Confindustria: “Le riforme alzano il Pil. Con la metà di quelle necessarie +1,9 punti in 5 anni + 4,6 in 10”

Secondo gli economisti, colmando i ritardi lo Stivale avrebbe benefici complessivi superiori a quelli stimati per Irlanda, Francia e Germania. Nel Belpaese si guadagnerebbero 0,5 punti di Prodotto interno lordo spostando le tasse dal lavoro ai consumi, +0,7 se ci fossero più donne occupate

20140720-sede-confindustria-320x238Roma – I ritardi strutturali dell’Italia zavorrano la crescita. Se il Paese invece colmasse anche solo la metà dei ritardi accumulati fino ad oggi, il Pil salirebbe di 1,9 punti percentuali in 5 anni, di 4,6 in 10 e di 20,8 in 50. Dopo la tirata d’orecchi, sabato, del commissario Ue Jyrki Katainen, è uno studio di Confindustria a ritornare in pressing sulle riforme necessarie al Paese: apertura dei mercati alla concorrenza, fisco, lavoro, e investimenti in R&S.

Se l’Italia dunque spingesse l’acceleratore sulle riforme – sostengonogli economisti di viale dell’Astronomia rielaborando le stime della Commissione Ue – potrebbe avere benefici complessivi superiori a quelli stimati per Irlanda (4,5 punti dopo 10 anni), Francia (4 punti dopo 10 anni) e Germania (1,3 punti dopo 5 anni e 2,4 dopo 10)”, collocandosi così solo poco dietro ai benefici che otterrebbe la Grecia (6 punti di Pil in 5 anni e 15 in 10), Spagna (4,4 punti dopo 5 anni e 5 dopo 10) e Portogallo (3 punti in 5 anni e 5 in 10 anni).

“I ritardi dell’Italia, infatti, sono così ampi che i benefici che si possono ottenere colmandone anche solo la metà, sono molto consistenti e in Italia, più che altrove, le riforme innalzano il Pil”, spiega ancora Confindustria che al Governo rinnova l’invito a fare presto: “e’ essenziale che agli annunci, che hanno alimentato grandi e positive aspettative, seguano i fatti”. Ad impattare più di tutti su una possibile crescita del Pil sono gli interventi sul mercato del lavoro legati alla creazione di politiche attive ma soprattutto, si legge ancora nel dossier di viale dell’Astronomia contenuti negli ultimi “scenari economici” di giugno, il coinvolgimento degli inattivi, dell’occupazione femminile e degli over 60. Più donne al lavoro, infatti, significherebbe una crescita di 0,7 punti di Pil in soli 5 anni e di 1,6 punti in 10 anni. Non da meno dall’occupazione di over 60 che potrebbero fornirebbe “un contributo consistente” di 0,2 punti in 5 anni e di 0,6 punti di Pil dopo 10 anni.

Tutt’altro che trascurabile per lo studio Csc, inoltre, l’effetto che si avrebbe sul Pil dallo spostamento della tassazione dal lavoro al consumo: un intervento “a costo zero”, sottolinea Confindustria, che garantirebbe un aumento di 0,4 punti in 5 anni e di 0,5 punti percentuali di Pil dopo 10 anni. Per aumentare la concorrenza, invece, l’impatto della riduzione del costo di apertura di attività economiche sarebbe pari a 0,3 punti di Pil in 10 anni da accompagnare ad una riduzione del mark-up nei servizi che potrebbe apportare un contributo al Pil dello 0,2 punti in 5 anni e di 0,3 punti in 10.

“Interventi regolatori adeguati che abbattano i prezzi di servizi meno esposti alla concorrenza, potrebbero infatti abbattere i costi sostenuti da altre imprese ma soprattutto da quelli cui devono fare fronte le famiglie”,spiega il Csc. Bene anche se di più lungo periodo invece la ripercussione sul Pil dell’aumento dei laureati: secondo l’elaborazione del Csc, infatti, un risultato positivo sarebbe quantificabile solo dopo 50 anni con un contributo dell’1,9 punti percentuali di Pil. Per potenziare gli investimenti in ricerca, invece, la strada da battere sarebbe quella di aumentare il credito di imposta.

(Adnkronos)