Dalla Spagna un pensiero per Michael Schumacher e quella prima vittoria sotto il diluvio nel 1996. Un ricordo personale

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La Ferrari ha voluto ricordare con una foto speciale la prima vittoria delle settantasette vittorie di Michael Schumacher con il team di Maranello. Un ricordo cui ci associamo con un aneddoto personale

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Montmelò – La Ferrari ha voluto ricordare con una foto la prima vittoria di Michael Schumacher alla guida di una monoposto di Maranello, conquistata il 2 giugno 1996 sotto un diluvio torrenziale.

Un messaggio di affettuosa vicinanza che si unisce a quello del presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, formulato venerdì scorso all’arrivo in circuito. Montezemolo aveva sottolineato di essere arrivato in Spagna con il preciso intento di tributare quella prima, fantastica vittoria di Schumacher in quelle particolari condizioni come uno speciale modo di “stare vicino alla sua famiglia e ripensare a tutte le belle cose che Michael ha fatto in passato, attendendo quelle che farà in futuro”.

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Un pensiero visibilmente commosso, cui voglio aggiungere una nota di carattere personale.

In quel periodo frequentavo l’Erasmus a Gand, città natale di Carlo V e sede di una prestigiosa università. Ma non tifavo Schumacher. Avevo archiviato la mia passione per l’automobilismo e il giornalismo, per concentrarmi sugli studi internazionalistici. E difatti quel 1996 fu per me l’anno della cavalcata: ben nove esami, di cui quattro (in effetti cinque…) sostenuti a Gand.

Continuavo a vedere in gran premi di F1 in televisione, ma non compravo più neanche i settimanali di settori, che per tanti anni sono stati il breviario della passione.

Ma quel giorno ero stato invitato a pranzo da amici di famiglia a Bruxelles. Finito il pranzo, mi precipitai a Home Astrid, coprendo 60 chilometri in un tempo da arresto immediato, ma sufficiente ad assistere agli ultimi 20 giri trionfali e umilianti per tutti gli altri piloti in circuito. 

Alla fine, i colleghi universitari tedeschi, olandesi, spagnoli e di non so dove, erano meravigliati che fossi l’unico a non gioire per il trionfo della Ferrari, strano che un italiano non tifi per la Rossa di Maranello. Pesava – pesa ancora – lo “scisma di Imola 1982“, insanabile seppur nell’unità della fede (nello sport automobilistico). Può capirlo solo chi è eretico come me, solo chi è ferrarista di rito villeneuviano, confermato e accettato, della Gran Loggia di Berthierville. E ora pure di Kerpen, con effetto retroattivo…

Ci vollero oltre cinque anni per modificare il mio approccio verso Michael Schumacher, fino a quel 15 Settembre 2001, nel week-end più triste e resistente della storia della F1: all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle di New York e dell’incidente di Alex Zanardi al Lausitzring. Quel musetto nero, quella partecipazione al grande lutto collettivo, quell’affettuosa vicinanza a Zanardi mi fecero di colpo cambiare posizione sul pilota di Kerpen.

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La sua storia ha molto in comune con quella di Ayrton Senna: spietato in pista, generoso fuori, con un silenzio elegante che costituisce un modello per tanti pseudo-vip alla ricerca del flash.

Ecco perché oggi mi commuovo quando parlo di Schumacher. Anche ora.

#TiAspettiamoMichael, #KeepFighiting

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.