L’imam di Al-Azhar: “per fermare l’estremismo islamico occorre una riforma dell’insegnamento religioso”

Per Ahmed al-Tayeb è urgente stilare un nuovo curriculum di studi per evitare una “cattiva interpretazione” del Corano e della sunna. Il terrorismo islamico mette in crisi l’unità del mondo musulmano. Ma il riferimento al “nuovo colonialismo globale alleato al sionismo mondiale” è vomitevole. Il re saudita Salman contro i jihadisti

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Mecca – Il grande imam di Al-Azhar, la più autorevole università del mondo islamico sunnita, ha dichiarato due giorni fa l’urgenza di una radicale riforma dell’insegnamento religioso fra i musulmani per contenere la diffusione dell’estremismo religioso. Lo ha riportato l’agenzia AsiaNews, del Pontificio Istituto Missioni Estere.

Domenica scorsa, parlando a un seminario alla Mecca sul tema “L’islam e la lotta contro il terrorismo“, Ahmed al-Tayeb ha sottolineato che l’estremismo è prodotto da una “cattiva interpretazione del Corano e della sunna (ossia la tradizione degli hadith del profeta Mohammed, raccolti molto tempo dopo la sua morte, ndr). “. “Vi è stata un’accumulazione storica di tendenze estremiste“, ha sottolineato al-Tayeb, e questa cristallizzazione ha portato alcune persone ad abbracciare una forma errata dell’islam.

L’unica speranza per recuperare l’unità della nazione musulmana (la Ummah, ndr)  – ha aggiunto – è di contrastare in scuole e università questa tendenza“. A questo fine, il grande imam di Al-Azhar ha suggerito l’introduzione di uno speciale curriculum di studi per correggereconcetti falsi e ambigui“, proponendo l’insediamento di una conferenza di accademici musulmani per rafforzare i valori comuni dell’islam, per educare i fedeli di ogni Paese a praticare quanto deciso.

Il discorso di al-Tayeb è arrivato dopo la lunga serie di orrori nazislamisti del sedicente Stato Islamico, commessi nel quadro di una ‘purificazione’ dell’islam e di combattere i nemici dei musulmani, attingendo a piene mani alle teorie hanbalite dei filosofi ‘rivoluzionari’ del XIII-XIV Secolo, come Ibn Taymiyyah, ispiratore del wahabismo e delle teorie dei Fratelli Musulmani egiziani fondati nel 1928 da Hasan al-Banna.

Il 4 febbraio scorso, dopo la pubblicazione del video della orripilante esecuzione del capitano dell’aviazione militare giordana Muad al-Kasaesbeh, bruciato vivo in una gabbia, Al-Azhar diffuse subito un comunicato di condanna contro “i crimini barbari” del cosiddetto Stato Islamico (che è riconosciuto solo da movimenti terroristici jihadisti, ndr). Per i jihadisti Al-Azhar ha invocato la punizione prevista dal Corano per coloroche combattono Dio e il suo profeta: la morte, la crocifissione o l’amputazione delle loro mani e piedi“. Dichiarazioni che hanno sollevato più di un interrogativo e poche reazioni degli intellettuali, o sedicenti tali, di sinistra, sempre pronti a pontificare sulla grandezza delle culture non occidentali, ma muti di fronte a queste parole di difficile digestione. 

Alla Mecca, Al-Tayeb non ha citato in modo esplicito l’organizzazione di al-Baghdadi, ma ha parlato di “gruppi terroristi… che hanno scelto pratiche selvagge e barbare“.

Tuttavia, l’imam di Al-Azhar ha usato parole significative sulla radice delle tensioni in Medio Oriente, attribuendole a una cospirazione  da parte di un nuovo colonialismo globale alleato al sionismo mondiale“, che secondo al-Tayeb cavalcherebbe le “tensioni confessionali” presenti in Iraq, Siria, Yemen e Libia. Desolante. 

All’apertura del seminario, durato tre giorni, il principe Khaled Al-Faisal al-Saud, governatore della Mecca, ha letto un discorso del nuovo re saudita, Salman, in cui il monarca custode dei due Luoghi Santi dell’islam ha affermato che “il terrorismo è una piaga prodotta da un’ideologia estremista” che si pone come “una minaccia alla comunità musulmana e al mondo intero“. Per re Salman, il terrorismo jihadista porta a vedere i musulmani come dei “colpevoli”, ma anche una “fonte di paura e di preoccupazione“, oltre a minare i legami fra le nazioni islamiche e quelle non islamiche.

(Credit: AsiaNews)