Bilancio della Mostra al giro di boa. Baratta, presidente Biennale: “Servono 15 milioni e 2 anni per intervenire sul Casinò”
Barbera: “Gli altri festival calano, noi teniamo. Il problema è il mercato tradizionale“
Venezia – La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha appena doppiato la boa di metà percorso, in questa sua 71esima edizione, l’occasione per il presidente della Biennale, Paolo Baratta, e per il direttore della Mostra, Alberto Barbera, di fare un primo punto e di guardare al futuro. Baratta individua due nodi: la messa a punto e il potenziamento degli spazi del Casinò, e il problema della continuità del direttore della Mostra, come dei responsabili degli altri settori della Biennale.
“Servono 15 milioni di euro e due anni di tempo – spiega Baratta – per intervenire sul Casinò, i progetti sono a punto, si tratterebbe di trasformare in sala cinematografica l’attuale sala stampa e di aggiungere due torri di ascensori per garantirne la funzionalità, oltre a intervenire sugli spazi da rimettere a posto. I progetti ci sono, quelli che mancano sono, al momento, gli interlocutori”, afferma Baratta riferendosi alla condizione di commissariamento nella quale versa Venezia. Baratta stesso sottolinea che “dall’inizio della gestione Barbera la Mostra ha un andamento stabile quanto a biglietti venduti e accreditati”. Concetto ripreso da Barbera che parla di dati “in linea con quelli della scorsa edizione”, giudicandoli “un grande risultato in un anno come questo, visto il calo delle presenze di pubblico agli altri festival. Ora staremo a vedere come va Toronto ma conoscendo il programma il confronto non mi preoccupa. Gli altri festival calano, noi teniamo“.
“A pesare su tutti i festival è il cambiamento delle strategie di marketing dei film: i grandi studios sempre più spesso scelgono di non mandare le pellicole maggiori, annunciate in anteprima ai festival. Comunque siamo appena a oltre la metà della Mostra e i conti si fanno alla fine. Sono molto cauto ma anche molto soddisfatto – prosegue Barbera – in ogni caso il compito dei festival è il sostegno e la promozione del cinema d’autore e per questo sono insostituibili. Il problema è il mercato tradizionale, non i festival, con il calo degli spettatori, delle sale“. “Non è vero che gli spettatori e la risonanza di Venezia siano in calo e la prova migliore è che la Fox ha portato qui ‘Birdman’ – sottolinea Barbera – lo ha lanciato da qui ottenendo un ottimo risultato e una grande attenzione. Certo bisognerebbe sciogliere il nodo delle anteprime assolute, dell’assurda guerra su questo che è in corso tra i festival: come si fa a dire che un film è ‘vecchio’ perché due settimane fa è stato proiettato, ad esempio, a Manila?! Per scioglierlo, però, serve che un direttore possa decidere senza la regola della ‘prima assoluta’, altrimenti si procederebbe per eccezioni, legittimando così chiunque a chiedere di rientrare tra queste eccezioni”.
Quanto all’ottima accoglienza dei film italiani in concorso al Lido, ovvero ‘Hungry hearts’ di Saverio Costanzo, ‘Il giovane favoloso’ di Mario Martone e ‘Anime Nere’ di Francesco Munzi, per Barbera “questo è il cinema italiano di oggi, anche ‘Le Monde’ ha scritto che con questi tre film il cinema italiano è sulla strada giusta e non potrebbe essere diversamente visto che si tratta di tre pellicole molto diverse, che battono nuovi sentieri, che osano. Osare è l’unica cosa che si può fare in un momento di crisi”.
Osare ha osato anche Baratta, che ha puntato tutto nelle sue gestioni, è in corso la seconda consecutiva su tre totali, sul riadeguamento degli spazi del Casinò e del Palazzo del Cinema, andando oltre il bloccato progetto di un nuovo Palazzo del Cinema: “Il punto critico del rinnovamento della Sala Darsena è stato affrontato e risolto; abbiamo scommesso sulla sua destinazione alla sezione Orizzonti e fino ad oggi la media di presenze in sala è stata di 950 persone a proiezione, molto per una sezione dedicata alla ricerca”.
Una scommessa ancora tutta da giocare è invece, per Baratta, quella della contemporanea scadenza del consiglio di amministrazione della Biennale, a fine 2015, e dei responsabili dei vari settori, compreso quindi Barbera. La soluzione che Baratta propone è di sfalsare le due scadenze, consentendo al consiglio uscente, cosa oggi impossibile, di nominare i direttori anche per l’edizione successiva. Prima si arriverebbe di fatto a una proroga dei direttori attualmente in carica, dopodiché si tornerebbe a quattro anni di mandato per loro così come per il consiglio, ma sfalzati di un anno.
Sul fronte dei conti, attuali, della mostra, Baratta sottolinea che “noi la nostra spending review l’abbiamo già fatta, con 13 milioni di euro abbiamo rinnovato il 90% dei posti a sedere del festival”.
Più fondi dallo Stato? “Per come vanno le cose in Italia ritengo già positivo che le dotazioni non siano state ridotte”, risponde Baratta, snocciolando poi i conti della Mostra, ovvero un costo vivo complessivo di 10-10,5 milioni di euro e un costo totale di 11,5-12 milioni di euro, a fronte dei quali ci sono 2,5 milioni dagli sponsor privati, 7,3 milioni di contributi statali e tra 1 milione e 1,4 milioni di incassi, mentre il rimanente è coperto dalla Biennale. Difficile chiedere di più allo Stato, secondo Baratta, dato che “Franceschini deve fare i conti con la cassa anche lui”. Quanto, infine, alla possibilità che Baratta possa candidarsi alla guida del Comune di Venezia, il presidente della Biennale è tornato in questa occasione ad escluderlo decisamente.
(Adnkronos)