Crollano i consumi delle famiglie italiane. Carne bene di lusso, diminuisce quantità e qualità del cibo

La spesa mensile media è di 2.359 euro, ai livelli più bassi dal 2004. Al vertice il Trentino Alto-Adige, fanalino di coda la Sicilia. Indietro di dieci anni la spesa degli italiani

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Roma – Gli italiani risparmiano in quantità e in qualità sul cibo, ma la spesa alimentare nel 2013 resta sostanzialmente stabile, perché passa da 468 a 461 euro al mese. Lo rileva l’Istat, spiegando che a stringere di più la cinghia sono gli operai con un reddito più basso e le coppie con figli. Dai dati del 2013 elaborati dall’Istituto Nazionale di Statistica emerge l’aumento della quota di famiglie che ha ridotto la qualità e la quantità dei generi alimentari acquistati (dal 62,3 per cento del 2012 al 65 per cento), ma anche quella di famiglie che si rivolge gli hard discount (dal 12,3 per cento al 14,4 per cento), in riferimento ai quali va fatta una precisazione.

Gli hard discount hanno in vendita prodotti ottimi, spesso provenienti dalle stesse aziende che producono per conto di grandi marchi, sotto la supervisione dei quali sviluppano una filiera di merce ottima, ma su cui non gravano i costi della ricerca e della pubblicità, risultando così meno cari e assolutamente competitivi in termini di rapporto prezzo/qualità. Un mito negativo che va sfatato. 

Tuttavia, un dato significativo è la diminuzione della spesa per la carne (-3,2 per cento). Diminuiscono anche le spese per beni e servizi non alimentari (-2,7 per cento), che si attesta su 1.898 euro mensili. In diminuzione anche le spese per abbigliamento e calzature (-8,9 per cento), quelle per tempo libero e cultura (-5,6 per cento) e quelle per comunicazioni (-3,5 per cento).

La spesa per abbigliamento e calzature è sensibile soprattutto nel Mezzogiorno, dove il 20% delle famiglie ha registrato una diminuzione della qualità del vestiario e delle calzature, riorientando la scelta verso prodotti di qualità inferiore, mentre la media nazionale si assesta intorno al 17,2 per cento. Sempre nel Mezzogiorno, aumenta, dal 17 per cento del 2012 al 18,8 per cento del 2013, la quota di famiglie che acquista abbigliamento e calzature nei mercatini settimanali, mentre su base nazionale l’incremento è di 2 punti percentuali, dal 13,6 al 15,6 per cento.

La quota di spesa per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa si contrae ancora, passando dal 5,1 per cento del 2011, al 4,8 per cento del 2012 e al 4,6 per cento del 2013, un dato che è la risultante della diminuzione degli acquisti per elettrodomestici (lavastoviglie, lavatrice, frullatori, ferri da stiro, eccetera), per mobili e per personale domestico, in particolare quello per assistenza ad anziani e disabili.

In progressiva diminuzione anche la spesa per il tempo libero e la cultura, la cui quota passa dal 4,2 per cento del 2011 al 4,1 per cento del 2012 e al 4 per cento del 2013. Le famiglie però riducono soprattutto la spesa per praticare attività sportive e per l’acquisto di articoli sportivi, per cinema, teatro, giornali, riviste, libri, giocattoli, lotto e lotterie: la contrazione di spesa per praticare sport è un dato preoccupante, perché correlato su base statistica con l’aumento di spesa sanitaria connessa al minore movimento. In lieve diminuzione anche le spese per gli abbonamenti televisivi.

Nel 2013 è diminuita la quota di spesa destinata ai trasporti (pari al 14,2 per cento), con un andamento più accentuato al Nord (dal 15,3 al 14,7 per cento), una voce che risente della riduzione delle spese per la manutenzione e la custodia dei veicoli, per l’acquisto di automobili nuove e usate, ma anche per la dimunizione della spesa per l’acquisto di biglietti aerei.

A sorpresa, nel 2013 si è leggermente contratta la percentuale di famiglie che hanno vissuto in un’abitazione presa in affitto, passando dal 16,7 al 16,9 per cento nel 2012 e 18 per cento nel 2011. La spesa media mensile per l’affitto è stata di 394 euro. 

Tra le famiglie che vivono in abitazioni di proprietà (il 73,4 per cento), il 16,6 per cento paga un mutuo, quota pressochè stabile rispetto all’anno precedente. Questa voce di bilancio (che interessa poco più di 3 milioni di famiglie), pur non essendo una spesa per consumi (configurandosi piuttosto come un investimento), rappresenta un’uscita consistente pari, in media, a 499 euro al mese, che sale a 510 euro nel Nord e a 533 euro nel Centro.

Nel 2013, la spesa media mensile per famiglia è pari, in valori correnti, a 2.359 euro (-2,5 per cento rispetto all’anno precedente). Anche in termini reali, la spesa è diminuita tenendo conto dell’errore campionario (0,6 per cento) e dell’inflazione (+1,2 per cento). Si tratta dei livelli più bassi dal 2004, quando era di 2.381 euro.

L’Istat ha disegnato anche la mappa geografica del risparmio

Dai dati dell’Istat si può trarre la mappa geografica del consumo. Al vertice di questa mappa il Trentino-Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, con la spesa media mensile più elevata, pari a 2.968 euro. Al secondo posto la Lombardia, con 2.774 euro, mentre la Sicilia – anche nel 2013 – è fanalino di coda, con una spesa media mensile di 1.580 euro. La misura del diverso tenore di vita degli italiani.

(Fonte: AGI, Istat)