I Cavalieri di Malta onorano il motto dell’Ordine e combattono una guerra santa: quella della carità

Applicando le parole del motto  – Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum (Difesa della fede e servizio ai poveri)  il Gran Priorato di Roma del Sovrano Militare Ordine di Malta ha in cantiere progetti di impegno per i nuovi poveri. Oltre 40.000 pasti caldi serviti ogni anno, la cura dei ‘signori malati’ e l’assistenza agli anziani e alle famiglie in difficoltà: è il Vangelo della strada dei Volontari. Molti progetti, tra cui l’assistenza ai padri separati. Fra Giacomo Dalla Torre: “Deve vincere la speranza contro l’indifferenza”. Il 12 Febbraio prossimo l’elezione del nuovo Priore dello SMOM, ma l’obiettivo comune è dichiarato, perché l’ultimo tempio da difendere è l’Umanità e ha come porta il grido del povero

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Roma – L’obiettivo è non lasciare che la speranza si spenga. Tenere sempre aperte le porte dell’antica fortezza sull’Aventino, dove anche i Templari si preparavano a difendere la strada dei pellegrini, uscire per strada per intercettare il disagio e soccorrere gli ‘ultimi’ di questo nostro tempo di crisi economica e morale.

Ogni giorno, nel cuore di quelle ‘periferie’ care a Papa Francesco, a lottare contro l’indifferenza ci sono i Cavalieri, le Dame e i Volontari del Gran Priorato di Roma dell’Ordine di Malta, denominazione abbreviata del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme detto di Rodi, detto di Malta.

Lavorano in silenzio, ma agiscono concretamente. Sono circa 40.000 i pasti caldi serviti ai bisognosi nell’ultimo anno, insieme a realtà di assistenza medica ormai punto di riferimento per tantissimi, a posti letto per i nuovi poveri, quelli che la crisi la vivono davvero sulla propria carne viva.

I frati e i volontari della carità, che si tramandano l’impegno umanitario nella quasi millenaria storia di impegno al prossimo dell’Ordine, ma guardano al futuro mettendo a fuoco nuovi obiettivi, stanno ad ascoltare i bisognosi in modo qualificato, con team specializzati composti da psichiatri e psicoterapeuti. Se ne prendono cura con spirito di fraternità e solidarietà, dando risposte concrete.

Una ‘parrocchia‘, quella del Gran Priorato di Roma, che abbraccia Lazio, Toscana, Umbria e Marche, muovendosi sul campo nel solco della carità silenziosa. Un Jihad della Carità, potremmo definire l’attitudine umanitaria posta al centro dell’azione dell’Ordine con la Croce a Otto Punte, simbolo delle Beatitudini Evangeliche. Con la persona e la sua dignità, la valorizzazione spirituale e l’umanizzazione dei luoghi. I Cavalieri di Malta sono persone abituate a guardare negli occhi il prossimo e a dare del tu al Dio che si incontra per strada. I poveri sanno che con queste donne e questi uomini della misericordia possono togliersi le bende, mostrare le ferite sconfitte senza paura di essere giudicati.

20150206-Dalla_TorreGuidati dal Gran Priore di Roma, Balì fra Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto (nella foto a sinistra), Cavalieri e Dame soprattutto negli ultimi anni hanno fatto proprio il ‘riassunto’ del Vangelo fatto da Madre Teresa, quando prendeva la mano di chi le chiedeva cosa fare per vivere la fede e contando le dita scandiva solo cinque parole: ‘Lo-avete-fatto-a-me‘, l’amore per i poveri che è la sintesi del Discorso della Montagna narrato dalla pericope di Matteo.

Al centro dell’azione ci sono i ‘signori malati’, insegna l’Odine di Malta per bocca dei volontari che di notte sgusciano per le strade della Capitale a prestare soccorso, a tendere mani e a costruire ponti di incontro e di possibilità quando nel cuore fa freddo e l’ultima parola è la disperazione. Lavorare per la dignità dell’uomo vuol dire prossimità ma anche capacità di intercettare il disagio dei ‘nuovi poveri’, le persone che hanno perso il lavoro o gli affetti, i tanti papà che si ritrovano a dormire in auto dopo vicende di separazioni e il fallimento di storie familiari.

Sono le nuove frontiere del bisogno – spiega fra Giacomo Dalla Torre – la carne del Nazareno nell’Ora nona, nel grido dell’abbandono sul legno di Croce. La risposta viene dall’amore, dall’uscire per andare incontro al bisognoso assumendo sulle nostre spalle il disagio di queste persone, aiutandole a vincere la paura e coniugando vicinanza spirituale e interventi concreti. L’obiettivo è dare ai poveri il senso di una casa di accoglienza che costruiamo e abitiamo insieme“.

È proprio sul territorio che il Vangelo della strada del Gran Priorato di Roma cuce storie di incontri, come il servizio ai poveri delle stazioni Termini e Tiburtina, i punti di ascolto o gli appartamenti che, frazionati, sono divenuti alloggi per padri separati. Alle mense del Gran Priorato non si fa la fila, si viene serviti. Sulla tavola, un fiore e una parola buona.

Cavalieri e Donati, Dame e Donate accolgono e sostengono i bisognosi. Lo fanno con un sorriso,20150206-cross-maltese-250 senza far pesare nulla. Ascoltano e stanno al fianco di chi cerca aiuto, come avviene nella realtà del nuovo ‘Sportello della solidarietà’ a Viterbo. In altre realtà, pagano utenze e affitti ai tanti che non arrivano a fine mese.

