Torino Film Festival, torna la rassegna dedicata alla New Hollywood

Dopo il successo nella passata edizione, torna la rassegna dedicata ai film più caratteristici di quell’era

Da sinistra, Martin Scorsese, Steven Spielberg, Francis Ford Coppola e George Lucas
Da sinistra: Martin Scorsese, Steven Spielberg, Francis Ford Coppola e George Lucas

Un’improvvisa ondata di cambiamento nel panorama cinematografico americano era richiesto da più fronti: dal pubblico ormai disinteressato ai kolossal e sempre più morbosamente attaccato alla televisione, dalle piccole produzioni sfinite dal potere degli studios e a secco d’incassi, ma soprattutto dai registi riscopertisi veri autori e che strizzavano l’occhio al cinema europeo, in special modo alla Nouvelle Vague francese e al Neorealismo italiano.

Ed ecco che quasi contemporaneamente un gruppo molto folto di registi-autori getta le basi per quello che sarebbe diventato il periodo più prolifico per il cinema americano d’autore, un periodo che avrebbe coperto la fine degli anni Sessanta per arrivare ai primi Ottanta con ancora molte cose da dire, ma ormai inglobato nella gigantesca macchina industriale.

La New Hollywood, come sarebbe passata alla storia, nasce da un atto di ribellione –così come per la corrente francese promossa da Truffaut e Godard – dei registi americani, decisi a riappropriarsi completamente delle loro opere evitando che la mano della produzione andasse a snaturare la natura delle loro creazioni.

Nascono così pellicole come “Il laureato” (che sancì l’inizio della corrente) o Conoscenza carnale che lanciarono il talento di Mike Nichols, nomi come Arthur Penn e Dennis Hopper che con “Easy Rider” avrebbe segnato l’immaginario giovanile e lo stile hippy, o ancora Bob Rafelson con la sua malinconia e il suo sguardo verso un mondo, quello delle giovani generazioni, in preda allo sconforto (“Cinque pezzi facili”, “Il re dei giardini di Marvin”, per citarne alcuni).

Coppola e Gene Hackman sul set de "La conversazione"
Coppola e Gene Hackman sul set de “La conversazione”

Inutile ricordare che Francis Ford Coppola e Martin Scorsese sono tra i padri fondatori della New Hollywood e proprio questi due non potevano mancare alla seconda edizione della rassegna al Torino Film Festival.

Nonostante l’impegno su più fronti Coppola riuscì a imprimere a fondo il suo stile e la sua poetica in ogni suo lavoro, si trattasse di grosse produzioni (“Il padrino”) o di quelli che da allora vennero chiamati film indipendenti; di questi si è scelto forse il più rappresentativo, “La conversazione”, uscito nel 1974 (lo stesso anno di “Il padrino – Parte II”) e diventato subito un classico, sia per la sua potenza tematica (siamo all’indomani dello scandalo Watergate) che profetica (l’ossessione di essere controllati in un mondo sempre più contaminato dalla tecnologia). Il film si avvale poi di una splendida interpretazione di Gene Hackman, ritratto perfetto di un uomo completamente dedito al proprio lavoro, ma con un’identità ben precisa e un senso di colpa che pian piano riemergeranno in superficie per riaffermare il proprio (illusorio) controllo sul potere costituito.

Tra gli altri film presenti alla rassegna proprio “Il laureato” e “Conoscenza carnale”. Con quest’ultimo, arrivato quattro anni dopo il successo del primo, Mike Nichols torna a indagare le turbe giovanili di una generazione, specie riguardo i primi impulsi sessuali, ma lo fa retrodatando la sua storia nell’immeditato secondo dopoguerra. Protagonisti del film sono Jack Nicholson e Arthur Garfunkel, alla seconda collaborazione con Nichols (la terza considerando la celebre colonna sonora de Il laureato), due amici che condividono le prime esperienze sentimentali senza inibizioni di sorta. La regia è lucidissima dall’inizio alla malinconica fine, con uno sguardo sullo scorrere inevitabile del tempo e delle stagioni della vita di una purezza inedita per l’epoca.

Lucas e Spielberg negli anni Settanta
Lucas e Spielberg negli anni Settanta

Ci saranno poi anche Scorsese, con “The Last Waltz”, il film concerto di The Band (con la presenza nel cast di Bob Dylan), ma anche nomi come Jonathan Demme, Sam Peckinpah, Arthur Penn per terminare con Steven Spielberg.

Se con “Duel” e “Sugarland Express”, infatti, il regista di E.T. affina le armi del mestiere inserendosi bene nel filone fin qui descritto, sarà proprio il suo Lo squalo a segnare l’inizio della fine per la New Hollywood. Grazie ai suoi straordinari incassi, “Lo squalo” portò a budget sempre più alti per quelle che fino ad allora erano considerate produzioni a basso costo, quindi anche il rischio si faceva più alto. Aspetto poi resosi evidente con il pauroso flop de “I cancelli del cielo”, di Michael Cimino, che segnò non solo la fine della United Artists ma di un’intera epoca.      

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Il trailer de ‘La conversazione’