Pyongyang, iniziato il count-down per la fine del comunismo? “Cedimenti” al capitalismo, aperte le prime imprese private

Le compagnie opererebbero con il tacito consenso delle autorità, cui pagherebbero tangenti. I privati riconoscerebbero salari 100 volte più alti della media nazionale. Fra i settori in via di sviluppo quello tessile (verso la Cina) e la compravendita nei mercati  detti “all’aria aperta”. Un primitivo sistema dei trasporti sarebbe agli albori. Attendiamo che il trionfo del capitalismo in Nord Corea sia rivendicato da un mitico senatore della Repubblica, che in quel Paese ha consolidate frequentazioni…

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Seoul – La Corea del Nord si avvia alla normalizzazione e alla “resa” alla modernità capitalista? E questo significherà riforme politiche che facciano cadere – o quanto meno condurre su una via più “liberale” – la famiglia Kim? Sono gli interrogativi su cui si eserciteranno gli analisti internazionali nei prossimi mesi e anni, ma quel che sembrerebbe ormai inevitabile è il cedimento della rigida ortodossia stalinista, improntata su un ferreo statalismo, dopo più di 60 anni di economia pianificata che ha portato alla fame il popolo nordcoreano.

Secondo un lungo reportage del quotidiano conservatore del Sudcoreano, Chosun Ilbo, rilanciato dall’agenzia AsiaNews, del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), l’economia di mercato si sarebbe affacciata sul cielo di Pyongyang, dove il crollo del sistema di distribuzione alimentare, il fulcro del potere governativo ed elemento essenziale per la sopravvivenza della famiglia Kim, avrebbe indotto le autorità a “tollerare” le prime piccole e medie imprese a gestione privata.

Le fonti consultate dal Chosum Ilbo avrebbero confermato che il primordiale sistema capitalista nordcoreano sarebbe frutto dell’evoluzione dei cosiddetti mercati “all’aria aperta”, un termine con cui da molti anni i nordcoreani indicano i luoghi di scambio commerciale non controllati dal governo e quindi formalmente illegali. Il più delle volte si tratta di piccoli incroci dove si incontrano contadini, operai e artigiani che si scambiano le proprie merci. Con il tempo, però, il fenomeno si sarebbe allargato fino a diventare analogo ai mercati del resto del mondo, dove produttori e consumatori vendono e acquistano i prodotti necessari ad alimentarsi. Le autorità lascerebbero sopravvivere questi “proto-mercati” in cambio di una tangente, un elemento immancabile nei sistemi con burocrazia oppressiva e dispotica, in cui non viga la superiorità della legge.

Un ex commerciante del mercato di Chongjin – nella provincia di Hamgyong settentrionale – è riuscito grazie a questo sistema e a una complessa rete di prestiti personali a mettere da parte circa 30mila dollari americani, una somma servitagli per mettere in piedi un’industria tessile che – secondo le fonti del giornale sudcoreano – “sulla carta appartiene allo Stato. Ma di fatto è lui ad assumere gli operai e a gestire l’intera produzione, dall’acquisto dei materiali grezzi alla vendita. Persino la distribuzione del profitto è in mano sua“, si afferma nel reportage di Chosum Ilbo.

La produzione di questa industria tessile sarebbe destinata alla Cina, così come avviene per altri centri di produzione industriale. Gli operai di questa fabbrica guadagnerebbero – secondo i giornalisti sudcoreani – circa 50 dollari al mese, mentre il 30% del volume totale di affari dell’impresa va alle autorità sotto forma di “tassazione“. Decisamente meno dell’Italia, dove le imprese pagano una tassazione complessiva oscillante tra 62 e 71 per cento.

Un articolo del Choson Sinbo – quotidiano filo nordcoreano edito in Giappone – nello scorso marzo diede risalto all’industria di cavi elettrici 326 di Pyongyang, dove i lavoratori “hanno dato straordinaria prova di dedizione e hanno guadagnato 100 volte il proprio salario, arrivando a 40 dollari di stipendio“.

Un esule riuscito a fuggire dal Paese, ha raccontato che nell’area di Pyongsong – parte centrale della Corea del Nord – sono oramai “numerosissime” le aziende private di trasporti: si tratta di persone che hanno comprato dalla Cina trattori – per lo più usati – e ora li impiegano per il trasporto dei prodotti agricoli in cambio di una somma di denaro, facendo nascere quindi un primordiale sistema di trasporti.

Un processo che appare inevitabile, come confermato da Kim Young-hee, un esule dalla Corea del Nord, che oggi lavora presso la Korea Finance Corporation. “Le autorità stanno cedendo. Monitoriamo un alto numero di imprese o di gestione delle aziende sempre più in mano ai privati“, ha confermato ai media si Seoul. 

Ora non resta che attendere il mirabolante eloquio del senatore Antonio Razzi, capace di intestarsi la vittoria del capitalismo sul comunismo…

(AsiaNews)