Cameron perde ‘guerra’ nomine, il Regno Unito pronto a uscire dall’Unione Europea
La stampa britannica crocifigge David Cameron, considerato come un “perdente”. Un errore mettere all’angolo il primo ministro inglese, perché dal destino istituzionale dell’Europa unita la Gran Bretagna non può essere messa da parte
Londra – Dopo la nomina di Jean-Claude Juncker a presidente della Commissione europea, per la stampa britannica Londra è a un passo dall’uscita dall’Unione Europea. Dal Daily Telegraph all’Independent, dal Daily Mail al Times, è unanime il punto di vista sulla nuova Europa guidata dall’ex premier del Lussemburgo e sul “fallimento” di David Cameron.
Per il Telegraph, che titola ‘A un passo dall’uscita dall’Europa‘, il Premier britannico ha perso la “guerra” a Bruxelles, poiché non è riuscito a convincere i colleghi a puntare su un altro nome, con il risultato di aver “incoraggiato gli euroscettici dell’Ukip (di Nigel Farage, ndr) che vogliono uscire dall’Ue“.
Sulla stessa linea l’Independent, che in un articolo dal titolo ‘Gran Bretagna più vicina alla porta di uscita dall’Ue‘, dipinge Cameron come un uomo “schiacciato nel tentativo di bloccare la leadership di Juncker“. Per il Daily Mail, che ha guidato la campagna contro Juncker senza risparmiare colpi bassi – come l’accusa di essere un “ubriacone che beve cognac a colazione” – Cameron è “un perdente, il Rooney d’Europa“, giocatore della nazionale inglese eliminata ai mondiali.
Anche secondo il progressista ‘Guardian’, per il primo ministro è stata una “schiacciante sconfitta“: “Un isolato e triste David Cameron porta la Gran Bretagna più vicina all’uscita dall’Unione Europea“.
Le parole di Cameron di ieri – “è un errore, ve ne pentirete” – hanno a nostro avviso qualcosa di vagamente profetico.
La designazione di Jean Claude Junker potrebbe essere interpretata come una vittoria del fronte politico federalista, ma in realtà non è così, perché è il frutto di una contrattazione diplomatica tra i governi degli Stati membri. L’unica novità è che l’indicazione di Junker – così come quella di Schultz – è stata anticipata prima del voto europeo, ma è ben lontana dalla designazione di un capo del Governo europeo scelto attraverso meccanismi pienamente democratici e fondati sulla tripartizione dei poteri.
I britannici sono gli inventori della moderna democrazia parlamentare e manifestano una repulsione per le pantomime, nella persistente illusione di essere ancora indipendenti. In effetti, mantenendo la sovranità monetaria, hanno conservato una larga fetta di sovranità statale contemporanea, ma se si guarda la realtà con una prospettiva più ampia – per esempio quella della politica estera e di difesa – la sovranità militare è del tutto fittizia, perché intrecciata nell’architettura atlantica e dipendente dalla cooperazione europea.
La lezione che se ne deve trarre a nostro avviso è duplice.
Da un lato, la Gran Bretagna deve discutere al proprio interno sul proprio ruolo nel processo di integrazione europea, perché politiche altalenanti e à-la-carte non sono più ammissibili.
Dall’altro, anche gli Stati membri dell’UE devono avviare un ragionamento attorno all’esito federale del processo di integrazione europea, uno scopo iscritto dai Padri Fondatori nel codice genetico del processo, ma oggi più che mai necessario quale atto di razionalizzazione istituzionale dell’intera architettura costituzionale continentale.
In questo quadro, delineare un nucleo duro che proceda come avanguardia federale è lo strumento per salvare l’ipotesi federale e coniugarla con una Unione Europea che sia più leggera dell’attuale e non si occupi di materie para-federali come la moneta, la sicurezza interna e la difesa, come un primordiale organizzazione giudiziaria federale.
Perché un dato è certo: la Gran Bretagna non può essere marginalizzata – né può emarginarsi – dal futuro istituzionale europeo. Quando è accaduto, le cornamuse delle truppe da sbarco hanno dovuto risuonare nelle spiagge europee, dalla Sicilia alla Normandia. Una pagina che tutti gli europei non vogliono leggere – né scrivere – più.
(Credit: AGI) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi conosce un po’ la Gran Bretagna sa benissimo che la larga maggioranza della popolazione è contraria alla Ue.
Lo “splendido isolamento” che ha sempre caratterizzato l’atteggiamento degli inglesi, sebbene attenuato rispetto al passato, costituisce un convincimento che trova giustificazioni nella loro storia e, forse, anche nell’attuale situazione. Che l’Ue abbia bisogno della GB, e viceversa, ritengo che sia un fatto inconfutabile: penso, tuttavia, che ci vorranno ancora molti anni per far cambiare un’idea radicata nei secoli della storia inglese.