Fra Giacomo Dalla Torre ha fatto di questo impegno un racconto di umanità: insieme al pane per i poveri, le cure sanitarie sono assicurate da volontari medici, psicologi, ma anche da avvocati che prestano servizi di assistenza legale per chi è nel bisogno. La rivoluzione della speranza si è fatta strada con la forza dell’esempio. L’indirizzo è stato netto: uscire dagli angusti confini di una visione di carità praticata nei salotti per ‘sporcarsi’ le mani con i più deboli, non soltanto amministrando l’esistente ma tracciando nuovi progetti concreti per rispondere alle sfide, portando nel cuore l’insegnamento di Paolo di Tarso: «Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla» (Corinzi, 13,2).

La carità è paziente, è magnanima, non si stanca del prossimo e non si allontana da lui. In molte lettere dell’Apostolo, ricordano i volontari del Gran Priorato di Roma, troviamo un verbo, epimelestai, prendersi cura (come in Tit 3,8). “Quando si parla di Dio con amore – ha scritto Léon Bloy – tutte le parole umane sembrano leoni diventati ciechi in cerca di una sorgente”. Eppure in pochi anni il Gran Priorato di Roma è divenuto un moltiplicatore di speranza e un modello di ascolto dell’altro che pone la famiglia al centro della società, perché – è il ragionamento dell’Ordine – si può portare buoni frutti solo se le radici sono sane, se il primo nucleo della società, la chiesa domestica, si pone in cammino verso la Bellezza che salva. Il Kerigma dell’aiuto al povero è al tempo stesso gioioso ed esigente, perché è terreno ognuno gioca la verità di se stesso.

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Ma c’è un altro ‘segreto’ di questi Cavalieri di misericordia: l’amore per gli anziani e la lotta alla solitudine. E al tempo stesso, la lettura dei segni dei tempi declinata insieme alla decodificazione dei bisogni e a ricerche sociologiche come lo studio sulla migrazione interna del lavoro, altri strumenti per accorciare le distanze. Perché ogni giorno c’è bisogno di lottare e perdere con Dio, come Giacobbe al guado dello Iabok (Gen. 32).

Tra i progetti in cantiere, anche la gestione di un grande edificio che diventerà una Casa per padri separati, “perché – è ancora il Gran Priore a sottolinearlo – non bisogna mai arrendersi e scegliere la corda di Giuda. Mai cedere alla delega, alla tentazione di dire che tocca a qualcun altro rimboccarsi le maniche. Bisogna osare, prendere la bisaccia in spalla e andare incontro ai poveri. Dio chiede di rendere ragione della nostra speranza, soprattutto noi che crediamo nella Divina Provvidenza. Occorre pensare la propria vita e vivere il proprio credo“.

Fra Giacomo è un uomo di grande spiritualità. Tanti gli riconoscono una forza d’animo che lo porta a cercare nuove strade di impegno, al servizio dell’uomo che soffre. Ha fondato la casa sulla roccia: la preghiera, e da storico dell’Ordine di Malta sa che Dio risponde quando qualcuno invoca “sentinella, quanto dura la notte?“.

La sua lezione è semplice e profonda, sulla linea di Francesco: i poveri sono il volto del Nazareno. E perciò il Gran Priore di Roma ha saputo toccare le corde del cuore, aggiungendo altre risorse all’opera di misericordia: “Si entra nell’Ordine per servire l’Ordine, non per servirsi di esso” avverte fra Giacomo, perché questa è una scelta di carità e una visione del mondo.

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Chi pensa di possedere tutta la verità, brucia le navi che possono portarlo nei mari dell’altro. L’umanità, è la lezione del Gran Priorato di Roma, ha bisogno di percorrere la via dell’incontro e della solidarietà, portando ciascuno i pesi degli altri e di farlo oggi più che mai, in un tempo in cui il fondamentalismo trionfa e si fa terrorismo, violenza e morte. Quella del Gran Priorato è perciò ricerca senza fine di una parola crocefissa sotto le parole della storia, eppure verità che rende liberi. Amare è farsi portare a occhi chiusi sulla soglia del povero e abbracciarlo solo per amore, senza nulla chiedere in cambio.

In questo cantiere sempre aperto della differenza, l’educazione alla Carità si fa percorso di responsabilità sociale, a raccontare movimento e prospettive ariose di nuovo impegno solidale. Lungo le strade della cristianità, il Gran Priorato di Roma racconta koinonia e agorà, comunione e impegno nella storia. Perché anche una piccola luce può squarciare il buio

Dove c’è un volto, ci sono parole a raccontare storie di uomini perduti o ritrovati, sempre in gioco con il destino. Per laici e cattolici ci sono sentieri comuni. Tra cercatori di verità, ci si intende al volo. Non importa quale fede abbiano: nel petto dei profeti danza sempre un fuoco. Resta ancora, per ogni uomo, una profonda, terribile domanda formulata dal Cristo: vos autem quem me dicitis esse? (Mt 16,15). Ovvero, voi chi dite che io sia? È una domanda che squarcia la carne, e fa riprendere il viaggio.

Il prossimo 12 febbraio dieci Capitolari si ritroveranno nel Capitolo dell’Ordine, guidati dallo Spirito che soffia dove vuole, per eleggere il Gran Priore.

Sarà l’occasione per confermare scelte di impegno solidale, perché solo chi ama la verità può cercarla continuamente. I ‘Cavalieri degli ultimi’, togliendosi il mantello per indossare i panni del servo, ripetono che l’ultimo Tempio da difendere è l’Umanità e ha come porta il grido del povero.

(Credit: Adnkronos)

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