L’Iraq chiede raid aerei Usa contro i jihadisti dell’ISIL, ma Obama finora ha opposto un fermo “no”

L’Amministrazione americana ha finora respinto l’appello per una risposta militare, forse per non “disturbare” gli sponsor dell’ISIL, Qatar e Arabia Saudita. La Casa Bianca considera il jihadismo sunnita una reazione alla politica di al-Maliki

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New York, 12 giu. (TMNews) – Il primo ministro iracheno, Nouri Kamal al-Maliki, ha chiesto agli Stati Uniti, fin dallo scorso mese, di lanciare raid aerei contro gli estremisti jihadisti dell’ISIL, che stanno avanzando nel Paese e ora puntano Baghdad. È quanto hanno riferito fonti irachene al ‘New York Times‘, che hanno trovato conferma in ambienti dell’Amministrazione americana.

Finora però l’appello per una risposta militare è stato respinto dalla Casa Bianca, contraria ad aprire un nuovo capitolo nel conflitto, chiuso dal presidente Barack Obama con il ritiro delle forze statunitensi completato nel 2011. La presa di Mossul da parte dei militanti dell’ISIL (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) sottolinea ormai la trasformazione delle guerre in Siria e Iraq in un unico conflitto regionale.

La Casa Bianca, al momento, non si sbilancia. “Le nostre discussioni con il governo dell’Iraq sono concentrate sulla costruzione della loro capacità di fronteggiare gli estremisti“, ha detto Bernadette Meehan, portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, al ‘NYT‘. Nonostante Washington abbia usato droni contro militanti jihadisti in Pakistan e Yemen, l’Amministrazione continua a ribadire che gli Stati Uniti non hanno intenzione di usare aerei da guerra o droni per colpire i militanti di ISIL in Iraq.

Già lo scorso anno l’Iraq chiese l’uso dei droni, ma gli Stati Uniti rifiutarono di prendere in considerazione l’ipotesi. Con il passare dei mesi e il rafforzamento del gruppo fondato durante la guerra d’Iraq, Baghdad ha reiterato la richiesta d’aiuto. Un mese fa, il primo ministro al-Maliki ha chiesto agli Stati Uniti di addestrare le forze irachene all’uso dei droni, oppure di agire direttamente.

Secondo alcuni esperti statunitensi interpellati dal NYT, un’azione militare americana sarebbe utile solo se accompagnata da una politica inclusiva di al-Maliki, che ha emarginato la comunità sunnita. Il primo ministro dovrebbe poi limitare i suoi poteri e riformare le forze di sicurezza per migliorare la loro preparazione e professionalità. Washington, per ora, non è interessata a un coinvolgimento diretto e continua a credere che sia una questione che debba essere risolta dal governo iracheno.

Washington non riconosce la natura di minaccia militare dell’ISIL forse per non disturbare gli alleati nel Golfo, Qatar e Arabia Saudita – sponsor del gruppo jihadista sunnita – e il duo Obama-Kerry tendono a sottovalutare lo sconquasso che provocherebbe in tutta l’area il dilagare del gruppo affiliato ad al-Qaeda e che spingerebbe l’Iran a intervenire direttamente in Iraq.

Anche gli iracheni però hanno compiuto degli errori, il primo dei quali è stato non concedere l’immunità ai militari americani presenti in Iraq, la cui presenza sarebbe stato un sufficiente deterrente – anche in termini di numero e mezzi a disposizione – ad un allargamento del conflitto dalla Siria all’Iraq.

Questa sera il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si occuperò della questione e in quella sede si vedrà quali saranno le posizioni assunte da Stati Uniti, Russia e Cina di fronte alla richiesta diretta del governo iracheno.

(Fonte: TMNews)