Consumi, istruzione e Pil: Sud Italia, indietro tutta. Divario con il Nord di 10 anni

Secondo il Rapporto Svimez, nel 2013 il prodotto interno lordo del Mezzogiorno è crollato del 3,5%: pesa il calo di consumi e investimenti. Sesto anno consecutivo con segno negativo. Persi 282mila posti: i lavoratori del Sud sono 5,8 milioni. E’ il livello più basso dal 1977. E un valdostano ha prodotto 18mila euro in più di un calabrese 

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Roma – Il Pil del Sud è crollato nel 2013 del 3,5% confermando la flessione negativa registrata l’anno precedente (-3,2) mentre il Centro-Nord si ferma a -1,4%. E’ un’Italia a due velocità quella fotografata dall’annuale Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno, dove emerge la persistenza di divisioni e disuguaglianze tra Nord e Sud.

Sesto segno negativo – Per il Mezzogiorno si tratta del sesto anno consecutivo con segno negativo. Negli anni di crisi 2008-2013 il Sud ha perso il 13,3% contro il 7% del Centro-Nord. Il divario di Pil pro capite tra Centro-Nord e Sud nel 2013 è sceso al 56,6%, tornando ai livelli di dieci anni fa.

Basilicata e Molise – A pesare è soprattutto una più sfavorevole dinamica della domanda interna, sia per i consumi che per gli investimenti. Il periodo 2008-2013 ha segnato profonde difficoltà soprattuto per Basilicata e Molise, che segnano cali cumulati superiori al 16% accanto a Puglia (-14,3%), Sicilia (-14,6) e Calabria (-13,3).

Nel 2013 male non solo il Sud ma tutte le Regioni, a eccezione del Trentino Alto Adige (+1,3%) e della stazionaria Toscana. Fanalino di coda nazionale è la Basilicata (-6%). Giù anche Sardegna (-4,4%) , Calabria (-5%) e Puglia (-5,6%).

In posizione intermedia Campania (-2,1%), Sicilia (-2,7) e il Molise (-3,2) mentre va leggermente meglio per l’Abruzzo (-1,8%). Cali significativi registrati anche in Regioni del Centro-Nord come Emilia Romagna (-1,5), Piemonte (-2,6), Veneto (-3,6) e Valle d’Aosta (-4,4%).

Gli occupati al Sud – La nuova flessione del 2013, 282mila posti in meno, riporta il numero degli occupati del Sud per la prima volta nella storia a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: il livello più basso almeno dal 1977.

Quinquennio 2008-2013 – Nel periodo della crisi dal 2008 al 2013 il Mezzogiorno ha registrato una caduta dell’occupazione del 9% contro il -2,4% del Centro-Nord. Delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, 583mila sono residenti nel Mezzogiorno. Un dato allarmante, da cui emerge che al Sud – pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani – si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi.

Quasi 500mila posti di lavoro persi – Nel 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia, di cui 282mila al Sud. I più colpiti sono stati soprattutto i lavoratori giovani under 34 e al Sud (-12% contro il -6,9% del Centro-Nord). “Tornare indietro ai livelli di quasi quarant’anni fa – si legge nel Rapporto Svimez – testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato e, dall’altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro”.

Da segnalare inoltre nel 2013 l’aumento del tasso di disoccupazione. Quello ufficiale nel 2013 è stato del 19,7% al Sud e del 9,1% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro.

Le donne continuano a lavorare poco. Nel 2013 a fronte di un tasso di attività femminile medio del 66% in Europa a 28, se l’Emilia Romagna è perfettamente allineata con la media europea, le regioni del Mezzogiorno vanno peggio di Malta e della Romania (che registrano tassi di attività femminile rispettivamente del 50 e del 48,4%), scendendo fino al 38% in Puglia, al 37% in Calabria e Campania e al 35% in Sicilia.

I posti di lavoro inoltre sono sempre più a rischio. Nel 2013 chi non ha un lavoro stabile rischia di più di perderlo: il 16,4% dei lavoratori che nel primo trimestre 2012 avevano un contratto di lavoro atipico, un anno dopo, nel 2013, erano diventati disoccupati (di cui il 12,8% al Centro-Nord e il doppio al Sud, 25,3%).

L’istruzione – Non va meglio nemmeno sul fronte dell’istruzione. Rispetto alla media dell’Europa a 27 del 75,3%, i giovani diplomati e laureati italiani presentano un tasso di occupazione di circa 27 punti più basso, pari al 48,3%.

Si rischia così di alimentare, segnala lo Svimez nel Rapporto, che studiare non paghi più. Dei 3 milioni 593mila giovani Neet (Not in education, employment or training) nel 2013, aumentati di oltre il 25% rispetto al 2008, il 47% è diplomato e l’11% laureato.

Niente università – La condizione di Neet inizia quindi a diffondersi anche tra i titoli di studio medio-alti, con un aumento negli ultimi cinque anni del 54% dei diplomati e del 43% per i laureati. Per questo, non ci si iscrive più all’Università: i tassi di passaggio dalla scuola superiore all’istruzione terziaria nell’anno scolastico 2012-2013 sono scesi al 51,7% al Sud e al 58,8% al Centro-Nord, riportando il Paese ben al di sotto dei livelli di dieci anni fa.

I consumi al Sud – Ancora in calo i consumi delle famiglie meridionali, arrivando a ridursi nel 2013 del 2,4% contro il -2% delle Regioni del Centro-Nord. Dal 2008 al 2013 la caduta cumulata dei consumi delle famiglie ha raggiunto nel Mezzogiorno il -12,7%, più del doppio di quella registrata nel resto del Paese (-5,7%).

Dal rapporto emerge in particolare che negli anni di crisi 2008-2013, il calo cumulato della spesa è stato al Sud del -14,6% per i consumi alimentari, a fronte del -10,7% del Centro-Nord.

Vestiti e scarpe – Vestiario e calzature nel Mezzogiorno hanno segnato -23,7%, quasi il doppio che nel resto del Paese (-13,8). Significativo e preoccupante anche il crollo della spesa delle famiglie relativo agli altri beni e servizi, che racchiudono i servizi per la cura della persona e le spese per l’istruzione: -16,2% al Sud, tre volte in più rispetto al Centro-Nord (-5,4).

Giù anche gli investimenti. Lo scorso anno i fissi lordi hanno segnato una caduta maggiore al Sud rispetto al Centro-Nord: -5,2 rispetto a -4,6%. Dal 2008 al 2013 in più sono crollati del 33% nel Mezzogiorno e del 24,5% nel Centro-Nord.

Al Sud sono soprattutto gli investimenti dell’industria a crollare. Nel periodo 2008-2013 sono scesi addirittura del 53,4%, più del doppio rispetto al già pesante calo del Centro-Nord (-24,6). Male anche gli investimenti nelle costruzioni, con un calo cumulato del -26,7% al Sud e del -38,4 al Centro-Nord. Risultati negativi anche in agricoltura, con il Sud che perde il 44,6%, quasi tre volte più del Centro-Nord che si ferma a -14,5. Infine, nei servizi collegati all’industria -35% al Sud contro il -23% del Centro-Nord.

(Adnkronos)