Nel mini 11/Settembre del Canada, un soldato italo-canadese cade in difesa della Libertà contro la barbarie

Nathan Cirillo, un ventiquattrenne canadese di origini italiane, è il soldato ucciso al National War Memorial di Ottawa. Le forze di sicurezza ammettono: non eravamo preparati a questo tipo di attacchi. Un “lupo solitario” (?) l’autore dell’attacco: Michael Zeehaf Bibeau, 32 anni, canadese convertito all’islam. Uno scontro di valori e di identità, ma i musulmani sono chiamati a prendere in mano la patata bollente della follia islamista. Come i cattolici stanno combattendo contro la barbarie mafiosa che si ammanta di religiosità blasfema

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Ottawa – Un mini 11/Settembre per il Canada. Un mini attacco, che ha mobilitato un intero Paese, alle prese da oggi con la perdita della giovinezza, della sicurezza, di un equilibrio sociale che ha fatto del grande Stato nord-americano un posto ideale dove sviluppare le proprie idee, la propria persona, il proprio talento.

Nathan Cirillo, il soldato della riserva morto a seguito dell’attacco di oggi al National War Memorial nella capitale canadese, era di origini italiane. I suoi avi probabilmente si sono mossi dall’Italia per migliorare la propria vita, cercare nuove opportunità, assicurare ai figli un destino diverso. 

Dal suo profilo su Facebook si può trarre l’idea di un ragazzo di 24 anni pieno di gioia di vivere, impiegato in un fast-food, appassionato di fitness, amante degli animali, il figlio che tutti vorremmo avere. Un giovane pronto a servire la 20141023-argyll-sutherland-crest_paddedsua patria – il Canada – tra le fila della riserva nel regimento Argyll and Sutherland Highlanders. Oggi i suoi sogni si sono interrotti bruscamente per mano di un canadese convertito all’islam, Michael Zeehaf Bibeau, che ha dimenticato i suoi valori di libertà per abbracciare la follia di un’ideologia totalitaria, che intende sottomettere il mondo all’oscurantismo islamista. 

Due mondi scontratisi in una frazione di secondo: un italiano-di-sangue pronto a difendere la libertà di un Paese che ha ospitato la sua famiglia e l’ha integrata contro un canadese che ha dilapidato la propria identità nel buio della razionalità, nella cultura dell’odio, nella presunzione di interpretare la Verità di Dio, vera bestemmia, contro l’Uomo.

Nessun Dio può ordinare l’assassinio di una persona in suo nome: l’hanno ripetuto fior di religiosi (e non cito il Papa, Jeorge Mario Bergoglio, solo perché non mi piace vincere facile). 

Insieme a Nathan Cirillo, mercoledì 22 ottobre 2014 – il piccolo 11/Settembre canadese – è morta l’idea di un Paese tranquillo, almeno nella declinazione finora data all’organizzazione della sicurezza nazionale. Con lo spettro della guerriglia urbana – il vero incubo che offusca i sogni dei responsabili occidentali della sicurezza – il Canada ha mostrato la potenza della democrazia anglosassone: ammettere chiaramente i propri errori, non cercare scuse, non cedere allo sconforto, serietà e compostezza. Uniti e vigili, dai politici ai cittadini

Di fronte a bus bloccati (segno che qualche piano di emergenza fosse già stato elaborato), stazioni di polizia interdette ai civili, politici barricati nelle stanze del Parlamento con l’ordine di non muoversi e di aprire solo a poliziotti o soldati che si facessero riconoscere, il Canada è uscito dall’orrore di un potenziale effetto domino. A ciascuno il proprio ruolo, ma nessun “ma lei non sa chi sono io“. Serietà e compostezza. Unità e vigilanza civica, una lezione imparata e una impartita.

Sguarnire il Parlamento di un cordone di protezione militare per uno Stato abituato a partecipare alle battaglie a favore della Libertà – dalle spiagge siciliane nel 1943 al deserto afghano, ora contro l’aberrante Stato Islamico dell’Iraq e del Levante – è un lusso della civiltà che noi occidentali non potremo più permetterci per diverso tempo, almeno fino a quando l’internazionale islamista non subirà una cocente, pesantissima sconfitta militareO loro o noi, terzium non datur: non è ammesso il piano B.  

Ergo, la battaglia continua, ma tra le voci della società civile si comincia a sentire qualche mormorio, si vede qualche “mi piace” in più sui social media per affermazioni un po’ dure verso i musulmani, sepreggia il malumore verso chi è considerato – quasi sempre erroneamente – parte del tutto fondamentalista. Molti si informano e comprendono che il velo islamico esibito dalle donne musulmane è più un simbolo identitario, che un dettame religioso. Si comincia a reagire alla violenza del burqa o del niqab, che contrastano in un copo solo tutte le lotte per la libertà delle donne intraprese – e mai del tutto concluse – in Occidente. Prende piede la reazione, come all’inizio di ottobre all’Opéra Bastille, quando orchestrali e coristi hanno minacciato di non continuare “La Traviata” in scena, reagendo così alla presenza di una donna coperta integralmente dal niqab. 

Ma prendere di mira i musulmani tout court è ingiusto, altrettanto folle. Come se i cattolici potessero sentirsi colpevoli delle nefandezze mafiosi che sbandierano la propria fede infedele ai valori dell’umanità. 

Epperò, i cattolici sono in prima linea nella lotta alla barbarie mafiosa, ne hanno pagato le conseguenze anche con la vita, due nomi su tutti: Rosario Livatino, un santo tra i “laici”; Pino Puglisi, tra gli uomini con l’abito talare. Siciliani e antimafiosi, cattolici e innamorati dell’Umanità, santi in terra, prima che in Cielo.

A questo sono chiamati i musulmani di ogni dove che vogliono vivere in pace con il mondo. Essi sono chiamati a intraprendere, senza se e senza ma, una battaglia di liberazione dal cancro fondamentalista, perché la guerra in corso è “cosa loro”, prima che cosa nostra. Noi cristiani abbiamo superato la barbarie delle guerre intra-cristiane e siamo impegnati – con il Papa a fare da apripista e caposquadriglia – nel dialogo ecumenico per ricomporre la scandalosa frattura all’interno della Cristianità. Per parafrasare la simpatica pubblicità di una pasta napoletana, nella cristianità l’importante è Cristo

I musulmani si dicono innamorati di Dio e ubbidienti all’insegnamento del loro profeta, Mohammed, che loro considerano l’ultimo messaggero dell’Onnipotente: prendano questa patata bollente in mano e risolvano il problema, prima che il volgo ignorante dell’Occidente non pensi di affrontarlo a mani nude, motu proprio, senza aspettare che il vigore della legge colpisca le illegalità barbare di taluni. Auguri, l’impresa è ardua, ma non impossibile. 

A Nathan Cirillo un pensiero di gratitudine per un giovane che ha messo sul banco la propria vita a servizio della libertà. Che è occidentale, fukuyanamente parlando.

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