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Raffineria di Gela: si ricorre all’emergenza per rincorrere l’emergenza

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’intervento di un giovane professionista di Gela, liberale e liberista

Raffineria di Gela: si ricorre all’emergenza per rincorrere l’emergenza

di Eugenio A. Catania**

Quanto incide l’impianto sull’economia cittadina? Un’opinione in controtendenza, argomentata con dati che dovrebbero quanto meno fare discutere il comprensorio

BF3-1106

Gela – Quando si parla di chiusura della Raffineria, i vari rappresentanti sindacali e la politica locale paventano un rischio “effetto domino” sull’economia cittadina. Ma sarebbe veramente così? Quanto incide effettivamente il petrolchimico di Gela sull’economia gelese?

Guardando ai paesi limitrofi, la vocazione dei loro territori emerge naturalmente e trattasi di vocazione agricola, turistica e commerciale considerando una fascia che va da Licata a Vittoria. Un simile sviluppo è stato però bloccato a Gela dalla presenza dell’azienda di Stato che, come qualcuno ha già detto, ”ha portato ad una industrializzazione senza sviluppo”.

Purtroppo il Comune di Gela non ha un’analisi economica della città e se ce l’ha non la mette a disposizione di nessuno. Qello che possiamo fare con questo intervento – senza alcuna pretesa scientifica – è esaminare il bilancio ENI 2012 e fare dei ragionamenti induttivi (per eccesso, visto che la situazione del petrolchimico attuale è peggiore del 2012) anche in considerazione di città vicine.

Andiamo con ordine. IL bilancio della Raffineria ENI Gela è disponibile sul sito ufficiale ENI e conta questi numeri, per l’anno 2012:

  • Dipendenti diretti ENI per un totale di 1061 che erano 970 circa nel 2014. (Di questi 1061 dipendenti 892 sono diplomati, 916 hanno un età compresa tra 30 e 54 anni);
  • Dipendenti dell’indotto che lavorano per 226.926  giorni lavorativi annui. Dividendo per il numero di giorni lavorativi di un anno da operaio (210) otteniamo il numero di operai a tempo pieno ovvero circa 1080.

Già solo con questo semplice passaggio abbiamo scoperto che secondo il bilancio 2012 i posti di lavoro generati da ENI sul territorio, ammettendo per assurdo siano tutti gelesi, sono in totale 1061 diretti e 1080 dell’indotto.

Il 90% circa dei dipendenti ENI è in possesso di un diploma, quindi operai o impiegati e, presumendo che tutti guadagnino 2000 euro/mese, sul territorio l’ENI, in maniera diretta, dispensa 2.122.000 euro/mese circa in stipendi.

Per gli operai dell’indotto si parla di cifre differenti e con dipendenti che hanno una scolarizzazione più bassa  quindi, in media, i 1080 dipendenti indiretti percepiscono dalle aziende dell’indotto 1500 euro circa procapite per un totale di circa 1,6 milioni euro mese circa per tutto il personale.

Riepilogando, sul territorio, il Gruppo ENI lascia direttamente o indirettamente 3,5 milioni di euro/mese che, per 13 mensilità, ammontano ad un totale di 48 milioni di euro.

L’impatto dell’ENI sull’economia gelese – ammettendo, ripetiamo, che tutti i dipendenti siano gelesi e che vivano a Gela – è di solo 48 milioni di euro.

Quindi 48 milioni di euro è l’economia che la “Raffineria di Gela” lascia sul territorio, ma quanta economia rimane bloccata a causa del petrolchimico?

Il turismo in Sicilia, secondo i dati di Intesa San Paolo, genera 2,6 miliardi di euro creando circa 55 mila posti di lavoro.

Gela è tra le città che, nonostante tutto, possiede alcuni asset strategici per lo sviluppo turistico: una riserva naturale, un museo regionale, parchi archeologici e siti archeologici pre-ellenici di notevole interesse. A questo va sicuramente sommato il fatto che Gela si trova sul mare ed ha una spiaggia immensa, tale da poter puntare sul turismo balneare, turismo però bloccato dall’inquinamento provocato dal sito industriale, dal traffico navale industriale e dal malfunzionamento dei depuratori.

Detto ció, non sarebbe forse il caso di chiedersi quanto maggior valore blocca la Raffineria di Gela nel settore turistico?

Licata, che è una città vicina, riesce ad intercettare una parte piccola del flusso turistico regionale considerando le attrattive balneari e tralasciando l’aspetto  artistico-culturale e, con il solo 0,3% dei 2.6 miliardi a livello regionale, riesce a sostenere un grande porto turistico, due centri commerciali e diverse strutture ricettive. Se poniamo che ogni 45 mila euro (secondo la media nel settore turistico) si genera un posto di lavoro, abbiamo un totale di circa 1200 persone che a Licata vivono di turismo.

Un altro settore che viene bloccato dalla presenza della Raffineria è sicuramente l’agricoltura mentre, la provincia di Ragusa, riusciva con questa unica risorsa a generare un valore di 811 milioni di euro (dati del 2004) che ammontano a 19.000 posti di lavoro.

A questo bisogna aggiungere che la presenza della Raffineria di Gela,  per una serie di molteplici interessi, non consente una buona selezione della classe dirigente e ció incide nel disastro della P.A. locale e delle partecipate. Quanto maggior valore si potrebbe generare con dei servizi pubblici efficienti? Pensiamo al trasporto pubblico, alle concessioni edilizie bloccate nel settore urbanistico e tante altri rami dell’amministrazione che potrebbero generare più valore e quindi ricchezze e posti di lavoro.

Tralasciando le ripercussioni, anche economiche, che la raffineria genera quotidianamente sullo stato psicofisico e nel generale benessere della cittadinanza ci chiediamo: siamo sicuri che vale la pena di lottare per mantenere un sito industriale che blocca lo sviluppo della Città?

**Patrocinatore Legale

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Un pensiero su “Raffineria di Gela: si ricorre all’emergenza per rincorrere l’emergenza

  • Caro John
    è lo stesso tipo di calcolo che ho fatto io ed il risultato è molto simile. L’unica variante che ho considerato è il numero ipotetico di residenti. Ho considerato come percettori di reddito gelesi o residenti circa il 60%. La ricaduta economica si abbassa notevolmente. E’ evidente che dalla chiusura dello stabilimento Gela avrebbe solo da guadagnare.

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