Onore alle Forze Armate, ma trasformare il 4 Novembre in giornata della memoria italo-austriaca

La migliore maniera per rendere un tributo a una data importante per l’Italia è chiedersi se oggi ha senso celebrare ancora una vittoria militare, che però fu il prologo per la tragedia del Secondo Atto della Seconda Guerra dei Trent’Anni in Europa. Oggi Italia e Austria vivono una realtà nuova, ‘province’ di un impero che sta nascendo – VIDEO

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Da diversi anni non celebriamo il 4 Novembre. Restiamo un po’ in silenzio, beneficiando del fatto di essere una testata online, un blog vestito (e con le responsabilità) di una testata giornalistica. Cerchiamo di contribuire alla conoscenza, con qualche elemento di riflessione.

Come sa bene chi ci conosce, noi amiamo le Forze Armate e le Forze dell’Ordine, perché nel nostro ideale Stato-leggero l’ordine pubblico e la difesa della Patria – quale essa sia – sono due dei pilastri fondamentali delle competenze statali, insieme all’amministrazione della giustizia in ogni sua articolazione.

Tuttavia, la celebrazione del 4 Novembre ci sembra più intrisa di retorica che di reale tributo alla memoria per una vittoria bellica con cui l’Italia unì la Penisola, ma in modo incompiuto. Incompiuto perché gli italiani non sono mai stati tanto divisi tra loro come oggi – a 96 anni dalla Vittoria – pur avendo un patrimonio culturale comune e straordinariamente unico al mondo.

 

Oggi non è un periodo facile per l’Italia e gli italiani: paghiamo errori politici, mancanza di coraggio, una certa cialtroneria serpeggiante sull’onda di un egualitarismo di maniera, che ha eroso il ruolo della scuola come punto di partenza nel processo di costruzione della classe dirigente. All’eguaglianza delle possibilità – attraverso l’abbattimento degli ostacoli – si è preferita la tessitura di una rete clientelare, primo passo per scalare i ruoli della pubblica amministrazione, dell’economia o delle professioni (spesso con competenza, ma altrettante volte con ignoranza brutale e manifesta).

Paghiamo un ritardo culturale – ascrivibile tanto alla tradizione democratico-cristiana che a quella comunista – sulle similitudini profonde tra il processo di integrazione europea e quello avvenuto nel Nuovo Mondo dopo la dichiarazione di indipendenza del 4 Luglio 1776.

In Europa, gli Stati nazionali sono stati “produttori” di Storia e di tragedie, prima di sedersi attorno a un tavolo per risolvere problemi comuni all’indomani del Secondo Atto della Seconda Guerra dei Trent’Anni (ossia la Prima e la Seconda Guerra Mondiale), proprio quale “espediente” storico-politico per evitare il ripetersi di simili tragedie. Sullo sfondo, il decadimento dello Stato Nazione nato in Europa nel 1648. Non la semplice “perdita di ruolo” in un mondo sempre più globalizzato, ma il decadimento senza fine di capacità esterne e potestà interne di fronte al “Mondo Nuovo”.

In America, dal 1776 al 1787 furono capaci di “smarcarsi” dalla morsa fiscale del sovrano britannico – Giorgio III – e avviare la più straordinaria esperienza geopolitica del mondo moderno. Una rivoluzione di libertà, oscurata nelle nostre scuole italiane da chi ha prediletto la successiva (in termini cronologici) rivoluzione francese, dalla quale invece sono nati i filoni più mortiferi delle utopie criminali giunte fino ai giorni nostri, compreso il “terrorismo” come metodo di combattimento senza regole, senza il rispetto dello ius bellicum già tramortito dalla barbarie tedesca di Ypres nella Prima Guerra Mondiale e da quella dei nazisti nella Seconda.

Questa ignoranza di fondo ci fa guardare al 4 Novembre come una data da celebrare per ricordarci di una Nazione che non è mai stata tale, ma forse era questa la vera grandezza ignorata dell’Italia.

Che fare del 4 Novembre, se si rifiuta la retorica della Vittoria (peraltro mutilata)? Una giornata di memoria e riflessione Italo-Austriaca, in cui si ragioni sull’inutilità della guerra fratricida e dell’assurdità della guerra come atto barbaro di auto-eliminazione del genere umano. Ancor più nello scenario attuale, che avrebbe dovuto portare linfa fresca nelle istituzioni europee, élite intellettuali di una Rivoluzione Europea pacifica, che trasformi questa Lega di Stati pervasiva in Stato Federale in cui la sovranità sia condivisa tra Stati e Governo di Bruxelles.

Alle Forze Armate si dedichi il 2 Giugno, festa della Nuova Italia democratica (antifascista, ma non anticomunista, purtroppo).

Continuare a celebrare il 4 Novembre in questa ottica di Vittoria bellica è una foglia di fico per coprire l’incapacità attuale della politica italiana di nettarsi della parte più corrotta e di dare spazio alla parte migliore del Paese, a quella che guarda la realtà di un cammino avviato con il contributo determinante di italiani di gran vaglia: de Gasperi, Spinelli, Rossi.

Ecco perché non celebriamo il 4 Novembre, ma rivolgiamo alle Forze Armate (e alle Forze dell’Ordine) un sentito ringraziamento per quel che fanno oggi, per il sacrificio di ieri, ma anche per la lungimiranza che serve a costruire un futuro europeo unito e indissolubile. Vienna è oggi anche la nostra Patria: basterebbe solo comprenderlo.

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John Horsemoon

Sono uno pseudonimo e seguo sempre il mio dominus, del quale ho tutti i pregi e i difetti. Sportivo e non tifoso, pilota praticante(si fa per dire...), sempre osservante del codice: i maligni e i detrattori sostengono che sono un “dissidente” sui limiti di velocità. Una volta lo ero, oggi non più. Correre in gara dà sensazioni meravigliose, farlo su strada aperta alla circolazione è al contrario una plateale testimonianza di imbecillità. Sul “mio” giornale scrivo di sport in generale, di automobilismo e di motorsport, ma in fondo continuo a giocare anche io con le macchinine come un bambino.