La paura di viaggiare dopo le tragedie che coinvolgono mezzi di trasporto di massa

Ogni incidente aereo o marittimo produce uno stress psicologico in chi patisce l’ansia da spostamento. Un disturbo che rischia di impennarsi di fronte ai drammi collettivi rilanciati dai media internazionali

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Milano – Ogni volta che accade un dramma o una tragedia coinvolgente un mezzo di trasporto pubblico – treno, nave o aereo – la morte accidentale di persone rischia di lasciare un segno psicologico nelle persone e nel Paese colpito. Come è avvenuto domenica, con una serie di notizie negative legate alla sicurezza dei mezzi di trasporto marittimo e aereo e le tragedie di Ravenna, del traghetto in viaggio dalla Grecia all’Italia e dell’aereo AirAsia in viaggio verso Singapore da Giacarta.

Queste tragedie, infatti, acuiscono il senso di ansia provato da chi è affetto dalla paura di viaggiare, di spostarsi, e quindi pesano sul senso di ottimismo che è una spinta fondamentale per la crescita a tutti i livelli. Ne ha illustrato la fenomenologia ad Adnkronos Salute lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano.

La propensione al viaggio – sottolinea Mencacci – è un elemento importante. È infatti un indice dell’ottimismo dell’individuo e del Paese. Chi viaggia è in una condizione favorevole a conoscere, è curioso e aperto“, spiega lo psichiatra, commentando i fatti drammatici su cui si sono concentrati i media dalla mattina di domenica: l’incendio del traghetto, la scomparsa dell’aereo in Indonesia, la morte della giovane italiana in Brasile, la collisione tra navi mercantili a Ravenna.

Questa mitragliata di drammi legati al viaggio – aggiunge Mencacci – aumenta il senso di insicurezza, di incertezza e fragilità. Tutte condizioni che amplificano l’allerta e l’ ansia nelle persone“. Il fatto che tutto sia accaduto durante le feste di fine anno fa crescere il senso del dramma.

La vicinanza della fine dell’anno porta tutti a fare bilanci – spiega infatti Mencacci – e questi fatti che aumentano il pessimismo avranno sicuramente un peso: in pratica, il bilancio sarà più negativo di quanto in realtà avrebbe potuto essere. Ciò si ripercuote su tutto. Aumenta il pessimismo e dunque – rileva – si riduce la capacità di darsi da fare e cambiare“.

Una miscela micidiale, conclude Mencacci, “insieme alle difficoltà economiche che permangono“. In questo modo, “ogni cambiamento fa paura. Si preferisce rimanere in una situazione che si può controllare meglio, quindi niente viaggi fisici, ma anche staticità a tutti i livelli“.

Insomma, una catena che incatena all’immobilismo, perché il movimento da segno di ottimismo e costruzione di qualcosa di positivo viene interpretato come una esposizione non dovuta al pericolo connesso al movimento. Una situazione che in alcune persone assume toni parossistici e di vera fobia.

(Credit: Adnkronos)