Papa: libertà di espressione è diritto fondamentale, ma anche la fede non deve essere messa in ridicolo

Incontrando i giornalisti durante il volo per le Filippine, Francesco definisce un'”aberrazione” chi pretenda di “uccidere in nome di Dio”. “Ogni religione che rispetti la vita umana ha dignità”.  Su un possibile attentato, teme per l’incolumità della gente che viene a incontrarlo, ma per se stesso affronta questo pericolo con “una buona dose di incoscienza”. A giugno o luglio l’enciclica sull’ambiente. Nelle Filippine “il messaggio saranno i poveri”, soprattutto il sostegno alle vittime del tifone Yolanda. L’armonia è più della pace e della riconciliazione

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Manila –  Papa Francesco si è espresso con parole precise, ma che non mancheranno di sollevare polemiche, nel corso del viaggio aereo dallo Sri Lanka alle Filippine, seconda tappa del viaggio apostolico in Asia. Rispondendo alle domande dei giornalisti che lo accompagnano, il Papa ha affermato con chiarezza che è una “aberrazione” pretendere di “uccidere in nome di Dio“, ma che è anche un errore offendere una religione sventolando la bandiera del diritto a dire ciò che si vuole. Il riferimento è alle vignette pubblicate dal settimanale satirico francese “Charlie Hebdo” e ai fatti di Parigi, in cui sono morte 17 persone, più i tre terroristi neutralizzati dai reparti speciali della Police National e dalla Gendarmeria francese.

La premessa però è che “ogni religione che rispetti la vita umana ha dignità“. Ergo, le religioni che non rispettano la dignità rientrano nel rango delle religioni false, contro Dio. Un implicito riferimento al Discorso di Ratisbona di Benedetto XVI del 12 settembre 2006.

Alla domanda di un giornalista francese sulla drammatica vicenda di Parigi, secondo quanto riferisce la Radio Vaticana, il Papa ha risposto che i diritti alla libertà di espressione e alla libertà di religionesono tutte e due diritti umani fondamentali“, ma così come è una “aberrazione” pretendere di “uccidere in nome di Dio“, sbaglia anche chi arriva a offendere una religione sventolando la bandiera del diritto a dire ciò che si vuole. Sul punto le parole del Papa è inequivocabile. Certo è doveroso dire ciò che contribuisce a costruire ilbene comune“, e certamente non si può reagire con violenza a un affronto, ma nemmeno “si può provocare“.

Parliamo chiaro – ha detto al giornalista francese – non si può nascondere una verità: ognuno ha il diritto di praticare la propria religione, senza offendere, liberamente, e così vogliamo fare tutti. Secondo: non si può offendere o fare la guerra, uccidere in nome della propria religione, cioè in nome di Dio. A noi questo che succede adesso ci stupisce, ma sempre pensiamo alla nostra storia, abbiamo avuto grandi guerre di religione. Come si capisce anche noi siamo peccatori, ma non si può uccidere in nome di Dio“.

Poi, in materia di libertà di espressione, Bergoglio ha aggiunto che “ognuno ha non solo la libertà o il diritto ma anche l’obbligo di dire quello che pensa, se ritiene che aiuti il bene comune. Un deputato, un senatore, se non dice qual è la buona strada non fa bene. Avere questa libertà, ma senza offendere, perché è vero che non si può reagire violentemente. Ma se il dottor Gasbarri, mio amico caro, dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno. È normale!“, ha esclamato, “perché non si può provocare, insultare, ridicolizzare, la fede degli altri“.

A una successiva domanda su possibili attentati contro la sua persona e contro il Vaticano, Francesco ha detto di temere soprattutto per l’incolumità della gente che viene a incontrarlo, dicendo invece di se stesso, con un sorriso, di affrontare questo pericolo con “una buona dose di incoscienza“. Il “miglior modo” per rispondere alla violenza, ha sottolineato, “è la mitezza“.

Francesco ha poi usato parole forti sul crescente utilizzo di ragazzi e bambini negli attentati kamikaze, un fatto che ha macchiato la storia dello Sri Lanka e della lunga guerra civile. Al riguardo, il Papa ha detto di vedere, al di là di problemi psichici, uno “squilibrio umano” in chi sceglie di uccidersi per uccidere. Un kamikaze, ha osservato, è uno che “dà la vita, ma non la dà bene“, al contrario per esempio di tanti missionari che pure danno la vitama per costruire“. E dunque, mettere una bomba addosso a un bambino non è altro, per il Papa, che un altro dei terribili modi di renderlo schiavo“.

