Maria Elena Boschi, le vertigini del potere, l’Allegra Brigata dei Martiri della Leopolda e le riforme costituzionali

La sfuriata della Signorina Maria Elena Boschi al Senato è stata fuori luogo, infondata, un azzardo costituzionale, perché il tono offende una delle Due Sedi del Potere Legislativo. Boschi ripassi Montesquieu e i lavori preparatori della Costituente, poi chieda a un parlamentare dell’Allegra Brigata dei Martiri della Leopolda – l’ala militare del PD – di predisporre un disegno di legge costituzionale per indire un’Assemblea Costituente eletta con tutti i crismi necessari a scrivere una Costituzione davvero nuova e adatta ai tempi, ma non squilibrata come quella che verrebbe fuori dalla sconclusionata riforma in discussione al Senato

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Chiunque abbia studiato un minimo di diritto costituzionale sa che chi contesta le riforme costituzionali proposte dal Governo non mette in discussione tout court l’esigenza di emendare la nostra Carta Fondamentale, che mostra di essere indebolita per le naturali intemperie del tempo che scorre. Le critiche entrano nel cuore delle proposte, nella legittimità del metodo seguito, sugli effetti prodotti.

Ma ancor prima, ieri la sfuriata da “maestrina arrabbiata” della Signorina1 Maria Elena Boschi non solo è stata del tutto infondata, ma è stata persino inopportuna e offensiva verso un ramo del Potere Legislativo, che ha il peso delle scelte legislative in una democrazia, per di più parlamentare.

È sotto gli occhi di tutti che la Costituzione italiana necessiti di una riforma seria, finalizzata perfino a cambiarne l’assetto generale, gli equilibri tra i vari poteri, i rapporti e le interazioni tra gli organi costituzionali e quelli di rilevanza costituzionale.

Tuttavia si deve fare una considerazione di fondo: le riforme “ordinarie” – quelle tese a far funzionare meglio la macchina costituzionale nell’attuale assetto – possono seguire l’iter ordinario statuito dall’articolo 138 della vigente Costituzione.

Al contrario, le riforme proposte dalla Signorina Boschi, per conto del Governo (marco questa circostanza per un motivo che spiegherò poi), si inquadrano in una ventilata trasformazione radicale dell’assetto delle istituzioni repubblicane, tale da configurarne una profonda ma non equilibrata modificazione.

Sicché, mi preme sottolineare tre aspetti per cui bisogna fermare questo tentativo di riforma sconclusionata del Senato e del Governo, attraverso l’argomento strumentale dell’abolizione del “bicameralismo perfetto”.

Primo aspetto: il ruolo del Governo nell’iter di riforma – Non esiste nella storia del costituzionalismo moderno e democratico europeo un governo – organo costituzionale in cui risiede il Potere Esecutivo – che sia stato l’attore proponente di una riforma della Costituzione, in quanto materia spettante al Potere Legislativo. Può avvenire in Gran Bretagna, per le peculiarità istituzionali del Regno retto da una Costituzione non scritta e in cui il Governo ha un ruolo del tutto definito in rapporto alla Corona e al Parlamento.

In Italia per la verità è già accaduto che un governo proponesse e attuasse una modifica costituzionale, anche se la Legge Fondamentale si chiamava allora Statuto Albertino: fu il Governo Mussolini ad abolire la Camera dei Deputati e a istituire la Camera dei Fasci e delle Corporazioni.  Non sembra un precedente edificante e che lasci ben sperare.

In epoca moderna, solo in un altro Paese può avvenire che – in casi eccezionali di difficoltà della Repubblica – il “capo del governo” possa farsi promotore di una riforma tesa a superare l’impasse: è il ruolo particolare assegnato al presidente della Quinta Repubblica Francese dall’articolo 16 della Costituzione transalpina. Ma anche in quel caso il ruolo del Potere Legislativo non è mortificato, perché le Camere – Assemblea Nazionale e Senato – nel corso della “crisi” non possono essere sciolte.

