Hamas non ferma lancio di missili, Israele non interrompe distruzione di siti militari a Gaza

Notte di bombardamenti su Gaza in risposta agli oltre 400 missili lanciati da Hamas su Israele. Un razzo lanciato anche dal Libano: Hezbollah entra nel grande gioco? I morti palestinesi causati dall’immagazzinamento di armi, esplosivi e missili in abitazioni civili e nel tessuto urbano, in spregio a qualsiasi norma di diritto internazionale (oltre che al normale, umano, buon senso)

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Gaza – I raid aerei israeliani non si sono interrotti nella notte, con un martellamento che è pari al lancio di missili di Hamas su Israele. Sei morti il bilancio nella Striscia di Gaza, secondo fonti mediche, tra cui Anas Abu al-Kassun, miliziano della Jihad islamica, ucciso a Tel el-Hawa, quartiere di Gaza.

Gli altri cinque, tra i quali una donna, si trovavano in un’abitazione a Rafah quando sono stati centrati dal fuoco israeliano. Almeno 15 persone sono rimaste feriti. In tutto sono 95 i morti nella Striscia da quando martedì scorso è cominciata l’offensiva militare di Israele, in risposta alla campagna missilistica lanciata da Hamas con missili con varia gittata lanciati sulle città israeliane, una parte dei quali intercettati dal sistema anti-missile autoprodotto “Iron Dome”.

Un missile lanciato da Gaza manca per poco una stazione di servizio di carburante, l'incendio avrebbe potuto essere ben più graveQuel che i media italiani non dicono a sufficienza è che le vittime civili palestinesi a Gaza sono causati da Hamas e dalla Jihad islamica: il governo israeliano e i piloti dell’aviazione con la Stella di David non sono impazziti, non sono dei criminali di guerra, non mirano sui civili.

Gli attacchi dei caccia con la Stella di David sono preceduti da avvisi alla popolazione, con vari mezzi, perché abbandonino le case, onde evitare “civil casualities”, vittime civili inermi. Questo avviene perché Hamas e la Jihad islamica utilizza abitazioni civili, in quartieri popolari, come deposito di armi, munizioni e missili, depositi individuati dall’inteligence militare israeliana e distrutti in genere con un solo missile. L’esplosione successiva è causata proprio dalla presenza di ordigni bellici.

Lo stoccaggio di materiale bellico in abitazioni civili costituisce una violazione del diritto internazionale di guerra, ma Hamas di questo aspetto se ne strafotte, perché non rispetta in alcun modo il diritto di guerra ordinario, applica un diritto di guerra islamico che ha un solo articolo: uccidere in ogni modo gli infedeli (ebrei in primis).

Cosa toglie questa considerazione alla pena per i morti civili tra i palestinesi? Niente, aggiunge pena a pena, costernazione a costernazione, perché la popolazione civile è stretta da anni dalla morsa mortifera di Hamas e costretta a vivere in un regime di terrore oscurantista (e di terrore tout court) sotto il giogo della sharia imposta sulla Striscia dal governo di Hamas, che inoltre utilizza i civili come scudi umani (human shields) per massimizzare la resa mediatica internazionale a seguito degli attacchi dell’aviazione israeliana, i cui piloti a volte desistono proprio per la presenza di civili, donne e bambini, utilizzati dai miliziani islamisti come carne da macello per il jihad.

Video delle IDF

Lo ha sottolineato ieri, aprendo la riunione convocata d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, segretario generale dell’ONU. Chiedendo una tregua, Ban Ki-moon ha affermato che “una volta ancora, i civili palestinesi sono stretti tra l’irresponsabilità di Hamas e la risposta dura di Israele”. Risposta dura ma non illegale. Risposta ferma, ma non un crimine internazionale. Ban ha condannato il lancio di razzi di Hamas e della Jihad Islamica contro Israele, ma allo stesso tempo ha definito “intollerabile” l’uso “eccessivo della forza” che “mette in pericolo le vite dei civili“. “La preoccupazione primaria” è la sicurezza e il benessere dei civili, ha ricordato il segretario generale.

Parole cui ha risposto da Israele Benjamin Netanyahu, secondo il quale un cessate il fuoco “non è in agenda“. Il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha avvertito anche che i raid proseguiranno: “continueremo ad attaccare Hamas e le altre organizzazioni terroristiche sistematicamente e finché ne varrà la pena. Non tollereremo alcun altro razzo contro le nostre comunità e i nostri cittadini“.

Ieri si è risvegliato anche “Auroro”, il bello addormentato nel bosco della politica internazionale (il dubbio è che se dorme fa meno danni, quindi meglio dorma…), al secolo Barack Obama, il più incapace in politica estera tra tutti i 44 presidenti degli Stati Uniti che Dio ha concesso all’America finora. Nel corso di una telefonata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente americano ha detto di essere “preoccupato del rischio di un’ulteriore escalation“, ma ha ribadito al premier il sostegno statunitense all’alleato israeliano e il “diritto di difendersi” dal “continuo lancio di razzi ad opera di Hamas ed altre organizzazioni terroristiche (Jihad islamica, ndr)”. Obama ha anche ribadito che “gli Usa sono pronti a facilitare la cessazione delle ostilità, inclusa (la possibilità) di ritornare all’accordo di cessate il fuoco del novembre del 2012“, data dell’ultimo intervento militare israeliano contro Hamas. Dichiarazione, come si evince da una nota della Casa bianca, che mostra come Obama non abbia capito completamente (o, peggio, faccia finta di non capire) la reale natura della crisi attuale.

Un elemento di novità si registra questa mattina, perché l’esercito di Tel Aviv ha annunciato che un proiettile sparato dal Libano meridionale ha colpito Israele. “È caduto in un’area aperta vicino a Kfar Yuval, tra le città di Metula e Kiryat Shmona”, ha detto un portavoce militarem senza specificare se sia si trattato di un colpo di mortaio o di un missile. La notizia è di particolare interesse per la presenza in Libano delle truppe italiane partecipanti all’Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), al comando del maggiore generale Paolo Serra, ufficiale dell’Esercito Italiano. 

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