Sisma in Nepal, oltre 2.500 morti. Dispersi 4 speleologi italiani. Rintracciati 2 fratelli toscani

Il presidente del Soccorso Alpino delle Marche Paola Riccio sui 4 speleologi di cui si sono perse le tracce: “Sono esperti, ma in questi casi conta la fortuna e non l’abilità tecnica”. Rintracciati i due fratelli fiorentini Daniel ed Elia Lituani: erano vicino a Pokhara. I genitori assicurano: “Stanno bene”. Personale dell’Unità di Crisi della Farnesina in partenza per il Nepal con una squadra della Protezione Civile

Il 'day after' del devatante terremoto in Nepal (Credit photo: Adnkronos/Xinhua)
Il ‘day after’ del devatante terremoto in Nepal (Credit photo: Adnkronos/Xinhua)

Roma – Quattro speleologi italiani sono irrintracciabili sull’Everest. “Non riusciamo più a metterci in contatto con quattro speleologi italiani in Nepal dal giorno del terremoto”, ha detto all’Adnkronos il presidente del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico delle Marche, Paola Riccio. “Non riusciamo più a sentirli dal momento del sisma – dice – sono Giuseppe Antonini, Gigliola Mancinelli e Oscar Piazza. Il quarto è Giovanni, ma il cognome devo verificarlo”. “Non era la prima volta che andavano – spiega Riccio – sono persone altamente qualificate, ma in questo caso credo che conti la fortuna e non la capacità tecnica“.

Stanno bene i due italiani – I due giovani toscani di 25 e 22 anni di cui non si avevano notizie da una settimana, sono stati rintracciati dai genitori tedeschi della fidanzata di uno di loro. “I ragazzi stanno bene, siamo sollevati”, ha dichiarato all’Adnkronos Dafi Krief, la madre dei due fratelli fiorentini, Daniel ed Elia Lituani, in viaggio in Nepal di cui non si avevano notizie da una settimana. “Non ci abbiamo ancora parlato perché lì sono saltate le comunicazioni ma l’amica di mio figlio è riuscita a mettersi in contatto con i genitori in Germania“, ha spiegato. I due giovani avevano “deciso di andare in Nepal”. “Erano vicino a Pokhara” dicono i genitori.

Il bilancio delle vittime intanto continua a salire: i morti sono più di 2.500 e i feriti quasi 6.400, ma purtroppo sono numeri provvisori e destinati a salire. Interi villaggi distrutti sono isolati.

Il premier Sushil Koirala ha lanciato un drammatico appello alla comunità internazionale per “aiuto e sostegno”. “Riusciremo a superare questo momento, qualunque sarà il costo per farlo”, ha affermato, chiedendo ai connazionali in questo momento “di fare il possibile” per salvare vite umane.

Molti dei morti sono bambini. Siamo sommersi dalle vittime“, ha affermato Pratap Narayan, del Teaching Hospital, che riunisce 12 ospedali nella capitale e nella valle di Katmandu. La regione è senza energia elettrica. Danneggiate le centrali idroelettriche. L’unico aeroporto internazionale del Paese, quello di Kathmandu, è parzialmente aperto.

A questo proposito ricordiamo la sottoscrizione aperta da UNICEF ITALIA per l’Emergenza Nepal.

Il centro della capitale e la valle di Katmandu con i suoi sette siti inseriti nella lista dell’Unesco, sono stati distrutti: la televisione nepalese parla del 90 per cento di stupa buddhisti, templi hindu e località storiche rase al suolo.

Dopo la scossa di sabato, ce ne sono state altra due di assestamento molto forti, una del grado 5,6 grado e una di 6,7, quest’ultima che ha causato una nuova valanga sull’Everest. Una lastra di ghiaccio è precipitata per 800 metri colpendo nuovamente il Campo Base, dove sabato c’erano state 18 vittime.

Si teme che nel picco della stagione, siano un migliaio gli scalatori nella regione. “Ho perso quattro persone del mio gruppo, due nepalesi, un cinese e un australiano. ma la situazione è talmente brutta che le brutte notizie hanno solo iniziato ad arrivare”, ha spiegato Temba Tsheri, sherpa della Dreamers destination treks and Expeditions, in una intervista all’agenzia di stampa cinese Xinhua.

Intanto attendono un volo che li riporti a casa i nove altoatesini, che partecipavano a un trekking organizzato dalla guida alpina di Lana, Hansjoerg Hofer. Il gruppo, che proprio oggi avrebbe terminato la spedizione iniziata il 9 aprile scorso, è bloccato a Kathmandu. Del team fa parte anche il meranese Roland Giovanazzi. Gli altoatesini stanno tutti bene e aspettano solo che l’aeroporto riprenda l’attività.

Un team dell’Unità di crisi del Minitero degli Esteri è in partenza per Kathmandu, per coordinare l’assistenza dei 300 italiani messi al sicuro in Nepal. Insieme ai funzionari della Farnesina partirà una squadra della Protezione Civile, che studierà l’invio degli aiuti umanitari di pronto intervento, probabilmente con l’utilizzo di aerei da trasporto dell’Aeronautica Militare Italiana. Il contributo italiano parte con qualche ritardo, ma la chiusura dello scalo della capitale nepalese avrebbe comunque reso più complesso l’arrivo degli aiuti italiani. Sembra escluso, infatti, un transito attraverso l’India…

(Credit: Adnkronos) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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