Tartassati dal fisco: al top Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna. Fanalino di coda Campania, Calabria e Sicilia

L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha confrontato il gettito fiscale versato da lavoratori dipendenti, autonomi, pensionati e imprese di tutte le regioni italiane. Dati che faranno discutere e su cui incide in modo pesante la disoccupazione (ufficiale) e il lavoro nero

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Roma – L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha analizzato il gettito fiscale versato dai lavoratori dipendenti, dagli autonomi, dai pensionati e dalle imprese di tutte le regioni d’Italia e ha rilevato che i residenti in Lombardia sono i contribuenti più tartassati d’Italia. Ogni lombardo (di residenza) versa all’erario dello Stato e ai vari livelli di governo locali in media 11.386 euro all’anno. Al secondo posto i residenti nel Lazio, con 10.763 euro e gli emiliano-romagnoli, con 10.490 euro.

Appena fuori dal podio ci sono i cittadini e le imprese del Trentino Alto Adige, con 10.333 euro pro-capite, e quelli della Liguria, con 10.324 euro pro-capite. Chiudono questa classifica i campani, con 6.041 euro pro-capite, i calabresi, con 5.918 euro, infine, i siciliani, con 5.598 euro.

La media nazionale si attesta sugli 8.824 euro per abitante, mentre a livello di macro aree, primeggia il Nordovest (10.828 euro), seguito dal Centro (9.868 euro) e dal Nordest (9.819 euro). Staccato, molto, il Meridione d’Italia, con 6.137 euro pro capite.

Questi dati – sottolinea Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre – dimostrano come ci sia una corrispondenza tendenzialmente lineare tra il gettito fiscale, il livello di reddito e, in linea di massima, anche la qualità/quantità dei servizi offerti in un determinato territorio. Dove il reddito è più alto, il gettito fiscale versato dai contribuenti è maggiore e, in linea di massima, gli standard dei servizi erogati sono più elevati. Essendo basato sul criterio della progressività, è ovvio che il nostro sistema tributario pesa di più nelle regioni dove la concentrazione della ricchezza è maggiore“.

Per quanto riguarda la distribuzione del gettito fiscale tra i vari livelli di governo, la Cgia ha rilevato che, su un totale nazionale di 8.824 euro pro-capite di entrate tributarie registrate nel 2012, ben 7.124 euro finiscono nelle casse dello Stato (80,7%); 902 euro sono destinati alle Regioni (10,2%) e solo 798 euro (9%) confluiscono nelle casse degli enti locali (Comuni, Province e Comunità montane).

Da un punto di vista metodologico i tributi analizzati in questo studio sono riferiti al valore aggiunto generato nelle singole regioni. La Cgia, infine, ricorda che per il 2015 la pressione fiscale è destinata ad attestarsi al 43,2 per cento: 0,1 punti in meno rispetto al dato toccato nel 2014, mentre nel 2016 dovrebbe salire al 43,7 per cento. Un aumento che sarebbe il risultato di una diminuzione di 0,6 punti di Pil dei contributi sociali, più che controbilanciata dall’incremento di quasi un punto della pressione tributaria. Quest’ultimo è in gran parte dovuto alle imposte indirette, per effetto, in particolare, dell’aumento dell’aliquota Iva dal 2016 e delle clausole di salvaguardia sulle accise, misure introdotte con la legge di Stabilità 2015.

Il dato su cui riflettere è però anche un altro. La classifica redatta dalla Cgia di Mestre è sulle medie ufficiali, influenzate – come è naturale sia – dai tassi ufficiali di disoccupazione. Non contempla perciò il lavoro nero e i redditi relativi, che sottraggono una quota importante all’erario statale e alle casse degli enti locali. Solo attingendo a piene mani alla retorica fiscale e legalista (più che legale) si può legere questo fenomeno come una inclinazione ai comportamenti illegali: il lavoro nero è spesso causato dall’eccessivo peso fiscale che lo Stato italiano impone ai cittadini e alle imprese. Un peso fiscale che serve a pagare una macchina statale vecchia, non efficiente, poco efficace e ipertrofica in termini di dipendenti pubblici. 

Se ne desume che la migliore medicina per rendere più piatta la curva del carico fiscale sulle regioni è abbassare l’esazione fiscale in tutto il Paese, alleggerire la macchina pubblica, rendendola più efficiente e più legata a criteri privatistici di gestione delle risorse umane e tecniche. Questa sarebbe la premessa corretta – anche sotto il profilo etico – per approvare norme più severe in tema di evasione fiscale, che è una piaga e resterà tale fino a quando in Italia i cittadini (e le imprese) non percepiranno di essere depredati per mantenere una banda di delinquenti che profittano del denaro dei contribuenti. 

(Credit: AGI) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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