Torino Film Festival, dal Canada a Singapore le mille sfaccettature del Concorso

Sempre attento alle giovani proposte del panorama cinematografico attuale, il Torino Film Festival è l’occasione per vedere anche prime e seconde opere dei talenti di domani

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Torino – Da sempre considerato il “più giovane” di tutti, quello del capoluogo piemontese è un festival rivolto soprattutto a far conoscere i registi di domani, proponendo numerose opere prime e seconde intervenute sia in numerose kermesse internazionali o proposte qui per la prima volta.

Nel concorso ufficiale possiamo così ammirare “Félix et Meira”, il terzo film di Maxime Giroux, già presentato a Toronto. Quello canadese è un cinema che negli ultimi anni sta conoscendo una nuova giovinezza (basti pensare a Villeneuve, Vallée e Egoyan per arrivare all’enfant prodige Xavier Dolan) e anche Giroux si presenta a Torino confermando questa tendenza, sebbene la storia non sia delle più originali portate sullo schermo:

Félix, classica pecora nera della famiglia, perde il padre affetto da Alzheimer. Per niente convinto che uno stile di vita regolare ed equilibrato faccia al caso suo, la sua prospettiva cambia dopo l’incontro con Meira. Madre giovanissima (interpretata con splendida sensibilità da Hadas Yaron – Coppa Volpi a Venezia nel 2012 con “La sposa promessa”), fa parte di una corrente ebraica molto ortodossa che mal si sposa col suo desiderio di vivere una vita normale; sempre più strozzata dalla rigidità del marito e dei costumi ebraici cercherà in Felix una via d’uscita.

Giroux, a dispetto di una narrazione fin troppo equilibrata e didascalica, fornisce una regia compostissima, priva di certi balzi autoriali che sarebbero stati fuori luogo. Il regista è più interessato al discorso di fondo che ai suoi due protagonisti (merito o difetto,  questo porta inevitabilmente a una certa banalità nei dialoghi), la ricerca della propria identità: sia che si tratti di mantenere delle tradizioni che altrimenti andrebbero estinte, sia che una moglie infelice decida di riappropriarsi della sua vita e di mettere la propria felicità al di sopra di tutto.

Il regista canadese però non giudica, non potrebbe mai farlo: ci pone dinanzi una storia, semplice ma complessa, e ci chiede di prendere una posizione. Quale che sia non sarà mai una decisione facile, né tantomeno giusta.

Da Singapore invece arriva l’opera seconda di Liao Jiekai, “As You Were”.

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Ad un passo dalla città stato, sull’isola di Saint John, Guohui e Peiling si incontrano dopo anni di lontananza. La loro non è più la sincera amicizia di un tempo, e attraverso flashback dal passato assistiamo alla spensieratezza di una gioventù contrapposta all’incertezza e all’inquietudine di un presente che pesa come un macigno.

“Il troppo stroppia” come si suol dire da queste parti e a Singapore necessariamente dovrà esserci  un proverbio simile per indicare che il film di Jiekai ha fin troppa fiducia nei suoi eccessi. Troppe immagini fine a se stesse, troppa voce fuori campo (che tra l’altro spiega quello che lo spettatore può benissimo intuire da solo), troppa retorica (anche se dal fascino orientale).

Il risultato è così un film che pur durando novanta minuti diventa insostenibile già dopo i primi venti. Lo spettatore infatti non viene condotto attraverso un racconto che riflette (in maniera non lineare) sullo scorrere del tempo e sulle conseguenze delle azioni, ma lo sfianca capitolo dopo capitolo stordendolo con un messaggio (e uno solo) evidente fin dall’inizio.

Presente in concorso anche l’horror americano di Jennifer Kent, “The Babadook”, di cui parleremo più avanti…

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Il trailer ufficiale di Félix et Meira