La ‘rivoluzione’ del divorzio breve in cinque mosse, obiettivo semplificare (ma di aiutare le famiglie, manco l’ombra)

Con il voto finale della Camera dei Deputati, cambiano i tempi per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, per cui non saranno più necessari tre anni, ma – nella peggiore delle ipotesi – solo un anno. Plauso dei matrimonialisti, severe critiche del mondo cattolico

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Roma – La legge sul divorzio ha avuto ieri una definitiva modificazione, con l’introduzione di una procedura più veloce per giungere allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio. Il voto alla Camera dei Deputati è stato netto: 398 voti a favore, 28 no e sei astensioni. In totale 432 voti, su 630 deputati: sarebbe interessante capire gli altri 198 dipendenti del popolo sovrano dove fossero e cosa facessero (al netto di missioni, lavori di commissioni, malattie).

Per effetto della riforma, non sarà più necessario attendere tre anni di separazione legale – termine finora imposto, come ‘pausa di riflessione’ per addivenire un ricongiungimento e un superamento della crisi – per lo scioglimento del matrimonio.

Il presidente del Consiglio ha espresso su Twitter, la soddisfazione dell’esecutivo: “Il divorzio breve è legge. Un altro impegno mantenuto. Avanti, è #lavoltabuona”.

Del resto, quando si è in difficoltà su altri fronti, la regola generale della comunicazione è occupare la scena e valorizzare aspetti a favore.

La legge prevede cinque punti fondamentali:

(A) Separazioni giudiziali. Nelle separazioni giudiziali si applicherà la riduzione da tre anni a dodici mesi della durata minima del periodo di separazione legale ininterrotta dei coniugi che legittima la domanda di divorzio.

(B) Separazioni consensuali. Nelle separazioni consensuali si applicherà invece una riduzione a sei mesi della durata del periodo di separazione ininterrotta dei coniugi, prima della proposizione della domanda di divorzio. Il termine più breve sarà applicato anche alle separazioni inizialmente contenziose, si trasformano in consensuali.

(C) Separazioni in corso. La cessazione del matrimonio può essere chiesta da uno dei coniugi o da entrambi se è stata pronunciata la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto, quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970.

(D) Separazione dei beni. Sono anticipati i tempi della separazione dei beni, che le norme finora vigenti fissano al momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione personale e che, con il via libera al provvedimento, avviene invece nel momento in cui il giudice autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale.

(E) Affidamento dei figli. Per quanto riguarda l’affidamento dei figli e il loro mantenimento, la sentenza del giudice sarà valida anche dopo l’estinzione del processo, fino a che non sia sostituita da un altro provvedimento emesso a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi in seguito a un ricorso per il divorzio.

IL PARERE FAVOREVOLE DEI MATRIMONIALISTI – “Finalmente, con il varo della legge che introduce il divorzio breve in Italia, il diritto di famiglia italiano entra in Europa“. Così in una nota Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Associazione degli Avvocati Matrimonialisti Italiani. “Il sigillo della Camera apposto oggi – ha commentato ieri il legale – segna una nuova era. Quando le separazioni sono consensuali e non ci sono particolari difficoltà, in teoria si potrebbe sciogliere il matrimonio in 8/9 mesi. Restano invece le criticità di sempre per le separazioni giudiziali: il termine di 12 mesi per proporre il divorzio dall’inizio della separazione è assolutamente ottimistico, conoscendo i tempi della giustizia italiana”.

“Pertanto – continua l’avvocato Gassani – nelle procedure contenziose l’attesa resterà lunga, considerato che per chiedere il divorzio bisogna definire con sentenza la separazione”. Gassani ha poi ricordato che “la legge che introduce il divorzio breve va salutata positivamente e considerata come il primo passo per arrivare all’abrogazione della inutile fase della separazione” e che ora “urgono riforme non più a costo zero per il varo del Tribunale per la Famiglia, che presuppone investimenti importanti e soprattutto una normativa che offra una minima tutela alle coppie di fatto, che sono una realtà indiscutibile”.

LE CRITICHE DAL MONDO CATTOLICO – Di altro tenore le reazioni dal mondo cattolico. Da ‘Famiglia Cristiana’ un duro attacco. “Da oggi in Italia basteranno appena sei mesi per rompere il legame matrimoniale ed essere divorziati; al massimo un anno, se si decide di ricorrere al giudice, contro i tre anni che servivano fino a oggi”, scrive Antonio Sanfrancesco in un articolo di commento.

“Un tempo – si rileva – che diversi esperti, psicologi e mediatori familiari, considerano necessario per consentire alla coppia quantomeno di riflettere sulla propria decisione. Soprattutto se ci sono di mezzo i figli. Non sono poche le coppie che magari dopo un attento esame e una pausa di riflessione, opportunamente aiutati, cambiano idea e non si separano più”.

“Il Parlamento ha offerto dunque una prova di forza trasversale a danno, ancora una volta, della famiglia”, continua Sanfrancesco, che poi rileva: “ridurre il matrimonio e il suo significato giuridico e sociale a qualcosa di sempre più simile a un patto elastico di convivenza, che si può sciogliere in brevissimo tempo e con estrema facilità, è un pericolo per tutti a cominciare dai figli. A parole – conclude il duro articolo del settimanale cattolico edito da ‘PERIODICI SAN PAOLO’ tutti i politici affermano di voler difendere e sostenere la famiglia ma purtroppo, nei fatti, si legifera in senso esattamente contrario come dimostra questa riforma”.

(Credit: askanet, Famiglia Cristiana) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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