Patriarca di Baghdad: I cristiani di Mosul devono poter restare in Iraq, non andare in esilio

Mar Sako ringrazia Francia e Bahrain per la proposta di facilitare il visto ai cristiani iracheni, ma chiede il sostegno per “una soluzione politica” perché la popolazione non lasci l’Iraq. Necessari aiuti per l’emergenza profughi e per costruire alloggi

20140803-Cristiani-perseguitati-in-Iraq-655

Baghdad –  Le famiglie dei fuggitivi di Mosul “devono poter rimanere nella nostra patria, l’Iraq”. La soluzione da cercare non sta nel “facilitare le operazioni di visto” per ospitarli all’estero, ma in una “soluzione politica” che “ci permetta di rimanere in questo Paese che noi amiamo e di vivere in sicurezza, uguaglianza e dignità con tutti”.

Questo il cuore del messaggio lanciato dal Patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael Sako, in un messaggio che ha inviato all’agenzia di stampa AsiaNews, dopo la fuga di circa 500mila cristiani e musulmani da Mosul, in seguito alla conquista della città da parte dell’ISIL, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che ha proclamato il Califfato dove vige una rigida sharia.

Nei giorni scorsi, si è diffusa la notizia secondo cui la Francia e il Bahrain sarebbero disposti ad accogliere cristiani, facilitando l’ottenimento del visti di ingresso. Il patriarca ha ringraziato Parigi e Manama “per la loro generosissima proposta”, che “ci onora e onora i Paesi che la fanno”, ma ha sottolineato che “lasciare la nostra patria significa distruggere la memoria della nostra lunga storia”.

Per questo, più che una soluzione temporanea e umanitaria di emergenza, è necessaria una “soluzione politica”, ossia che “tutti i componenti della nazione irakena  e l’assemblea internazionale possano trovarsi insieme a riflettere per individuare una soluzione duratura che rispetti ciascuno e salvi il nostro Paese, per farlo uscire da questo caos e da questa barbarie“.

Il Patriarca – che ieri è tornato da una visita alle famiglie rifugiatesi nel Kurdistan – racconta che “oggi queste famiglie di sfollati non hanno più nulla, i jihadisti li hanno derubati di tutto e sono in una situazione di precarietà, dolore, urgenza”.

Pur rispettando le decisioni personali di ognuno dei rifugiati, Mar Sako ribadisce che “se la Francia e gli altri Paesi vogliono davvero aiutare, [devono farlo] incoraggiando queste famiglie a restare, inviando loro degli aiuti d’urgenza per lenire il loro dolore e contribuire alla costruzione di alloggi nelle città dove possano vivere in sicurezza”.

Sako ha fatto notare che la proposta di accogliere all’estero queste famiglie, senza conoscere il loro numero, “non è una cosa semplice, e senz’altro occorre anche pensare allo strappo che essa comporta per quanto riguarda la differenza di lingua, cultura, mentalità e costumi”.

(AsiaNews)