Consulta: il cambio di sesso non può cancellare il matrimonio

La Corte Costituzionale chiama in causa il vuoto normativo e chiede che il legislatore intervenga per regolare situazioni “specifiche”, per moderare gli interessi generali e dell’Ordinamento Giuridico a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio con la libertà delle persone a vedere garantita dalla legge un’unione di persone dello stesso genere

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Roma – “Chi cambia sesso – e tale decisione provoca lo scioglimento del suo matrimonio – deve poter mantenere, nel caso in cui entrambi i coniugi lo richiedano, un rapporto di coppia giuridicamente regolato con un’altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore“. Lo ha sancito la Corte Costituzionale, con una sentenza depositata nella serata di mercoledì 11 giugno.

I giudici della Consulta osservano che questo caso particolare, in cui i coniugi intendano proseguire nella loro vita di coppia nonostante il cambio di sesso di uno dei due, “sia riconducibile a quella categoria di situazioni ‘specifiche’ e ‘particolari’ di coppie dello stesso sesso, riguardo alle quali ricorrono i presupposti per un intervento di questa corte per il profilo di un controllo di adeguatezza e proporzionalità della disciplina adottata dal legislatore“.

Nel 2010, infatti, la Consulta, affrontando il tema dei matrimoni tra persone dello stesso genere, dichiarò la questione inammissibile poiché spettava “al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento” per questo tipo di unioni, sottolineando però che alla stessa Corte rimaneva “riservata la possibilità di intervenire a tutela di specifiche situazioni“, come quella trattata nella sentenza di ieri.

La questione sollevata dalla Cassazione “coinvolge – si legge nella sentenza – da un lato l’interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e a non consentirne quindi, la prosecuzione, una volta venuto meno il requisito essenziale della diversità di sesso dei coniugi) e, dall’altro lato, l’interesse della coppia” affinché “l’esercizio della libertà di scelta compiuta da un coniuge con il consenso dell’altro relativamente ad un tal significativo aspetto dell’identità personale, non sia – sottolineano i giudici – eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione giuridica del preesistente rapporto“.

Le norme bocciate dalla Consulta, risolvevano tale contrasto di interessi “in termini di tutela esclusiva di quello statuale alla non modificazione dei caratteri fondamentali dell’istituto del matrimonio” restando così chiuse “ad ogni qualsiasi, pur possibile, forma di suo bilanciamento con gli interessi della coppia“.

Sarà dunque “compito del legislatore – conclude la Consulta – introdurre una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica” qual è il matrimonio “ad una condizione di assoluta indeterminatezza” e tale compito, osservano i giudici costituzionali, “il legislatore è chiamato ad assolvere con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti“.

(AGI)