Il settore calzaturiero reagisce alla crisi: tra 2008 e 2014 l’export è aumentato del 20 per cento

Tuttavia le imprese fuori o quasi dalla recessione sono il 41,7 per cento, sengo che molto deve essere fatto ancora in termini di internazionalizzazione delle imprese. Strategico l’e-commerce

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Roma – Il settore calzaturiero italiano è uno dei comparti dell’economia nazionale che più di altri ha saputo reagire alla crisi. Nell’intero periodo della crisi dell’economia (tra il 2008 e il 2014), il settore è riuscito a generare una crescita complessiva delle esportazioni in valore del +20,3 per cento e del saldo commerciale positivo del +17,5 per cento, per cento, in un momento segnato dal pesantissimo calo dei consumi interni.

Questo il dato che emerge da “Shoe Report 2015”, il settimo rapporto annuale sul settore calzaturiero italiano, presentato a Roma da Assocalzaturifici.

Le imprese calzaturiere hanno mostrato di saper reagire con costanza rispetto ad un ciclo economico dall’andamento a “denti di sega” (con discese, risalite, nuove discese e quindi risalite ulteriori), sfruttando il traino di un export che, malgrado tutto, si è mostrato “resistente”: +3,0 per cento in valore nel 2014, con una dinamica più ridotta rispetto agli anni precedenti che ha comunque permesso di recuperare la caduta verso il basso registrata nel 2009 (-15,9 per cento).

Un altro elemento positivo è l’aumento del prezzo medio a paio che, a fronte di un significativo calo in quantità (-34,8 per cento), ha fatto registrare solo una lieve contrazione in valore (-1,2 per cento): un dato che può essere tradotto in un esplicito riconoscimento della qualità delle calzature italiane da parte dei mercati internazionali.

Il rapporto mostra come le imprese stiano elaborando una “trasformazione selettiva” del proprio modo di operare grazie ad atteggiamenti e a comportamenti di “resilienza”, che servono ad affrontare l’andamento alternante del ciclo. Considerando la percezione delle aziende rispetto alla crisi, le imprese che si trovano sostanzialmente fuori dalla crisi o quasi sono il 41,7 per cento del campione intervistato, mentre quelle che presentano dei segnali positivi, ma che usciranno dall’attuale fase negativa dal 2015 in poi, rappresentano il 41,6 per cento del totale. Tende invece a stabilizzarsi la quota di quelle che si trovano ancora dentro il ciclo problematico: a gennaio 2015 sono il 16,7 per cento, a fronte del 17,4 per cento del 2014.

Inoltre, emerge sempre di più come elemento strategico per il settore l’allargamento del processo di internazionalizzazione, utilizzato come leva particolarmente potente di trasformazione del tessuto produttivo, che si apre peraltro anche ad altri processi innovativi di contorno. Cresce la quota delle imprese medio-esportative, con un fatturato estero tra il 10 per cento e il 50 per cento del totale (tra il 2012 e il 2014 passano dal 25,0 per cento al 30,1 per cento) e quella delle imprese fortemente esportative, con un fatturato estero tra il 50 per cento e il 90 per cento del totale (tra il 2012 e il 2014 passano dal 35,8 per cento al 42,5 per cento).

Per implementare le strategie di internazionalizzazione le imprese stanno cominciando ad aprirsi a processi “trasformativi” di contorno, come ad esempio la collaborazione tra imprese – che interessa più di 1/3 delle aziende intervistate (34,2 per cento) – e la graduale maturazione in tema di e-commerce: le aziende che hanno cominciato ad utilizzare tale strumento salgono, tra il 2011 e il 2014, dal 21,1 per cento al 25,3 per cento e quelle che non lo hanno ancora utilizzato, ma pensano di utilizzarlo oppure stanno predisponendo un progetto, passano dal 31,7 per cento al 33,4 per cento.

(askanews)

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