Iran, tra poche ore l’impiccagione di Reyhaneh Jabbari. Ministro Giustizia Teheran: altri 10 giorni per trovare una soluzione

Fonti della famiglia ad Aki: “Nessuna notizia di rinvio”. L’esecuzione è prevista per mercoledì mattina alle 5. La giovane è stata condannata a morte per l’omicidio dell’uomo che voleva violentarla. I familiari della vittima, per annunciare formalmente il loro perdono, insistono sulla necessità che lei neghi di aver mai subito un tentativo di stupro – Gli sviluppi di questa mattina

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Teheran – Sono ore decisive per la sorte di Reyhaneh Jabbari, la ragazza iraniana condannata a morte per l’omicidio dell’uomo che voleva stuprarla. Sono in corso infatti intense trattative tra la sua famiglia e quella della vittima, Morteza Abdolali Sarbandi. L’impiccagione della ventiseienne è prevista per mercoledì 8 ottobre, alle 5 di mattina. Solo il perdono dei familiari della vittima può salvarla. “Questa notte, il padre di Reyhaneh, Fereydun Jabbari, è stato in casa della famiglia Sarbandi“, riferisce ad Aki-Adnkronos International una fonte della famiglia Jabbari, che chiede di rimanere anonima.

I parenti della vittima – ha rivelato ancora la fonte – sostengono di aver già perdonato, a livello morale, la ragazza. Ma per annunciare formalmente il loro perdono insistono sulla necessità che lei neghi di aver mai subito un tentativo di stupro” da parte del loro parente.

Il ministro della Giustizia di Teheran, Mostafa Pour-Mohammadi, ha detto che ci sono altri “10 giorni” per trovare una soluzione alla vicenda di Reyhaneh, senza tuttavia spiegare se si stia valutando o meno un nuovo rinvio dell’esecuzione. Fonti della famiglia della ragazza dicono ad Aki che a loro non è stata arrivata alcuna notizia di rinvio dell’impiccagione, che resterebbe così confermata per mercoledì mattina.

Non ci sono novità” in merito alla condanna a morte, dice ad Aki anche Mahmood Amiry-Moghaddam, il direttore di Iran Human Rights, un’ong che si batte contro la pena di morte nella Repubblica islamica.

Da quanto si legge invece sul sito d’informazione Tabnak sembrerebbe trapelare un cauto ottimismo intorno alla vicenda. Pour-Mohammadi – è scritto in un articolo – ha spiegato che nei prossimi 10 giorni, e in ogni caso “prima del mese sacro di Muharram” che inizia il 25 ottobre, si cercherà di trovare un’intesa tra i parenti di Reyhaneh e i familiari della vittima. La versione è stata confermata dal portavoce della Magistratura iraniana, Gholam Hussein Mohseni Ejei, il quale lunedì ha detto in conferenza stampa che “se i familiari della vittima daranno il via libera al perdono, la ragazza non sarà impiccata“.

In base alla legge iraniana, il perdono della famiglia della vittima può salvare un omicida dalla forca. Un caso simile si è verificato lo scorso aprile, quando il 20enne Balal Abdullah è stato perdonato dalla madre della sua vittima quando era già con il cappio al collo.

Per compiere questo gesto, i familiari di Sarbandi chiedono che Reyhaneh dichiari che “l’omicidio è avvenuto per un’incomprensione o per un errore, non per una violenza sessuale“, dice la fonte della famiglia Jabbari ad Aki. “I contatti sono intensi in queste ore – continua la fonte – si sta cercando una soluzione, si sta facendo ricorso a ogni mezzo“.

Per questo la madre della ragazza, Sholeh Pakravan, che nei giorni scorsi aveva lanciato un appello all’Italia e al Vaticano tramite Aki, preferisce ora restare in silenzio, per non compromettere la possibilità di una via d’uscita.

La fonte spiega ancora che dal 30 settembre, quando era stata fissata inizialmente l’impiccagione, poi rinviata di 10 giorni, ai familiari di Reyhaneh non è data la possibilità di vederla.

I Jabbari sono in contatto con alcuni politici internazionali – ha spiegato la fonte vicina alla famiglia – e sperano che la loro mediazione possa aiutarli“. All’appello della Pakravan aveva subito risposto il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, che aveva assicurato il suo impegno. E anche molti rappresentanti del Vaticano si sono spesi per la salvezza della ragazza.

I familiari di Reyhaneh, ha reso noto ancora la fonte, “sono anche sotto la pressione delle autorità iraniane, che dopo l’eco internazionale prodotta dalla vicenda, vogliono che si concluda in modo positivo, senza doversi sporcare le mani“.

(Adnkronos)