‘Last of Our Kind’, i Darkness continuano a divertirsi e a divertirci

La band capitanata da Justin Hawkins torna nei negozi di dischi con il quarto album, preceduto dal singolo “Open Fire”

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Uscirà il prossimo 1° giugno Last of Our Kind, il quarto album in studio dei The Darkness, la mitica hard rock band inglese che, tra cambiamenti di formazione e un passato fatto di droghe e centri di recupero, è tornata (in maniera definitiva) più in forma che mai. In questo nuovo lavoro, che ha il compito di proseguire sulla strada tracciata e imboccata dal terzo lavoro, “Hot Cakes”, è la conferma della ritrovata serenità del gruppo di Lowestoft. Le atmosfere sono le loro predilette, quelle che ricalcano il sound collaudato della band, che spazia da sempre tra Queen (con cui hanno condiviso il produttore), Led Zeppelin, Def Leppard, Thin Lizzy e AC/DC.

Se “Hot Cakes” andava a configurarsi più come un doveroso omaggio ai propri fan, privati da tempo delle atmosfere giocose e dell’inconfondibile falsetto del suo leader, questo nuovo quarto lavoro è la dichiarazione d’intenti di una band che sceglie di riconsolidare le sue basi senza rinunciare alle sperimentazioni, le quali faranno di sicuro piacere al suo pubblico di riferimento.  

“Last of Our Kind” è anche il primo disco dove le tonalità vocali di Justin Hawkins accolgono finalmente la sfida di esplorare nuovi territori, non più semplici, ma sicuramente più affascinanti e privi di ridondanti stilizzazioni, e dove anche l’inossidabile (e baffuto) bassista Frankie Poullain, trova il suo quarto d’ora di celebrità dal punto di vista vocale (a conferma delle potenzialità della band).  

Tutto inizia con “Barbarian”, che ripercorre la tradizione vichinga, e che contiene “non uno, ma due monologhi drammatici, un assolo di chitarra che è stato definito irresponsabile, un riff che fa tremare le ginocchia alle signore e un ritornello che fa cacare addosso i gentiluomini. E insomma, i classici Darkness”. “Open Fire” si avvale di un Justin Hawkins inedito, che non sfoggia più il suo usuale falsetto, ma si fa più duttile e coerente al tono vibrante del brano. “Roaring Waters” e “Wheels of the Machine” proseguono nell’alternanza, marchio di fabbrica del gruppo, di pezzi dalla melodia spensierata all’hard rock più classico. Con “Mighty Wings” le atmosfere subiscono un ripido e vertiginoso cambiamento, con nostalgiche strizzatine d’occhio molto genuine verso uno space rock molto in stile “Bowie”.

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Proseguendo l’ascolto, in “Mudslide” troviamo, inoltre, il primo (e forse ultimo) contributo della nuova batterista Emily Dolan Davies, che sostituisce per problemi di salute Ed Graham (ma il suo posto nel tour promozionale sarà occupato a sua volta da Rufus Taylor, figlio del batterista dei Queen, Roger). Le ballate “Sarah O’Sarah” e “Hammer & Tongs” spianano la strada a “Conquerors”, gustoso esordio alla voce solista di Frankie Poullain.

Ricapitolando, “Last of Our Kind” è inscrivibile in una fase di transizione per i Darkness, i quali, liberi da ogni pressione relativa alle aspettative (aspetto che pesava come un macigno in “Hot Cakes”) e rimasti davvero gli ultimi del loro genere, sono liberi di esplorare, rockeggiare, divertirsi e divertirci con un’idea di musica che omaggia la grande tradizione inglese degli anni Settanta.

Piccola nota a margine: l’edizione giapponese e americana dell’album contiene due tracce bonus, “Messenger” e “Always Had the Blues”.    

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Il videoclip ufficiale di “Open Fire”: