ISIS minaccia l’Italia: ‘Siamo a Sud di Roma’. Pubblicato video decapitazione 21 copti egiziani

Il ministro: “Notizie allarmanti a 200 miglia marine da noi”. Evacuata ambasciata italiana a Tripoli. Dal Governo a più voci: Italia pronta a uso forza nel quadro delle Nazioni Unite. Ma non serve l’ONU per difendere l’Italia. I riferimenti all’articolo 51 dello Statuto ONU e l’Articolo V del Trattato di Washington (NATO). Berlusconi: “sì a intervento militare”


Roma – I jihadisti libici di Ansar al-Sharia legati al sedicente Stato Islamico hanno diffuso il video dal titolo “Un messaggio firmato con il sangue alla Nazione della Croce“, che mostra la decapitazione “di decine” di persone in Libia. Lo ha riferito Rita Katz, direttrice di Site Intelligence Group, il think tank americano che monitora i siti jihadisti in tutto il mondo. Si tratta dei 21 egiziani copti rapiti in Cirenaica e per i quali il presidente al-Sisi aveva ordinato l’evacuazione dalla Libia di tutti i connazionali.

Nei giorni scorsi l’esecuzione era stata annunciata nel nuovo numero della rivista del cosiddetto Stato Islamico, Dabiq.

Nel video esplicite minacce all’Italia, quando i poveri 21 egiziani vengono decapitati su una spiaggia libica, con l’effetto cromatico del mare che si tinge di rosso per il loro sangue versato come martiri critiani. “Prima ci avete visti su una collina della Siria. Oggi siamo a sud di Roma… in Libia”, è l’annuncio.

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È in corso l’operazione di rimpatrio di un nutrito gruppo di italiani residenti in Libia, dove la situazione sembra precipitare rapidamente, tanto che domenica la Farnesina ha ordinato l’evacuazione dell’ambasciata a Tripoli, una mossa che deve essere stata decisa giorni fa, ma attuata solo oggi dopo aver messo in sicurezza il materiale strategico presente nella legazione diplomatica, l’unica europea ancora attiva. “L‘ambasciata d’Italia a Tripoli ha sospeso oggi le sue attività in relazione al peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il personale è stato temporaneamente rimpatriato via mare. I servizi essenziali saranno comunque assicurati”, si precisa in un comunicato della Farnesina, senza spiegare però con quale personale. 

“La chiusura temporanea della nostra ambasciata è avvenuta in modo tempestivo e ordinato e di questo ringrazio i responsabili della Farnesina e delle altre amministrazioni che hanno collaborato all’operazione. La chiusura si è resa necessaria a causa del deteriorarsi della situazione in Libia”, così il ministro degli esteri Gentiloni. “L’Italia – ha sottolineato il ministro – rimane al lavoro con la comunità internazionale per combattere il terrorismo e ricostruire uno stato unitario e inclusivo in Libia, sulla base del negoziato avviato dall’inviato speciale dell’Onu Leon, al quale continuerà a partecipare il nostro inviato speciale ambasciatore Buccino”. 

“Il peggioramento della situazione (in Libia) richiede ora un impegno straordinario e una maggiore assunzione di responsabilità, secondo linee che il governo discuterà in Parlamento a partire dal prossimo giovedì 19 febbraio”, annuncia il ministro degli Esteri, che conclude precisando come  l’Italia promuova “questo impegno politico straordinario ed è pronta a fare la sua parte in Libia nel quadro delle decisioni delle Nazioni Unite”.

Troppo tardi giovedì, perché per l’Italia potrebbe risultare necessario agire prima, visto il rapido evolversi degli eventi. Superfluo il quadro delle Nazioni Unite, visto che siamo in presenza di minacce dirette alla sicurezza nazionale e si potrebbe essere indotti ad agire prima della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e di una Risoluzione che autorizzi l’uso o la minaccia dell’uso della forza,affidando un preciso mandato sulla Libia a una coalizione guidata dall’Italia.

L’Italia sarebbe gradita non solo dal governo e dal parlamento legittimo della Libia, ma anche da Tunisia ed Egitto, che potrebbero – anzi dovrebbero – essere chiamati a bonificare il Paese nel quadro della solidarietà musulmana e nord-africana.

Tuttavia, il richiamo alle Nazioni Unite è superfluo per due ordini di ragioni.

Come membro delle Nazioni Unite, l’Italia può evocare il diritto alla legittima difesa ai sensi dell’Articolo 51 dello Statuto dell’ONU, che recita:

“Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva in caso di attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, finché il Consiglio di Sicurezza abbia adottato le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure adottate dai Membri nell’esercizio del diritto di legittima difesa devono essere tempestivamente comunicate al Consiglio di Sicurezza e non devono in alcun modo toccare l’autorità e la responsabilità del Consiglio di Sicurezza sotto il vigore del presente Statuto di prendere in qualsiasi momento le misure che ritiene necessarie per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

Come Stato membro dell’Alleanza Atlantica, l’Italia può chiedere al Consiglio Nord-Atlantico l’attivazione della cosiddetta “solidarietà difensiva” (o difesa collettiva) insita nell’articolo 5 del  Trattato di Washington (o Trattato Nord-Atlantico), che così stabilisce: “

Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte e di conseguenza convengono che, se si verifica un tale attacco, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto dei singoli o di autodifesa collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, compreso l’uso di armati forza, per ripristinare e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale.

Ogni attacco armato e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate al Consiglio di Sicurezza. Tali misure dovranno essere sospese quando il Consiglio di Sicurezza ha adottato le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionale.

Dal che si dimostra come l’Italia chieda l’intervento delle Nazioni Unite per incapacità politica ad assumersi – anzitutto di fronte ai propri cittadini – la responsabilità del fallimento dei tagli alla Difesa portati avanti in modo incosciente negli ultimi 30 anni. I nodi oggi vengono al pettine.

Berlusconi: “sì ad azione militare”

“Accogliamo con favore l’intento del Governo di non abdicare alle responsabilità che ci derivano dal ruolo che il nostro paese deve avere nel Mediterraneo e nella difesa del nostro continente, della sua civiltà e dei suoi valori di libertà, oggi minacciati. Un intervento di forze militari internazionali, sebbene ultima risorsa, deve essere oggi una opzione da prendere in seria considerazione per ristabilire ordine e pace”. Lo ha affermato in una nota Silvio Berlusconi, intervenendo sulla crisi in Libia.

“La drammatica evoluzione della situazione in Libia è la dimostrazione di quanto furono sbagliate le scelte occidentali relative al Nord Africa negli anni passati“, ha ricordato Berlusconi senza citare Nicolas Sarkozy, che di quella infausta mossa fu il mossiere e ne porta intere tutte le responsabilità politiche e storiche. “Scelte – ha rilevato il leader di Forza Italia – che non abbiamo mai mancato di criticare e denunciare, ben prefigurando quali nefasti scenari futuri avrebbero prodotto. Oggi – ha aggiunto – purtroppo la realtà ci dà ragione. L’Italia non può tollerare la minaccia derivante dall’esistenza di un califfato dichiaratamente ostile alle proprie porte, sulle coste di uno Stato, la Libia appunto, ormai totalmente fuori controllo e distante poche centinaia di chilometri dalle nostre coste”.

Berlusconi ha però ricordato che “Forza Italia, in questi venti anni, sia da forza di Governo che di opposizione, non ha mai rinunciato ad assumersi le proprie responsabilità e anche oggi è pronta a contribuire in modo costruttivo alle difficili scelte che il nostro paese dovrà prendere. Ci auguriamo che l’Esecutivo voglia al più presto coinvolgere il Parlamento tutto nell’assunzione di decisioni che, per la loro gravità, debbono trascendere le appartenenze di parte e di schieramento“.

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