Secondo aspetto: gli equilibri costituzionali saltati – Se passasse la riforma del duo Boschi-Renzi, l’Italia si troverebbe in una allucinante situazione, in cui risulterebbero scombussolati gli equilibri tra poteri, tra organi costituzionali e organi di rilevanza costituzionale e in cui sarebbe messa in pericolo la democrazia di uno Stato in cui i membri del Parlamento eleggono un terzo dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura e un terzo dei giudici della Corte Costituzionale. L’elezione di secondo grado dei senatori, poi, cambierebbe del tutto l’assetto dato al Parlamento italiano dall’Assemblea Costituente.

Terzo aspetto: il metodo e il merito – Posto che le modifiche proposte altererebbero gli equilibri costituzionali con un metodo di riforma surrettizio, che rispetterebbe la lettera dell’articolo 138 ma violerebbe lo spirito dato alla Carta dalla Costituente, al di là del merito delle riforme proposte dalla Signorina Boschi, risulta errata proprio la procedura fin qui seguita.

Serve modificare il bicameralismo paritario (ai miei tempi di studio del diritto costituzionale si chiamava “bicameralismo perfetto”)? Bene, si tenga conto che la parità tra le due Camere del Parlamento è una caratteristiche inserita in un sistema di pesi e contrappesi: non si possono modificare le attribuzioni del Senato e i modi di sua costituzione, senza alterare questi equilibri costituzionali.

Conclusione: serve una procedura straordinaria – Modifiche della Costituzione di profondità e ampiezza tali da modificarne il disegno predisposto dall’Assemblea Costituente non si possono attuare con il procedimento ordinario, ma necessitano di una procedura straordinaria che può essere attivata solo attraverso l’indizione di un’Assemblea Costituente, eletta con il metodo proporzionale, con il compito di redigere una riforma o una nuova Carta in un tempo limitato (9 mesi/un anno).

Il problema è che Matteo Renzi e l’Allegra Brigata dei Martiri della Leopolda – l’ala militare del PD – hanno l’obiettivo di gettare del fumo negli occhi dei Paesi partner dell’Unione Europea, con una riforma dal tenore altisonante, ma che in teoria è a costo zero.

Costo economico zero, perché il costo è la disarticolazione degli equilibri istituzionali. Duole rilevare il silenzio della stragrande maggioranza dei costituzionalisti, di ogni schieramento politico, quasi anestetizzati dall’arrembante allucinazione del potere renziano.

Invece di modificare con un blitz la costituzione, Renzi spieghi all’Europa che il Fiscal Compact non è sostenibile e che serve davvero una mossa di carattere federale per rivitalizzare le istituzioni comuni in questo momento difficile sotto il profilo economico, politico e militare.

Per questo – e al di là di chi sia la fonte delle critiche al Governo – le offensive osservazioni della Signorina Boschi in Senato devono essere rimandate al mittente: sono allucinazioni da vertigine di potere (in breve, la Signorina s’è montata la testa…).

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1Avviso: da questo articolo, su questa testata le persone protagoniste dei fatti della politica, della cronaca e dello sport saranno indicate con l’appellativo civile di “signor”, “signora” o “signorina”, come è d’uso fare negli altri Paesi europei. Eccezioni per il presidente della Repubblica, per il sommo Pontefice, per i professionisti liberali (se il titolo professionale inerisce con il contenuto dell’articolo) e per i militari in servizio (se serve indicare il grado). Per tutti gli altri, basta e avanza la titolazione civile. Vogliamo essere europei? Bene, cominciamo da questi piccoli segnali.

Un pensiero su “Maria Elena Boschi, le vertigini del potere, l’Allegra Brigata dei Martiri della Leopolda e le riforme costituzionali

  • 23/07/2014 in 17:19:26
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    Le Sue osservazioni sono ineccepibili. Io sono convinto che Renzi e Berlusconi stiano tirando la corda per farla spezzare e andare al voto in autunno in modo da poter disporre di un Parlamento di designati fedelissimi. Questo progetto andrebbe bene per Grillo-Casaleggio, che non vedono bene astri nascenti e dissidenti nel M5S.

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