Libia, dopo svolta di Haftar italiani vigili sul pericolo escalation. Sigonella, allerta reparti speciali (video)

Situazione magmatica a Tripoli e nella Cirenaica fino a qualche giorno fa in mano agli insorti-separatisti capeggiati dagli islamisti di Ansar al-Sharia. Il premier ad interim ha sospeso il parlamento e ha chiesto di annullare la designazione del suo successore, Ahmed Maiteeq, per individuarne un altro. Convocate elezioni generali per il 15 agosto. A Sigonella altri 180 marines dello Special Purpose Marine Air/Ground Task Force-Crisis Response (SPMAGTFCR) con altri quattro convertiplani Osprey V-22

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Tripoli – La Libia in preda ai sommovimenti causati dall’azione militare anti-islamista promossa dal generale Khalifa Haftar. Il governo ad interim ha chiesto al parlamento di sospendere i lavori, l’ambasciata d’Italia ha invitato tutti i connazionali a valutare il rientro in patria. Ne frattempo Washington segue in tempo reale l’evolversi della situazione “estremamente fluida” in Libia.

Nell’eventualità di dover ordinare un’evacuazione d’emergenza degli americani nel Paese, ha inviato altri quattro aerei da trasporto speciale V-22 Osprey nella base siciliana di Sigonella, che dista 530 km da Tripoli. Nella base aeronavale siciliana da mesi ne stazionano altri quattro, con 200 marines dello stesso distaccamento specializzato in operazioni speciali di esfiltrazione da teatro ostile. La notizia è stata anticipata dalla CNN

Il reparto dei Marines con l’utilizzo degli Osprey potrebbe essere impiegata per un’operazione di rescue delle 200 persone presenti in ambasciata americana a Tripoli (e forse non solo gli americani), nel caso la situazione precipitasse. I convertiplani V-22 Osprey sono in grado di appontare e decollare sulla portaerei e sulle LPD, unità di trasporto anfibio tutto-ponte. I marines dello SPMAGTFCR sono stati ridispiegati a Sigonella nell’ottobre 2013, dopo l’assassinio dell’ambasciatore statunitense Chris Stevens e di tre militari in servizio di scorta, a seguito dell’assalto del consolato americano di Bengasi.

Il convertiplano V-22 Osprey in azione

Il governo ad interim libico ha ceduto alle richieste del generale Khalifa Haftar, che di ora in ora coagula sempre più consenso nel Paese, sia negli ambienti militari che nella popolazione civile e contraria alla deriva islamista minacciata da Ansar al-Sharia.

Il premier dimissionario Abdullah al-Thani ha chiesto al parlamento di annullare l’elezione del suo successore Ahmed Maiteeq e di procedere a scegliere un altro candidato per la carica. Il governo ha chiesto allo stesso tempo al parlamento di sospendere i lavori fino a nuove elezioni, dopo aver approvato in settimana il bilancio 2014, e ha convocato elezioni anticipate per il 15 agosto.

L’ambasciata d’Italia a Tripoli ha intanto avvisato gli italiani registratisi come presenti in Libia dell’opportunità di rientrare in Italia, alla luce “dell’ulteriore instabilità con ripercussioni sulla sicurezza“. L’ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi ha però ricordato all’Agi che un avvertimento simile è già stato diramato almeno altre due volte e che si tratti di una normale procedura precauzionale adottata di prassi quando la situazione in un Paese presenta elementi di preoccupazione. L’ambasciatore ha comunque confermato che i diplomatici italiani non si stanno risparmiando per i nostri connazionali. “Ci sono 1.200 persone, tra italiani e italo-libici: siamo in contatto con tutti e per il momento non registriamo alcuna criticità“, ha confermato.

La Libia è il Paese da cui proviene il 96 per cento degli sbarchi ha per noi priorità assoluta. L’Italia farà la propria parte e affronteremo il problema con i nostri partner europei“, ha assicurato il capo del Governo, Matteo Renzi, confermando quanto da noi affermato ieri nel nostro editoriale (qui).

La ministro degli Esteri Federica Mogherini ha invece fatto appello alla diplomazia, esortando la comunità internazionale a sostenere il rilancio della transizione democratica. Da Bruxelles sono arrivate valutazioni preoccupate sulla situazione nel Paese, con richiesta alle parti di fermare gli scontri e altro spargimento di sangue. Tuttavia non s’era udita una voce quando Ansar al-Sharia aveva proclamato l’instaurazione della sharia a Bengasi e in Cirenaica, uno step progressivo nel programma di separare la regione dal resto del Paese, per proclamare un emirato governato dalla legge islamica.

Intanto, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito la disponibilità dell’Alleanza Atlantica a offrire supporto alle autorità per migliorare la sicurezza nel Paese, anche se ha lamentato finora una scarsa cooperazione da parte di Tripoli. Sarebbe stato strano al contrario, visto che finora il governo libico ha mantenuto un atteggiamento di apertura e di vicinanza con i movimenti islamisti collegati con al-Qaeda.

Ieri, dopo l’attacco al parlamento di due giorni fa parte di due milizie di Zintan, Al Qaaqaa e Sawaaq, schieratesi con il generale Haftar, la situazione a Tripoli era più calma: scuole e negozi aperti, la vita nelle strade tornata normale. Si sono però registrati nuovi scontri a Bengasi e sempre in Cirenaica, nella città portuale di Tobruk, una base aerea ha deciso di unire le proprie forze a quelle di Haftar. Lo stesso ha fatto il comandante delle forze speciali, Wanis Bukhamada.

Di fronte alla mancanza di sicurezza nel Paese, dove di recente sono stati sequestrati anche vari diplomatici arabi (come quello giordano rilasciato pochi giorni fa, dopo la liberazione di un terrorista libico in carcere ad Amman), Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti hanno chiuso al momento le loro ambasciate.

Una decisione che segue quella dell’Algeria, che già venerdì aveva chiuso la propria sede diplomatica e il consolato generale, denunciando “una minaccia reale e imminente” (“clear and present”) contro i suoi diplomatici. Anche due vettori tunisini, Tunisair e Syphax Airlines, hanno sospeso tutti i voli da e per la Libia, mentre un rafforzamento del controllo delle frontiere era già stato disposto con l’aumentare degli scontri, per anticipare il pericolo di fuoriuscita dal Paese di profughi e di eventuali miliziani islamisti.

(Fonte: AGI)