “È sconcertante la violenza usata nei miei confronti: hanno sequestrato una casa non mia (in Sardegna) e sequestrato 3 autovetture (non fuoriserie, una Panda, una Multipla e una Mito)“, ha sottolineato Formigoni, il quale poi ha precisato “non ho mai posseduto, né posseggo, una casa in Sardegna. Le proprietà immobiliari sono un micro appartamento nella periferia di Sanremo di 36 metri quadrati e tre appartamenti in Lecco di 400 metri quadrati complessivi, che sono stati ereditati dai miei genitori. Di tutti questi immobili condivido la proprietà con i miei due fratelli“.
Nel decreto di sequestro, il Gip, invece, sostiene che l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore lombardo alla Sanità, Antonio Simone, fossero “gestori di un ‘tesoretto’ (dell’ordine di dieci milioni di euro) che, in parte, negli anni, veniva messo a disposizione del presidente Formigoni e del suo entourage in relazione a spese per ville, imbarcazioni di alto bordo, lussuose vacanze, cene, appuntamenti elettorali“.
L’ex patron della Fondazione, Umberto Maugeri, e il consulente Gianfranco Mozzali, ha scritto Guidi, “hanno confermato in sede di incidente probatorio il sistema di pagamento delle tangenti e la connessa ed articolata struttura societaria e contrattuale di supporto in Italia e all’estero, con la compiacenza di numerosi professionisti che hanno concorso a mettere in piedi nel rapporto tra Fondazione Maugeri e Regione Lombardia“. Daccò, Simone e Formigoni, “a partire dalla metà dell’ultimo decennio del secolo scorso“, prosegue il Gip, “erano sempre stati in stretto contatto (per rapporti di amicizia e per comuni interessi elettorali prima, e via via a seguire anche per interessi affaristici, lobbistici e vacanzieri)“.
Il giudice delle indagini preliminari osserva che “Formigoni e Perego, nei cui confronti il provvedimento di sequestro preventivo non era stato ancora adottato, non hanno prodotto indagini difensive o indicato fonti di prova o dati indiziari che portino a una lettura di segno opposto o anche solo diverso, limitandosi a una diversa lettura dei fatti che dovrà essere valutata nella sede naturale“.
Poche le reazioni politiche al provvedimento deciso dalla Procura, tutte limitate al Movimento 5 Stelle, che ha chiesto le dimissioni di Formigoni da senatore. Il portavoce del M5S in Regione Lombardia, Giampietro Maccabiani, ha esortato l’ex governatore a “difendersi come qualsiasi cittadino senza lo scudo dell’immunità parlamentare” e lo ha invitato a rinunciare al “vitalizio d’oro” che gli spetta dalla Regione.
“La parabola di Formigoni, insieme alla bufala dell’eccellenza lombarda, tra inchieste per corruzione e associazione a delinquere è al capolinea“, ha scritto. “Sarebbe infatti un insulto, che un uomo sfiorato da inchieste così gravi restasse perennemente a libro paga dei cittadini lombardi, oltre che nelle istituzioni“, continua il consigliere.
Ultimo aggiornamento 11 Aprile 2014, ore 00.20 | (Credit: AGI)