Alla domanda sulla possibilità di coinvolgere le altre religioni contro il terrorismo, magari con un incontro sullo stile di Assisi, il Papa ha detto di aver saputo che “c’è gente che lavora per questo” in ambienti di altre fedi, dove serpeggia una certa “inquietudine” sulla recrudescenza del terrorismo.

Altro argomento del colloquio con i giornalisti che lo accompagnano nel viaggio apostolico in Sri Lanka e nelle Filippine è stato la prossima enciclica che il Pontefice sta preparando sui temi ambientali. Il documento dovrebbe essere pronto per giugno/luglio e a fine marzo – ha rivelato Bergoglio – il Papa si prenderà una settimana di tempo per concludere un testo già arrivato alla terza bozza, dopo la prima preparata dal cardinale Turkson, una seconda rivista dal Papa stesso con l’aiuto di esperti e una terza bozza redatta con il contributo di teologi.

La terza bozza dell’enciclica ‘verde’ ha ricevuto anche costruttivi apporti da parte della Congregazione della dottrina della fede, della Segreteria di Stato e del teologo della Casa Pontificia. Il Papa con l’enciclica intende portare un “contributo” al prossimo vertice di Parigi sulla tutela ambientale. Il precedente vertice in Perù “mi ha deluso“, ha svelato il Pontefice, per la “mancanza di coraggio“.

Sull’attuale viaggio, durante la tappa nelle Filippine “il messaggio saranno i poveri“, soprattutto il sostegno alle vittime del tifone Yolanda. “Corro il rischio – ha detto ancora il Papa – di diventare troppo semplice, ma in una parola voglio dire che il centro, il nocciolo del messaggio al popolo delle Filippine sono i poveri, i poveri che vogliono andare avanti, i poveri che hanno sofferto, per esempio per il tifone Yolanda, che ancora soffrono le conseguenze, i poveri di Dio, e soprattutto gli sfruttati“. 

Sulla tappa srilankese, invece, Francesco aveva innanzi tutto spiegato perché abbia ultimamente privilegiato – nel proclamare nuovi santi – la procedura della “Canonizzazione equipollente“, nel caso di beate e beati venerati già da secoli, come avvenuto con l’apostolo dello Sri Lanka, Giuseppe Vaz. Nella sua scelta – come per la Beata Angela da Foligno, Pietro Favre, padre de Anchieta e gli altri – il Papa ha detto di  preferire, in accordo con la visione dell'”Evangelii Gaudium”, “grandi evangelizzatori ed evangelizzatrici”. Così avverrà in settembre, durante il suo viaggio apostolico negli Stati Uniti, quando canonizzerà Junipero Serra, che portò il Vangelo nell’ovest del Paese.

Il Papa ha poi dato anche la spiegazione sulla sua visita a sorpresa a un tempio buddista, non prevista dal programma ufficiale del viaggio, al termine della seconda giornata in Sri Lanka, e potenzialmente pericolosa per motivi di sicurezza. Si è trattato di  uno scambio di cortesie con il capo del tempio che si era recato a salutarlo all’aeroporto di Colombo, la capitale srilankese, ma anche un riconoscimento dal valore dell’interreligiosità, che in modo plastico si manifesta ad esempio proprio nel santuario di Madhu, in Sri Lanka, luogo di incontro e di preghiera non solo di cattolici.

Uno spirito – quello dell’incontro e della mediazione tra parti apparentemente incompatibili, che rimane un cruccio del Papa, il quale ha dato il proprio appoggio alle Commissioni di verità e riconciliazione in tutto il mondo, come avvenuto in Sri Lanka, ma anche in Argentina. A tal proposito, Francesco ha detto di appoggiare ovunque tutti gli “sforzi equilibrati” che “aiutino a mettersi d’accordo” e non cerchino la vendetta.

Citando parole del nuovo presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena, Papa Francesco ha detto di essere rimasto colpito dall’idea del presidente di voler andare avanti nel lavoro di pace e di riconciliazione, ma soprattutto di mirare a “creare l’armonia nel popolo“, che è “più della pace e della riconciliazione“. Ma per far questo è necessario “arrivare al cuore del popolo“.

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