A causa della crisi consumi delle famiglie tornati indietro di 16 anni. Suicidio dell’Europa (eutanasia dell’Italia)
La Corte dei Conti certifica che nel 2014 risultano inferiori del 7,7% rispetto al 2007, tornati al livello del 1999. In sette anni i salari in termini reali sono caduti dell’1,3%. Una politica europea sbagliata, una classe politica inchinata ai propri fallimenti che mettono a rischio la democrazia
Roma – I consumi delle famiglie, a causa della crisi, sono tornati ai livelli del secolo scorso. Nel 2014 risultano inferiore del 7,7% rispetto al 2007 e sono tornati al livello del 1999 (a quello del 1997 se misurati in termini pro-capite). Lo ha rilevato la Corte dei conti nel documento depositato al Senato in occasione delle audizioni sul Documento di economica e finanza. ”Il 2007 appare ancora molto lontano per l’Italia”, ha osservato la magistratura contabile.
Solo le esportazioni non sono così distanti dai livelli pre-crisi (-1,4 per cento), mentre per tutte le altre componenti della domanda i divari risultano molto ampi. Il Pil alla fine del 2014 si è rivelato dell’8,9 per cento inferiore al livello del 2007, vicino al livello del 2000. Un risultato simile a quello dei consumi delle famiglie, inferiori del 7,7 per cento al 2007; la caduta degli investimenti è stata impressionante: hanno perso 1/3 del loro valore rispetto al 2007.
Nonostante la crescita registrata nel 2014, la riduzione di occupazione rispetto al 2007, osserva la Corte dei conti, “rimane imponente“: le unità di lavoro sono cadute di 800 mila, il tasso di disoccupazione è cresciuto di 6,6 punti percentuali, avendo raggiunto il 13 per cento alla fine del 2014 (3,4 milioni di persone). Anche considerando l’elevata reattività ciclica mostrata dall’occupazione lo scorso anno e le innovazioni normative introdotte, il riassorbimento dei posti di lavoro persi durante la lunga recessione sarà un processo lungo.
Durante i sette anni di crisi, le retribuzioni lorde pro-capite sono cresciute dell’11 per cento nella media dell’intera economia, con un picco del 21 per cento nel settore manifatturiero. Tuttavia, poiché i prezzi sono cresciuti nello stesso periodo del 12,3 per cento, osserva la Corte dei conti, i salari in termini reali sono caduti dell’1,3 per cento. La produttività (misurata come Pil per addetto) è diminuita anch’essa (-2,1 per cento), alzando il costo unitario del lavoro del 12 per cento.
Secondo la magistratura contabile questo “ha ulteriormente peggiorato la competitività di prezzo dell’Italia rispetto agli altri partner dell’area euro, e della Germania in modo particolare“. Nonostante i segnali di miglioramento scorti a partire dalla seconda metà del 2014, “la ripresa che si prospetta conserva un’intensità del tutto insufficiente a recuperare le ampie perdite di reddito e di prodotto subite nel corso della recessione“, conclude la Corte dei Conti, che in definitiva certifica l’incapacità della classe politica di affrontare la crisi con strumenti idonei.
Il documento della Corte dei Conti infatti mette in rilievo i numeri economici, ma non analizza i fenomeni retrostanti, tra cui la sfiducia dilagante nello Stato, in ogni aspetto a contatto con la vita della popolazione. Dalla scuola alla sanità, dal funzionamento del sistema giudiziario alla sicurezza, dalla burocrazia al fisco, il cittadino percepisce lo Stato come un nemico delle proprie attività, degli sforzi di creare lavoro e reddito.
La corruzione politica e burocratica, gli spettacoli indecenti forniti dai pubblici amministratori di ogni ordine e grado spingono al ribasso la lealtà fiscale della cittadinanza, disincentivano la libera iniziativa privata, favoriscono l’espatrio non solo dei cervelli, ma anche delle forze più propositive della società italiana, quelle imprenditoriali.
Il risultato è una politica economica genuflessa ai diktat dell’Unione Europea guidata indebitamente dalla Germania, che sta soffocando tutta l’Europa meridionale, con strumenti sbagliati che peggiorano la situazione. Sotto il profilo politico, questo si traduce in un moto di rifiuto degli strumenti democratici da una parte e dall’altra una sorta di neoassolutismo autoritario, che percuote i principi della separazione dei poteri con uno sbilanciamento delle prerogative statali verso l’esecutivo e una riduzione al minimo di quelle del Legislativo.
Sotto il profilo dei processi democratici, il peggio potrebbe ancora venire.
(CREDIT: ADNKRONOS) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Se hai gradito questo articolo, clicca per favore “Mi piace” sulla pagina Facebook di The Horsemoon Post (raggiungibile qui), dove potrai commentare e suggerirci ulteriori approfondimenti. Puoi seguirci anche su Twitter (qui) Grazie in anticipo!