Tajikistan, ex jihadista fugge da ISIS e racconta incubo vissuto: Dovevamo uccidere tutti, senza pietà, pure bambini

Un giovane tajiko è riuscito a far ritorno in patria e a raccontare come è stato reclutato dai militanti dello Stato islamico. I terroristi volevano costringere lui e i suoi compagni a uccidere bambini, donne, ebrei, sciiti. Il governo di Dushanbe ha vietato il pellegrinaggio alla Mecca per i cittadini al di sotto dei 35 anni, perché i viaggi contribuiscono alla diffusione di idee radicali tra i più giovani

Foto di repertorio
Foto di repertorio

Dushanbe – “Ci dicevano: «Dovete uccidere i bambini senza pietà. Dovete uccidere le donne, gli ebrei, gli infedeli e gli sciiti. Dovete ucciderli tutti»”. È la testimonianza di un giovane uomo tajiko, reclutato a Mosca dai miliziani del sedicente Stato Islamico per combattere in Siria, riuscito a fuggire dall’orrore vissuto.

L’uomo, condotto in Turchia, ha potuto far ritorno nel suo Paese di origine e ha raccontato al sito Radio Free Europe/Radio Liberty come i terroristi hanno adescato lui e altri uomini attraverso internet: “Esistono siti online che dicono: «Questa è la vera strada, la strada di Allah». Ma abbiamo anche ascoltato prediche che promettevano grandi ricompense per coloro che diventavano martiri“, ha raccontato.

Partito dalla Russia, l’uomo si è reso conto delle conseguenze della sua scelta solo quando è arrivato in Turchia. Ha raccontato che insieme ad altri compagni credevano di dover andare in Siria per studiare, non per combattere. I jihadisti fondamentalisti invece incitavano a uccidere in modo brutale chiunque incontrassero, anche donne e bambini. Se fossero morti da martiri poi, le loro mogli “avrebbero sposato altri jihadisti“.

Il reclutamento di combattenti stranieri da parte del sedicente e autoproclamato ‘califfato’ è diventato un problema evidente in diversi Paesi dell’Asia centrale, che hanno avviato iniziative per proteggere i territori di frontiera con l’Afghanistan. Di recente il Gruppo Internazionale sulle Crisi (ICG) ha pubblicato un rapporto in cui si stima che siano tra 2 e 4 mila i cittadini di origine centro-asiatica unitisi ai jihadisti iislamici in Siria negli ultimi tre anni.

Lo scorso dicembre, il presidente tajiko Emomali Rakhmon ha ammesso che diversi giovani hanno raggiunto i miliziani in Medio Oriente e ha descritto il sedicente Stato Islamico come “una piaga moderna che pone una seria minaccia alla sicurezza globale“. Rakhmon ha aggiunto che i cittadini tajiki combattenti nelle fila dei terroristi islamici “provocano l’instabilità della società“, perché sono reclutati nel Paese attraverso le nuove forme di comunicazione.

Il 13 aprile scorso, la Commissione per gli Affari Religiosi e Culturali ha deciso di rispondere all’appello del presidente – che lo scorso mese ha invitato tutte le autorità a promuovere lo sviluppo di una società laicae ha vietato i pellegrinaggi alla Mecca (hajj) per coloro che non superano i 35 anni.

Il Comitato sostiene che il bando sia un tentativo utile per prevenire la formazione di idee radicali tra i più giovani. Al contrario per i musulmani più anziani, secondo gli esperti, l’iniziativa potrebbe essere una grande opportunità per intraprendere il pellegrinaggio, dal momento che l’Arabia Saudita ha limitato il numero annuale dei fedeli che si recano nei luoghi sacri.

Il bando del Comitato si aggiunge a una serie di misure attuate dal governo di Dushanbe per diffondere i principi della laicità dello Stato, in un Paese in cui i musulmani sono il 97% su 8 milioni di abitanti. Le autorità tajike hanno già vietato l’uso del velo per le studentesse, l’ingresso dei minori nelle moschee e costretto al ritorno in patria migliaia di studenti che si stavano formando all’estero in scuole islamiche.

(AsiaNews)

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