Vicario di Aleppo: scetticismo “su missione Onu in Siria”. De Mistura, collezionista di insuccessi, a Damasco da lunedì

L’inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria è arrivato lunedì a Damasco, ma un anno dopo l’avvio della missione il diplomatico svedese naturalizzato italiano tenta di rilanciare il piano per il “cessate il fuoco”. Decine di morti ad Aleppo, anche bambini. Monsignor Abou Khazen: necessario fermare il flusso di armi e combattenti. Continua la missione pastorale della Chiesa siriana per l’Anno della vita consacrata, in cui si inserisce un appello: “basta guerra, basta armi, bisogna lavorare per la pace e la riconciliazione

Devastazioni nella città di Aleppo, Siria (foto MOHAMMED AL-KHATIEB/AFP/Getty Images via AsiaNews)
Devastazioni nella città di Aleppo, Siria (foto MOHAMMED AL-KHATIEB/AFP/Getty Images via AsiaNews)

Aleppo – “La speranza è l’ultima a morire, ma fra la gente regna un sentimento diffuso di scetticismo e vi sono poche possibilità che la missione questa volta abbia successo“. Lo ha dichiarato ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, monsignor Georges Abou Khazen, commentando l’arrivo ieri a Damasco dell’inviato speciale Onu per la Siria Staffan de Mistura.

Speriamo… davvero noi speriamo che vi sia una svolta positiva“, ha aggiunto il prelato, ma la situazione sul terreno “non è migliorata”. “Oggi come un anno fa non vi è un fronte unito”, spiega Abou Khazen. Rientrato martedì ad Aleppo dopo una visita pastorale nella regione costiera, il vicario apostolico ha rilevato che quanti tengono in mano le sorti della guerra “non sono affatto siriani (come il Fronte di al-Nusra e i jihadisti del sedicente ‘Stato Islamico’, ndr) e, di conseguenza, non hanno alcun interesse alla pace“. 

Una valutazione che dovrebbe fare riflettere le grandi potenze, divise sul da farsi in Siria, agnello sacrificale dell’immobilismo delle Nazioni Unite, anche se nelle ultime ore è giunto a Damasco l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, chiamato alla difficile impresa di rilanciare i colloqui di pace per mettere fine a un conflitto giunto ormai al quinto anno.

De Mistura nel recente passato non è stato molto ‘fortunato’ a ottenere successi diplomatici. Si pensi al caso dei due fucilieri della Marina Militare, Latorre e Girone, impelagati in un processo in India che – secondo le mirabolanti dichiarazioni dell’allora sottosegretario agli Esteri del Governo italiano – sarebbe svanito nel nulla in poco tempo. Al contrario, dopo oltre tre anni, la questione è ancora irrisolta.

Con questo viatico, non è strano che il diplomatico svedese naturalizzato italiano tenti da oltre un anno di ottenere un cessate il fuoco ad Aleppo, città martire della furia islamista, senza riuscirci per l’avversione delle fazioni ribelli – divise al loro interno – che non hanno mai saputo trovare una linea unitaria per il confronto con Onu e governo siriano. Ma questa situazione è la conseguenza della frammentazione del fronte anti-Assad, costituito da gruppi di miliziani islamisti, reparti combattenti del sedicente ‘Stato Islamico’, cellule locali di al Qaeda e militanti anti-governativi laici che combattono il regime siriano e, allo stesso tempo, le altre fazioni su basi programmatiche incompatibili tra loro.

Intanto ad Aleppo si continua a combattere e a morire. A seguito dell’ultima attacco delle fazioni anti-Assad contro la parte occidentale di Aleppo, in cui si acquartierano le milizie fedeli al presidente siriano, sono morte oltre 34 persone, tra cui molti civili e tra essi anche 12 bambini, dopo il lancio di oltre 300 razzi che hanno provocato ulteriore devastazione. I feriti, ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani, una ong con sede a Londra che, citando testimoni oculari, ha anche precisato che il bilancio è destinato a salire per le oltre 200 persone ferite, molte delle quali in gravissime condizioni.

Nonostante la guerra incivile l’attività pastorale della Chiesa non si interrompe, come ha raccontato ad AsiaNews, l’agenzia di stampa del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), il vicario apostolico dei Latini, che nei giorni scorsi è rientrato ad Aleppo dopo “una visita pastorale nella zona costiera della Siria e una breve sosta a Damasco”. “In questi giorni abbiamo tenuto incontri e riunioni” con suore, sacerdoti e laici “per l’Anno della vita consacrata”. “La nostra missione – aggiunge – è anche quella di cercare di continuare l’attività pastorale, sostenere il lavoro di tanta gente, star loro vicino anche e soprattutto in questi tempi difficili”. 

Monsignor Georges Abou Khazen ha poi puntato il dito contro l’Occidente e le potenze regionali del mondo arabo e mediorientale (Iran e petromonarchie del Golfo molto attive, come Qatar e Arabia Saudita) che dovrebbero “smetterla di fornire armi, addestramento e sostegno” logistico e finanziario alle fazioni in lotta. Una spirale di violenza senza fine, con soldati governativi da un lato sfiancati da quattro anni di conflitto e un fronte opposto in cui “subentrano centinaia di combattenti nuovi ogni mese” per dare man forte all’internazionale dell’orrore in salsa islamista

Per questo, Georges Abou Khazen ha inteso ripetere “l’appello che stiamo lanciando da tempo: basta guerra, basta armi, bisogna lavorare per la pace e la riconciliazione. Non fomentate la guerra fra noi, interrompete il flusso di armi e combattenti. Servono pressioni diplomatiche, non militari perché si possa fermare il conflitto e si trovi una via reale e concreta per la pace”. 

Dall’inizio della rivolta contro il presidente Bashar al Assad, nel 2011, oltre 3,2 milioni di persone hanno abbandonato la Siria e altri 7,6 milioni sono sfollati interni. Le vittime del conflitto siriano sono arrivate alla quota orripilante di 230mila morti, molti dei quali civili, con un 2014 rivelatosi l’anno peggiore.

Proprio nel contesto del conflitto siriano emerse per la prima volta, nella primavera del 2013, la violenza brutale dei jihadisti del cosiddetto Stato Islamico, che nel frattempo ha strappato ampie porzioni di territorio a Damasco e Baghdad, nel tentativo di demolire le storiche frontiere disegnate dagli accordi Sykes-Picot nel 1916, dopo il collasso dell’Impero Ottomano, non sopravvissuto alla Prima Guerra Mondiale.

Oggi che siamo nella Terza Guerra Mondiale a episodi (anche se una corrente di analisti internazionali rileva che semmai si tratterebbe della Quarta, seguendo il filone storiografico che identifica nella Guerra Fredda la Terza Guerra Mondiale), come dice Papa Francesco, si eleva il rischio di una modifica dei confini per le vie vecchie delle conquiste militari, dopo il lungo congelamento seguito alla istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, su cui aleggia da tempo lo spettro del fallimento ai quattro punti cardinali del pianeta.

(Credit: AsiaNews) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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