Iraq, gli iraniani già operativi contro l’ISIL: due compagnie di Pasdaran, comandate dal generale Qassem Suleimani
Due compagnie sarebbero presenti nel Paese coordinati dal generale Soleimani, già leader della guerra contro Saddam. E Teheran apre a Washington nell’ipotesi d’intervento. Appello di Maliki: “Basta divisioni, lottiamo uniti contro l’Isil”. Iraq, dal ritiro statunitense all’avanzata dell’ISIL, cronologia di una crisi annunciata
Baghdad – L’agenzia di stampa Aki-Adnkronos International rivela che una fonte del ministero degli Esteri di Teheran ha confermato, sotto tutela dell’anonimato, la presenza dei Pasdaran – le Guardie della rivoluzione islamica – in Iraq, a supporto del governo legittimo del Paese sotto attacco delle milizie jehadiste dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL, Islamic State of Iraq and Levant).
Secondo la fonte citata dall’Aki, almeno due compagnie dei Guardiani della Rivoluzione islamica iraniana – noti anche come Pasdaran – sarebbero presenti in Iraq per combattere le milizie qaediste dell’ISIL. I dispiegamento dei pasdaran ha motivazioni strategiche, perché Teheran “non può permettersi di perdere la propria influenza sull’Iraq e pertanto continuerà a supportare, su tutti i fronti, il fronte sciita iracheno”, ha confermato
A coordinare la presenza delle due compagnie del braccio armato degli ayatollah iraniani ci sarebbe il Maggior Generale Qassem Suleimani, il comandante del corpo, giunto a Bagdhad notte tra giovedì e venerdì scorso.
Altre fonti, citate da “The Guardian” e dal “WSJ”, hanno confermato la presenza del comandante dei Pasdaran, avvalorando le informazioni riportate da Aki-Adnkronos, smentita ufficialmente dal ministero degli Esteri iraniano, che però aveva confermato il sostegno politico al governo iracheno di al-Maliki.
Suleimani, comandante delle Brigate Gerusalemme (Quds Force) dal 1988, ha fatto carriera da semplice membro delle forze paramilitari Basij, grazie alle capacità di stratega, divulgatore del verbo sciita all’estero e con innate capacità di intelligence, messa a servizio del khomeinismo più fedele. Attivo dall’Iraq meridionale – con una presenza di rilievo a Bassora – all’Afghanistan (nella zona di Herat, sotto il controllo italiano nella missione Isaf), Suleimani è un importante braccio della politica estera di Teheran, visto che la Quds Force è il braccio estero dei Pasdaran.
Nel frattempo, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha aperto le porte alla possibilità di collaborare con gli Stati Uniti contro l’ISIL, nella comune convinzione che l’Iraq debba rimanere unito e i qaedisti siano un pericolo per la stabilità dell’intera area del Golfo Persico, forse anche per i loro stessi finanziatori (vicini e alleati agli Stati Uniti: o forse il contrario, gli Usa vicini a Qatar e Arabia Saudita). In agenda un’azione – di fatto comune – contro “gruppi terroristici in Iraq e da altre parti’’, ha detto Rouhani in una conferenza stampa (di cui parliamo in altra parte del giornale), perché – ha precisato il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran – “dobbiamo contrastare nella pratica e con le parole i gruppi terroristici’’.
Il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki ha rivolto ieri agli iracheni un appello a unirsi per combattere l’avanzata dei miliziani dell’ISIL, mettendo da parte le divisioni su base etnica e religiosa. “Apparteniamo tutti a un unico Paese e a una sola religione’’, ha detto al-Maliki a Samarra, dove è giunto per partecipare a un vertice sulla sicurezza e preparare la controffensiva dell’esercito contro i jihadisti. “Non ascoltate chi parla di sunniti e sciiti. Da Samarra inizieremo la battaglia per sconfiggere il terrorismo’’, ha dichiarato.
Parlando ai funzionari dell’esercito a Samarra, Maliki ha assicurato che “arriveranno volontari per sostenere le forze della sicurezza nella loro guerra contro le bande dell’Isil. Per loro questo è l’inizio della fine’’. Anche la massima autorità sciita dell’Iraq, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, durante la preghiera del venerdì aveva esortato gli sciiti a imbracciare le armi contro l’ISIL.
Ma i jihadisti, intanto, avanzano. Secondo le forze di sicurezza, a Baghdad sarebbe stato stato attaccato da un commando di miliziani dell’ISIL un convoglio della polizia, con un bilancio finale di nove agenti assassinati.
A Tikrit, durante gli scontri con le milizie qaediste, le forze di sicurezza governative avrebbero inferto la perdita di 50 ex dirigenti del disciolto partito Baath di Saddam Hussein, compreso il figlio di Izzat Ibrahim al-Douri, già braccio destro del defunto dittatore iracheno, Saddam Hussein. Al-Douri sarebbe peraltro stato visto a Mosul, nel giorno in cui la città è caduta nelle mani dei jihadisti sunniti, circostanza che confermerebbe le indiscrezioni su una certa vicinanza tra ISIL e gerarchi baathisti, che riproporrebbe uno schema relazionale già visto ai tempi di Saddam e precedente alla II Guerra del Golfo (anche se pochi lo ricordano). La fonte irachena avrebbe confermato che l’azione contro i baathisti a Tikrit era stata coordinata da agenti dell’intelligence irachena ed attuata a unità speciali anti-terrorismo (che non sono andate molto per il sottile, neutralizzando il pericolo).
L’esercito iracheno ha poi ripreso il controllo della zona di Muttassim, a nord di Baghdad, riaprendo la via che dalla capitale porta a Samarra. Secondo quanto ha annunciato il governatore di Salahuddin, Ahmed Abdullah al Jiburi, “per riconquistare quella zona abbiamo ucciso 170 terroristi islamici”.
Intanto l’associazione degli ulema islamici – rilanciando l’appello di al-Sistani – ha invitato l’opinione pubblica a prendere le armi contro i miliziani dell’ISIL, chiedendo ai fedeli di schierarsi contro i gruppi estremisti. La riconquista di tutto il nord di Baghdad con Ishaqi, ha frenato l’avanzata dei miliziani verso la capitale. A Ishaqi le forze di sicurezza hanno trovato i cadaveri carbonizzati di 12 poliziotti.
Venerdì notte i jihadisti erano stati cacciati da un’altra città, Dhuluiyah, secondo quanto riferito da testimoni. Le forze di sicurezza inoltre, con l’aiuto delle milizie tribali della zona di Balad, hanno ripreso il controllo della stazione di polizia di Jaweziriyat, nei dintorni di Tikrit, finita venerdì nelle mani delle milizie islamiche. Lo ha comunicato il maggiore Sabah al Fatlawi, in una nota diffusa alla stampa.
Sulla situazione in Iraq è intervenuta anche la ministra degli Esteri italiana, Federica Mogherini, intervistata da RaiNews24, ha detto che “c’è bisogno di un governo che tenga dentro tutte le parti del paese”. In Iraq, dove la crisi non è giunta come “un fulmine a ciel sereno”, serve ora “capire la complessità della situazione e provare a mettere in moto dinamiche all’interno paese e soprattutto regionali, con l’Iran e i Paesi del Golfo, perché il Paese trovi una certa sicurezza e si consolidi il processo di transizione democratica”. ”Non sono gli interventi militari ad essere risolutivi, anche se possono essere necessari, quel che conta – ha precisato la titolare della Farnesina – è che la comunità internazionale sostenga i processi di transizione democratica”.
(fonti: Adnkronos, Aki, Agi) © RIPRODUZIONE RISERVATA