Lavoro, Cgil presenta denuncia all’Ue: “Riforma scardina il tempo indeterminato”
Il sindacato di Corso d’Italia si è rivolto alla Commissione europea contro la riforma varata dal governo. La legge 78 nel mirino perché elimina l’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine. Vaciago, consulente di Poletti: “Sindacato contro il Parlamento è decadenza inarrestabile”
Roma – La Cgil ha presentato una denuncia alla Commissione europea contro la riforma del lavoro varata dal governo perché in contrasto con la prevalente disciplina europea sul lavoro. Su un punto in particolare la Cgil insiste: la legge 78, eliminando l’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine, “sposta la prevalenza della forma di lavoro dal contratto a tempo indeterminato al contratto a tempo determinato, in netto contrasto con la disciplina europea che, al contrario, sottolinea l’importanza della ‘…stabilità dell’occupazione come elemento portante della tutela dei lavoratori'”.
Il ricorso fa leva su fonti normative ma anche su sentenze già emanate dalla Corte di Giustizia europea su normative analoghe, come quella greca che pur faceva riferimento a contratti acausali di durata massima inferiore a quelli oggi introdotti dalla riforma del lavoro italiana.
Quattro i punti principali su cui si basa il ricorso: la causalità per il ricorso ai contratti a termine rappresentava un argine contro un loro utilizzo improprio. Eliminarne la motivazione lascia spazio a usi impropri che penalizzano il soggetto debole, il lavoratore; il combinato disposto di acausalità, rinnovi e proroghe espone il lavoratore al rischio di non riuscire a firmare mai un contratto ‘stabile’ indicato come ‘contratto comune’ proprio dalla normativa Ue, con forti penalizzazioni soprattutto per i soggetti più ‘a rischio’, lavoratori over 50 e donne; si introduce un’assoluta discrezionalità rispetto ai licenziamenti; non c’è alcuna prova statistica che all’aumento della precarietà corrisponda un aumento dell’occupazione.
L’obiettivo della denuncia, per la Cgil, è quello di “cambiare norme che stanno penalizzando fortemente i giovani e i soggetti più deboli rendendo più vulnerabili socialmente ed economicamente generazioni di lavoratori”.
La disciplina del nuovo contratto a termine coinvolge già due terzi dei nuovi contratti attivati il che significa che le future occasioni di lavoro non tenderanno alla stabilità.
”Al contrario – evidenzia il sindacato di Corso d’Italia – la filosofia di Europa 2020 relativa alla strategia per l’occupazione si basa su due concetti: migliorare la qualità degli impieghi garantendo migliori condizioni di lavoro, garantire che la flessibilità sia accompagnata da maggiore sicurezza”.
Orientamenti, secondo la Cgil, “totalmente assenti nella riforma del lavoro e sui quali chiediamo al governo di porre riparo cancellando quelle tipologie contrattuali fonte di abusi nel nostro ordinamento e riportando i contratti a termine a un uso funzionale con peculiari esigenze dell’impresa che ne giustificano l’utilizzo”.
La reazione di Giacomo Vaciago, consulente del ministro del Lavoro – “Se il sindacato va in Europa contro il proprio Parlamento la decadenza è inarrestabile”. È il duro commento, all’Adnkronos, di Giacomo Vaciago (nella foto a sinistra), consulente economico del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, dopo l’annuncio del ricorso alla Commissione europea da parte della Cgil.
Il ricorso della Cgil “è la conferma di un Paese che non funziona”, insiste l’economista della Cattolica, convinto che “se c’è un problema in Italia è che i giudici fanno politica”. Il meccanismo, spiega, è perverso: “Il futuro del Paese prima è in mano al Pretore, alla Cassazione e alla Corte dei Conti e poi, quando perdi tutto, vai in Europa”. Si sta parlando, prosegue Vaciago, di una legge dello Stato e di un sindacato che contro questa legge “non riesce a portare i lavoratori in piazza, perché sono d’accordo” e si rivolge ai giudici. Invece, “in un Paese normale”, la politica “si fa in piazza e quando si va a votare, lasciando perdere i tribunali”.
Vaciago, quindi, guarda oltre, alla legge delega che a settembre sarà all’esame del Parlamento: “E’ buona ma un po’ troppo generica e, prima che arrivino i giudici ad occuparsene, è bene che la politica torni a lavorare”. Possibilmente, con una condivisione larga: “Senza evocare il Nazareno, le riforme serie si possono fare con maggioranze più ampie, così poi i giudici di Bruxelles ne possono tenere conto”.
L’economista rispedisce al mittente le polemiche sul ritardo accumulato per dare spazio alle riforme in Parlamento: “Siamo in ritardo di trent’anni, non discutiamo di giorni e di settimane”.
(Adnkronos)