‘Caso Lo Porto’: il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha violato le norme sul segreto di Stato? (VIDEO)

Nella puntata di ‘Otto e mezzo’ su La7 del 24 aprile scorso, il ‘premier’ ha divulgato una notizia di rilievo strategico sul ruolo dei servizi di informazione e sicurezza nell’individuazione della identità di ‘Jihadi John’, il boia decapitatore dell’ISIS. Renzi aveva forse eliminato prima il segreto di Stato su quella informazione? Ovvero la notizia non era coperta da riserbo, quindi era possibile diffonderla pubblicamente?

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Verona – Il presidente del Consiglio dei Ministri, per effetto della Legge 3 agosto 2007 n. 124, è la massima autorità politica responsabile della politica nazionale sulla sicurezza e, in questa veste, ne ha l’alta direzione, dispone l’apposizione e la tutela del segreto di Stato, che può confermare o revocare; nomina e revoca i direttori e i vice direttori del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS) e dei due ‘servizi segreti’, l’AISE (Agenzia Informazioni Sicurezza Estera) e AISI (Agenzia Informazioni Sicurezza Interna).

Infine, il ‘capo del Governo’ (latu sensu, visto la vigente normativa che regola le attività del Consiglio dei Ministri) determina l’ammontare delle risorse finanziarie destinate ai ‘Servizi’ (DIS, AISE e AISI).

Il vertice politico nazionale detiene dunque un potere esclusivo di assoluto rilievo nella politica nazionale sulla sicurezza e la gestione del segreto di Stato.

Nella puntata di ‘Otto e mezzo’ del 24 Aprile scorso, su La7, l’attuale presidente del Consiglio dei Ministri ha rivelato un’informazione che – a rigor di logica – dovrebbe essere essere coperta da segreto di Stato o, in subordine, dovrebbe rientrare tra quelle informazioni o notizie di cui sia stata vietata la divulgazione, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 256 del Codice Penale (Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato) e del successivo articolo 262 CP (Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione).

Di quale notizia stiamo parlando?

Intervistato da Lilli Gruber sul ‘caso Lo Porto’, a un certo punto Renzi ha rivelato: “Posso dire dottoressa Gruber che i nostri servizi sono stati decisivi per andare a individuare il boia dell’ISIS? Quell’uomo inglese che decapita nelle immagini (), è un cittadino che è stato riconosciuto attraverso il lavoro dei nostri servizi” (nel video sottostante dal minuto 13’40”).

(Per rivedere la puntata integrale di ‘Otto e mezzo’ del 24 Aprile 2015, cliccare qui)

Una dichiarazione che il presidente del Consiglio dei Ministri innestava in un ragionamento più ampio sulla efficace collaborazione tra intelligence italiana e americana, a fronte delle polemiche che hanno investito il Governo italiano e l’Amministrazione Obama sui tempi e sui modi di divulgazione della morte del cooperante internazionale Giovanni Lo Porto, deceduto in Afghanistan durante un bombardamento della CIA effettuato con droni, ma di cui lo spionaggio americano avrebbe avuto contezza solo a operazione fatta.

Noi pensiamo sia grave che il presidente del Consiglio abbia divulgato in diretta televisiva una notizia di così grave rilevanza per la sicurezza nazionale. Dalla divulgazione potrebbe derivare un innalzamento dei rischi per le risorse di intelligence italiane all’estero; ma anche per la sicurezza dei cittadini italiani in Italia e nel mondo, che potrebbero essere per questo motivo destinatari di atti di rappresaglia imprevedibili.

A nostro modo di vedere, questa imprudente divulgazione concreterebbe un reato ministeriale commesso in violazione degli articoli 256 e 261 (o 262) del codice penale, che normano i reati di procacciamento e rivelazione di notizie coperte da segreto di Stato o di informazioni di cui sia stata vietata la divulgazione per la loro intima connessione con la sicurezza nazionale.

Meraviglia come un fatto di tale grave non curanza – al limite della superficialità – non sia stato oggetto di rilievo giudiziario o politico, perché in realtà è l’ennesima dimostrazione di quale rilievo abbiano gli ambiti riguardanti la sicurezza e la dignità nazionale nella ‘narrazione’ del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, o dei ministri e viceministri di Esteri, Difesa e Interno, distintisi negli ultimi mesi per dichiarazioni roboanti a fronte di risultati assai modesti. Pensiamo, per esempio, al caso dei fucilieri della Brigata ‘San Marco’, ancora invischiati in India in un processo che non avrebbe mai dovuto avvenire (se i ministri degli Esteri che se ne sono occupati avessero compiuto gli atti dovuti); oppure alla gestione di rapporti con la Libia, in cui la Farnesina ha beneficiato gli insorti islamici di Omar al-Hasi – ammantatisi della denominazione roboante di ‘Congresso nazionale di Tripoli’, illegittimo e insurrezionale, a danno del Parlamento e del Governo legittimo, riconosciuto dalla Comunità Internazionale.

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Evidentemente il Tribunale dei Ministri di Roma non ha avuto finora notitia criminis su quanto rivelato dal presidente Renzi, per valutarne eventuali profili di illiceità e per aprire un eventuale fascicolo a carico dell’attuale vertice esecutivo della Repubblica. Ci auguriamo che questa lacuna di conoscenza sia colmata e che in nostri rilievi siano confutati dagli uffici giudiziari competenti.

La situazione internazionale e i pericoli del jihadismo islamista sono troppo gravi per lasciarli – nell’eventualità – nelle mani di gente che non sa mantenere un segreto fondamentale per la sicurezza nazionale.

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