Donna muore dopo aborto con Ru486, la pillola del giorno dopo. Ginecologo Viale: “Tragica fatalità”

Il decesso all’Ospedale Martini di Torino. Si tratta del primo caso in Italia. Il ‘padre’ della pillola abortiva respinge ogni strumentalizzazione: “Nessun nesso con il mifepristone”

Ru486

Roma – Una donna di 37 anni è morta all’Ospedale Martini di Torino per una crisi cardiaca dopo aver assunto la pillola abortiva Ru486. Si tratta del primo caso in Italia. Ma Silvio Viale, considerato il ‘padre’ della pillola abortiva nel nostro Paese, che oggi dirige il principale servizio italiano per Ivg presso l’Ospedale Sant’Anna di Torino (3.490 Ivg nel 2013 di cui il 34% con l’ausilio della Ru486), respinge ogni strumentalizzazione. “Sono decine di milioni le donne che hanno assunto la Ru486 nel mondo e 40.000 in Italia. L’episodio ricorda la prima e unica morte in Francia nel 1991, agli inizi del suo uso, che indusse a modificare il tipo di prostaglandina per tutti gli interventi abortivi introducendo il misoprostolo (Cytotec). Sono gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per le Ivg chirurgiche, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache“, ha dichiarato Viale.

Il mio primo pensiero va alla donna, una delle circa 40 morte in gravidanza ogni anno in Italia – ricorda Viale – e mi unisco al dolore della famiglia e allo sconcerto dei colleghi del Martini. Nonostante mi sia capitato diverse volte di trovarmi davanti a donne morte in gravidanza per parto o per complicazioni, non mi ci sono ancora abituato, ma è il mio lavoro ed è anche per questo, oltre che per amore della verità, che devo respingere pubblicamente ogni tipo di strumentalizzazione. So che questa volta, a differenza delle altri morti in gravidanza, la tragica vicenda sarà rilanciata dalle polemiche strumentali e pretestuose degli antiabortisti. Sarà l’autopsia a dare maggiori chiarimenti su questa morte improvvisa in gravidanza per complicazioni cardiache, ma sin da ora posso affermare che non vi è alcun nesso teorico di causalità con il mifepristone (Ru486), perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici“.

Il mifepristone – ricorda – è regolarmente autorizzato dall’Aifa anche per le Ivg chirurgiche del primo trimestre e per le Itg (aborti terapeutici) del secondo trimestre, per cui le buone norme di pratica clinica prescriverebbero di utilizzarlo nel 100% delle Ivg e, se non è cosi, è solo per motivi politici e organizzativi. All’Ospedale Sant’Anna di Torino sono 5.128 le donne che hanno assunto la Ru486, 429 in questi primi mesi del 2014, e la Ru486 ha rivoluzionato tempi e modalità degli aborti del secondo trimestre e reso meno traumatico l’aborto senza l’intervento chirurgico“.

Con l’aborto medico – spiega – si usano meno farmaci e si hanno meno complicazioni. Ogni anno al Sant’Anna 2-3 donne debbono subire un intervento addominale come complicazione di una Ivg chirurgica. A differenza del mifepristone sono gli altri farmaci utilizzati nelle Ivg, sia mediche che chirurgiche, che possono avere effetti cardiaci, seppure raramente: la prostaglandina (gemeprost) in primo luogo, già individuata come responsabile di decessi e complicazioni cardiache, ma anche l’antidolorifico (ketorolac) ampiamente utilizzato off-label in gravidanza e l’antiemorragico (metilergometrina) utilizzato in Italia di routine in quasi tutti gli aborti in ospedale e a domicilio. Anche la gravidanza di per se è un fattore di rischio“.

In attesa che l’autopsia indichi la causa della morte – conclude – ribadisco che ben difficilmente, per non dire con ragionevole certezza, la Ru486 potrà essere chiamata come responsabile diretta o indiretta delle complicazioni che hanno portato al decesso, mentre gli altri farmaci (gemeprost, ketorolac, metilerometrina) hanno tutti potenziali effetti cardiovascolari. Tutti e quattro i farmaci sono utilizzati anche per l’aborto chirurgico. Questa tragica fatalità dovrebbe indurre ad abbassare il tono delle polemiche antiabortiste e favorire la creazioni di servizi specialistici adeguati per le Ivg dove le donne possano avere le migliori informazioni e i migliori trattamenti. Purtroppo i rischi di eventi eccezionali sono inevitabili e non rassicura di certo che siano inferiori a quelli che si corrono con la gravidanza“.

Una difesa d’ufficio, quella di Viale, che però appare come una difesa di una pratica – l’aborto – considerato un diritto da alcuni, un crimine orrendo da altri, perpetrato nei confronti di chi non può difendersi. Più che difendere le politiche abortiste, bisognerebbe diffondere l’informazione e sostenere la maternità, visto che l’elemento demografico è in modo indiscutibile uno dei fattori della forza di una Nazione.

Forse con maggiore sostegno alla maternità e alla genitorialità meno donne deciderebbero di abortire e di affrontare la prospettiva di una nuova vita con la gioia necessaria a vedere il futuro con gli occhi dolci di un bambino. Al netto del dolore della morte di una donna in una situazione così complessa e drammatica.

(Credit: Adnkronos)