La Cgia di Mestre lancia l’allarme artigiani: massacrati dalla crisi, oltre 94mila botteghe hanno chiuso in sei anni

L’ossatura del sistema produttivo italiano, la rete degli artigiani, colpita in modo traumatico dalla crisi economia: ci hanno rimesso soprattutto impiantisti (elettricisti, idraulici, manutentori, etc.), edili e addetti all’autotrasporto. Spariti anche fabbri, falegnami, calzolai, sarti e tappezzieri. In parte la morìa di imprese artigianali è causata dal progresso tecnologico che rende obsolete alcune attività – Dati e numeri delle imprese artigianali in Italia al 31 Dicembre 2014

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Venezia – L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha analizzato l’ossatura delle piccole imprese artigianali italiane e, sulla base dei dati delle Camere di Commercio, ha rilevato che nel periodo 2009-2014 94.372 botteghe sono scomparse. Se nel 2009 le imprese artigiane erano 1.465.949, su un totale di 5.283.531 imprese, al 31 dicembre 2014 questo numero è calato a 1.371.577 unità, su un totale di 5.148.413 unità, con una flessione che per gli artigiani è stata del 6,4  per cento, a fronte della riduzione di imprese totali del 2,6 per cento. 

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Numeri spaventosi, che vanno analizzati anche sotto il profilo territoriale. Se le regioni che in termini assoluti hanno perso il maggior numero di imprese artigiane sono prevalentemente del Nord del Paese – Lombardia con una flessione di 11.939 imprese artigianali in meno, Emilia Romagna con -10.126, Piemonte con -10.071) e Veneto con -9.934 – la situazione si ribalta se calcolata in termini percentuali, dove nella lista nera appaiono Sardegna (-12,2 per cento ), Molise (-9,7 per cento ), Abruzzo (-9,4 per cento ) e Sicilia (-9,3 per cento).

Per quanto riguarda i settori merceologici, in termini percentuali a subire i contraccolpi della crisi e del profluvio fiscale che ha colpito i proprietari italiani di immobili sono state le costruzioni (-17,4 per cento ), seguite dai trasporti (-13,5 per cento ) e le attività di natura artistica (-11 per cento ). In termini assoluti, il settore più colpito è stato invece quello degli impiantisti (elettricisti, idraulici, manutentori, etc.), con una perdita di 27.502 unità produttive. Seguono l’edilizia – con una perdita coerente con il dato percentuale e la perdita di 23.824 imprese – e l’autotrasporto, settore in cui sono scomparse 13.863 partite iva. 

Settori in decisa progressione anticiclica, invece, le imprese di pulizia (di edifici e impianti) e di giardinaggio (con un saldo attivo di 9.477 imprese), la trasformazione alimentare da asporto (rosticcerie, friggitorie, pasticcerie, gelaterie, etc.), con + 3.527 imprese e la produzione di software, con +1.762 unità.

Situazione di estrema difficoltà anche per il cosiddetto artigianato produttivo. Ben 10.633 fabbri hanno chiuso l’attività, di gran lunga l’attività più penalizzata (e in parte sostituita dall’industria metalmeccanica), seguite da 6.757 falegnamerie e da 5.409 aziende del Tac – tessile, abbigliamento e calzature – in una piccola parte delocalizzate all’estero, dove le condizioni fiscali, il sistema amministrativo e burocratico, il costo del lavoro e il sistema di tutela giudiziaria favoriscono lo svolgimento dell’attività di impresa e non la disincentivano come avviene in Italia. 

Oltre il 54 per cento della contrazione complessiva delle imprese artigiane – fa notare il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – riguarda attività legate al comparto casa“, vero e proprio bersaglio del fisco statale e locale. “Edili, lattonieri, posatori, elettricisti, idraulici, manutentori caldaie, etc. stanno vivendo anni difficili e molti sono stati costretti a chiudere definitivamente la saracinesca della propria attività – aggiunge Bortolussi – La crisi del settore e la caduta verticale dei consumi delle famiglie sono stati letali“, spiega.

Tuttavia, preoccupa anche “lo stato di salute di alcune professioni storiche dell’artigianato” in via di sparizione, osserva il segretario della Cgia di Mestre, sia “per le profonde trasformazioni che i rispettivi settori stanno subendo” sia perché “i giovani non si avvicinano più a questi mestieri“. Tra questi “i barbieri, i calzolai, i fotografi, i rilegatori o le ricamatrici che con le loro botteghe hanno caratterizzato la vita quotidiana di tanti paesi e città. Senza dimenticare i norcini e i casari che hanno contribuito a sviluppare una cultura agroalimentare che, in loro assenza, rischiamo di perdere“, sottolinea Bortolussi.

La Cgia ha anche stilato infatti un elenco di mestieri scomparsi negli ultimi decenni o in via di estinzione, a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche che ne hanno investito i relativi settori.

È chiaro che una vera ripresa economica non passi esclusivamente da una inversione di tentenza tout court del settore artigiano, ma di certo l’artigianato potrà giocare un ruolo importante, se non decisivo, se supportato nel governare in modo strutturale la transizione tecnologica in atto, per preparare gli artigiani alle profonde mutazioni in atto.

Si pensi – a titolo di mero esempio – al settore delle auto elettriche, la cui motorizzazione è mediamente molto più efficiente di quella endotermica, ma necessita di specializzazioni specifiche in elettronica e in informatica che i meccanici tradizionali potrebbero faticare a sostenere da soli. Serve dunque un programma nazionale di formazione vera, efficace ed efficiente, con cui ridare fiato e linfa agli artigiani.

Di certo, l’artigianato non è finito, deve solo ricalibrare il tiro per affrontare il presente e il futuro prossimo.

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Note integrative

Elenco delle attività scomparse o in via di estinzione

  • arrotino (molatore o affilatore di lame)
  • barbiere (addetto al taglio dei capelli su uomo e alla rasatura della barba)
  • calzolaio (riparatore di suole, tacchi, borse e cinture)
  • casaro (addetto alla lavorazione, preparazione e conservazione dei latticini)
  • canestraio (produttore di canestri, ceste, panieri, etc.)
  • castrino (figura artigianale tipica del mondo mezzadrile con il compito di castrare gli animali)
  • ceraio (produttore di torce, lumini e candele con l’uso della cera)
  • cocciaio (produttore di piatti, ciotole e vasi)
  • c ordaio (fabbricante di corde, funi e spaghi)
  • fotografo
  • guantaio (produttore e riparatore di guanti)
  • legatore (rilegatore di libri)
  • norcino (addetto alla macellazione del maiale e alla lavorazione delle carni)
  • materassaio (colui che confeziona o rinnova materassi, trapunte, cuscini, etc.)
  • mugnaio (macinatore di grano e granaglie)
  • maniscalco (addetto alla ferratura dei cavalli, degli asini e dei muli)
  • ombrellaio (riparatore/rattoppatore di ombrelli rotti)
  • ricamatrice (decoratrice del tessuto con motivi ornamentali)
  • sarto/a (colui o colei che confeziona abiti maschili o femminili)
  • selciatore (addetto alla posa in opera di cubetti di porfido)
  • sellaio (produttore di selle per animali)
  • scopettaio (produttore di spazzole e scope)
  • scalpellino (colui che sgrossa e lavora la pietra o il marmo con lo scalpello)
  • seggiolaio (produttore o riparatore di seggiole impagliate).

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