Netanyahu al Congresso americano: “No all’accordo sul nucleare con l’Iran”. Obama: “nulla di nuovo” (video integrale)

Il nucleare iraniano è “una minaccia non solo per lo stato d’Israele e per il popolo israeliano ma anche per la pace nel mondo”. Netanyahu e Obama sono entrambi in campagna elettorale. Il primo ministro israeliano tenta di scavalcare l’ultradestra ortodossa in vista delle elezioni del prossimo 17 marzo, Obama cerca di aiutare come può la corsa di Hillary Rodham Clinton alla Casa Bianca per le presidenziali del 2016, ma entrambi sono accomunati da una certa propensione alla menzogna (più Obama…)

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Washington – Quello sul nucleare iraniano “è un cattivo accordo e staremmo meglio senza: non impedirà lo sviluppo di armi atomiche e anzi garantirà all’Iran la possibilità di svilupparne, e anche molte”. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel suo intervento davanti al Congresso degli Stati Uniti ha sottolineato come il nucleare iraniano rappresenti “una minaccia non solo per lo stato d’Israele e per il popolo israeliano ma anche per la pace nel mondo”. Perché di Teheran “non ci si può fidare”, ha avvertito, e non c’è pericolo più grande, “di un connubio tra ” l’Islam militante e le armi nucleari”.

Per tentare una manovra di ricucitura con la Casa Bianca e di attenuare le polemiche che hanno preceduto il suo discorso di fronte al Corpo Legislativo degli Stati Uniti d’America, Netanyahu ha ringraziato il presidente Barack Obama per il supporto a Isreale e ha indicato come l’alleanza tra i due Paesi “sia sempre stata al di sopra della politica”

Tuttavia, questo non significa, ha affermato, che “se Israele dovesse rimanere da sola non reagirebbe alla minaccia del nucleare. Ma non sarà così – ha detto – perché l’America sta con Israele, voi state con Israele”.

Occorre “essere uniti per fermare la marcia dell’Iran” che supporta il terrorismo e minaccia di “annientare Israele“. E se il regime iraniano “è vulnerabile” e deve essere messo sotto pressione per arrivare a un accordo efficace sul nucleare, le minacce non devono essere sottovalutate perché il regime iraniano non è un problema solo degli ebrei come non lo era in nazismo. “Il leader supremo iraniano Khamenei scrive su Twitter, in inglese, che Israele deve essere distrutto – ha osservato Netanyahu – eppure internet non è libero in Iran“.

Se Teheran “vuole essere trattato come un Paese normale – ha proseguito – deve agire come un Paese normale, smettendola di minacciare i vicini“. Netanyahu ha dunque esortato gli Usa a non farsi ingannare dal comune interesse nella lotta contro il sedicente Stato Islamico, rimodulando il noto detto ‘il nemico del tuo nemico è tuo amico’: nel caso dell’Iran, ha affermato il premier israeliano, “il nemico del tuo nemico è tuo nemico“.

La reazione di Barack Obama, che aveva dichiarato non avrebbe seguito in diretta il discorso del premier israeliano, non si è fatta comunque attendere, anche se con la precisazione deliberata per ‘mortificare’ l’interlocutore: ho letto la trascrizione del discorso, perché mentre Netanyahu parlava il presidente americano era impegnato in una “conference call con i leader europei sull’Ucraina”.

Tuttavia, la critica è stata ferma: da Netanyahu “nulla di nuovo”, è stato il commento. “Non ha offerto alcuna alternativa fattibile“, ha attaccato Obama nella sua replica, durata 11 minuti.

Obama ha però invitato il Congresso ad aspettare “che vi sia un accordo” prima di commentarlo, considerando che la prima scadenza per l’intesa quadro è alla fine di marzo e che il segretario di Stato, John Kerry, è impegnato in queste ore nelle negoziazioni a Ginevra.

Va notato che una una sessantina di parlamentari democratici hanno boicottato il discorso di Netanyahu, considerandolo uno “spot elettorale” in vista delle elezioni del prossimo 17 marzo. Tuttavia, l’accoglienza dei presenti è stata particolarmente calorosa, con continui applausi e standing ovations.

Per Netanyahu è stato il terzo discorso a Capitol Hill, dopo quello del 1996 al suo primo incarico da premier e quello del 2011. Solo il primo ministro israeliano in carica e Winston Churchill hanno avuto questo onore, sottolineato anche dal busto del premier britannico che lo speaker della Camera, John Boehner, ha regalato a Netanyahu.

Il problema è che Obama e Netanyahu sono accomunati da una certa propensione alla menzogna. Netanyahu sembra abbia volutamente esagerato i pericoli del programma nucleare iraniano, a dispetto delle informazioni fornitegli dal Mossad, ma non sbaglia quando afferma che l’estalishment dell’Iran per essere creduto deve cambiare tono e smettere di minacciare Israele.

Obama ha fallito su tutta la linea la politica estera americana del proprio doppio mandato ed è alla ricerca di un successo per occultare – come la polvere sotto il tappeto – questo fallimento totale, che va dalla politica in Afghanistan e dal ritiro intempestivo delle truppe in quel Paese al Pakistan, dall’Egitto alle cosiddette primavere arabe, fino alla gestione della politica europea, sia nei confronti della Germania neo-egemonica che nei confronti della Russia, attraverso i giochetti geopolitici condotti in Ucraina. Per non parlare della Siria, dove il fallimento ha un nome e un cognome: Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi.

Del resto, i democratici che accusano Netanyahu di strumentalizzazione elettorale sono l’esempio della menzogna democratica: Obama tenta di raggiungere un successo (che potrebbe non essere tale, se non inserito in un quadro negoziale che comprenda la normalizzazione dei rapporti tra Iran e Israele) per lanciare la volata a Hillary Rodham Clinton nella corsa alla Casa Bianca nel 2016. Ammesso e non concesso che documenti sulla strage di Bengasi nel 2012 o altre discutibili decisioni dell’allora segretario di Stato americano non divengano armi efficaci con cui i Repubblicani possano ritornare al 1600 di Pennsylvania Avenue…

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