Kenya, il presidente licenzia il ministro dell’interno e il capo della polizia dopo l’ultimo raid di al-Shabaab

Un commando di SS islamiste di jihadisti somali ha assaltato un campo di lavoratori di una cava mentre dormivano, separando i musulmani e uccidendo 36 “crociati” con un colpo alla testa. Repulisti ai vertici della sicurezza, mentre fonti occidentali sostengono che vi sia mancanza di coordinamento tra le varie agenzie di intelligence nazionale, sostenute da Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi europei

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Nairobi – Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha accettato le dimissioni sia ministro dell’Interno, Ole Lenku, che del capo della polizia, David Kimaiyo. Entrambi erano stati messi sotto pressione dagli ultimi attacchi dei jihadisti somali di al-Shabaab, ultimo dei quali questa mattina nei pressi di Korome, a una quindicina di chilometri da Mandera, al confine con la Somalia. 

Un commando costituito da una ventina di jihadisti islamici somali ha attaccato il villaggio di lavoratori di una cava. I miliziani hanno prima sparato alle tende in cui i lavoratori stavano dormendo, poi hanno separato i musulmani dalle altre persone, salvando loro la vita, infine hanno fatto stendere a terra i non musulmani e li hanno brutalmente assassinati con un colpo alla testa. Almeno due delle vittime sono state decapitate. All’appello mancherebbero però diversi operai che potrebbero essere stati rapiti, ha riferito una fonte della polizia keniana.

Gli Shabaab hanno rivendicato la strage di “crociati” da parte di un’unità della “Brigata Saleh Nabha” e hanno promesso di proseguire nella lotta “senza quartiere, incessante e spietata” nel Paese del Corno d’Africa. L’attacco nella cava di Korome è arrivato all’indomani di un attacco in un bar di Wajir, con granate e mitragliatori, che aveva causato un morto e 12 feriti.

Mandera è vicina alla zona in cui il mese scorso gli islamisti avevano giustiziato con modalità analoghe 28 persone non musulmane su un bus, nei pressi della frontiera tra Kenya, Somalia ed Etiopia. Anche quell’attacco era stato rivendicato dagli Shabaab come ritorsione per i raid della polizia nelle moschee di Mombasa frequentate da islamisti radicali.

Nel nord-est del Kenya a maggioranza musulmano e di etnia somala affluiscono spesso lavoratori provenienti dalle regioni meridionali, dove i cristiani rappresentano l’80 per cento della popolazione. Anche nella cava di Korome lavoravano per lo più operai provenienti da altre regioni.

Il Kenya ha subìto una luna serie di attentati da quando ha inviato truppe in Somalia a combattere contro i miliziani jihadisti che hanno messo a ferro e fuoco il Paese, attaccandone le fondamenta dello Stato. Domenica un giornale keniota aveva riferito che il ministro dell’Interno, Ole Lenku, e il capo della polizia, David Kimaiyo, rischiavano il “licenziamento” sia per le recenti incursioni posto che – soprattutto – per non aver saputo prevenire e impedire l’attacco al centro commerciale Westgate di Nairobi, in cui furono trucidate 67 persone nel settembre 2013. 

Un licenziamento che è arrivato oggi. Alla guida della polizia del Kenya, il presidente Kenyatta ha chiamato Joseph Nkaissery, un generale dell’esercito in congedo, mentre a capo del ministero dell’Interno ha chiamato il vice-segretario al dicastero, Joseph Ole Nkaissery. Per entrambe le nomine il capo dello Stato ha sollecitato il Parlamento a una celere approvazione. 

Nel discorso alla nazione Kenyatta ha anche invitato all’unità nazionale contro i jihadisti di Shabaab: “il nostro dissidio incoraggia solo il nemico“, ha affermato. Secondo fonti diplomatiche Occidentali, citate dalla Reuters, i servizi di sicurezza del Kenya soffrono di uno scarso coordinamento, nonostante il supporto di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi.

Tuttavia, non sono state lesinate critiche al governo.

Il governatore della Contea di Mandera, Ali Roba, ha chiesto una revisione delle operazioni di sicurezza del Kenya. “Dobbiamo guardare a questo (raid, ndr) come a un fallimento sistematico, non come un caso fallimentare“. L’opposizione ha chiesto invece il ritiro delle truppe dalla Somalia, che non hanno coperto il Kenya. Il ritiro dei militari kenioti dalla Somalia non rientra tra le misure prese in considerazione dal governo di Kenyatta. 

Dennis Onyango, già portavoce dell’ex primo ministro Raila Odinga e oggi portavoce dell’opposizione, ha contestato le modalità dell’intervento keniota in Somalia. “Dovevano creare una zona di cuscinetto tra i nostri paesi e il caos dell’altra parte. Ma non l’hanno fatto. Così ora noi chiediamo che lascino (il potere, ndr)”.

Significativa però la valutazione di Cedric Barnes, analista del Crisis Group di Nairobi, secondo il quale l’attacco odierno rientra tra le modalità operative dei jihadisti islamici di al-Shabaab, ma anche l’effetto della “pressione” che li sta spingendo con le spalle al muro in patria. 

(Credit: AGI, Reuters) © RIPRODUZIONE RISERVATA