Vittorio Gassman, 15 anni senza il grande mattatore

Il 29 Giugno 2000 usciva di scena uno dei più carismatici interpreti italiani del cinema e del teatro. Quattro anni prima di morire destò scalpore la rivelazione di aver riscoperto la fede, dopo oltre 50 anni di lontananza dal cattolicesimo

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Roma – Sono trascorsi 15 anni dalla morte di Vittorio Gassman, stroncato da una crisi cardiaca nella sua casa romana il 29 Giugno 2000. A piangere la maschera per eccellenza fu l’Italia intera. Nella sua carriera, tra cinema e teatro, aveva dato vita a centinaia di personaggi che, nel tempo, gli avevano fatto guadagnare il soprannome di ‘mattatore’. Sul palcoscenico era stato Otello, Riccardo III, Macbeth o, alternativamente, Jago e Amleto nella storica versione del dramma ‘shakesperiano’ messa in scena con Salvo Randone in cui i due protagonisti si scambiavano i ruoli principali ogni sera.

Nato a Genova nel 1922, figlio di un ingegnere tedesco e di madre fiorentina, aveva interrotto gli studi in legge per il teatro, dove aveva esordito nel ’43 nella ‘Nemica’ con Alda Borrelli. Se il teatro, anche con classici come ‘Un tram che si chiama desiderio’ e ‘Troilo e Cressidra’ diretto da Visconti o ‘Un marziano a Roma’ di Flaiano, era la sua passione, con il cinema Gassman aveva ‘affinato’ le sue doti ironiche e comiche.

Quando Mario Monicelli gli affidò la parte del ladro balbuziente ne ‘I soliti ignoti’ con Totò, tutti parlarono del Gassman comico. Con gli stessi toni il ‘mattatore’ rese celebre il milanese Giovanni Busacca, sempre pronto a imboscarsi, de ‘La grande guerra’.

La filmografia di Gassman è sconfinata, difficile da sintetizzare, con tanti personaggi ormai storici. Aveva iniziato con film drammatici come ‘Il lupo della Sila’ di Coletti o ‘Anna’ di Lattuada, per poi partecipare al neorealismo con il ruolo del lestofante in ‘Riso amaro’ di De Santis. Ne ‘Il mattatore’ era Gerardo il maestro della truffa, ne ‘L’armata Brancaleone’ era lo sgangherato guerriero e in ‘L’arcidiavolo’ addirittura Belfagor in persona. In costume, in ‘Scipione detto l’Africano’, aveva prestato il volto a Catone mentre tra le sue più celebri interpretazioni resta quella di ‘Profumo di donna’, in cui è il cinico donnaiolo Fausto Consoloprivo di vista che progetta il suicidio. Difficile dimenticarlo, poi, in ‘C’eravamo tanto amati’, dove vestiva i panni dell’avvocato arrivista Gianni che divide con Manfredi e Satta Flores l’amore per la stessa donna. Il senatore Mario era poi il ruolo ricoperto da Gassman ne ‘La terrazza’ mentre in ‘La famiglia’, memorabile, era il capoclan di una famiglia della media borghesia romana. Simbolo di un’epoca e’ restato invece il suo Bruno Cortona, il cialtrone che viaggia da Roma a Viareggio in auto del ‘Sorpasso’.

Gassman è stato anche regista e autore. Nella sua carriera aveva vinto, tra gli altri, un premio a Cannes e il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia. Assieme a tanti amori sbocciati sul palcoscenico e sul set, la sua vita privata è stata segnata da tre matrimoni, circostanza che lo rese uno dei più famosi tombeur de femmes.

Nel 1943, mentre l’Italia era sotto l’incubo della guerra, si sposò per la prima volta con una compagna d’arte, Nora Ricci. ”Il nostro fu vero amore, ma l’unione non resse perché ci eravamo sposati senza riflettere, con l’avventatezza della gioventù”, ricordò qualche anno prima di morire il grande attore in un’intervista. La separazione consensuale arrivò nel 1948.

In senconde nozze sposò in America l’attrice americana Shelley Winters, della quale si era innamorato. Impedito dal divorziare – visto che il divorzio fu vietato dalla legge in Italia fino al 1970 – Gassman dovette recarsi a Los Angeles per contrarre il matrimonio, che però non fu mai riconosciuto in Italia, dove la coppia fu considerata come ‘pubblici concubini’ – non come coniugi – finché la loro relazione durò (dal 1952 al 1954). Per divorziare, dopo la nascita di Victoria, Gassman e Winters dovettero fare il percorso inverso e ottenere la dichiarazione di scioglimento del matrimonio negli Usa.

Il terzo matrimonio, con Diletta D’Andrea, ex moglie del regista Luciano Salce, arrivò il 6 dicembre 1970. Da questa unione negli anni Ottanta nacque Jacopo, mentre Alessandro fu riconosciuto dall’attore e nacque dalla relazione con l’attrice francese Juliette Maynel.

Insieme alla sua lotta con la depressione, che lo aveva avvicinato alla psicanalisi, fece molto clamore quattro anni prima della morte, nell’estate del 1996, la dichiarazione pubblica di Gassman di aver riscoperto la fede, dopo aver trascorso più di cinquant’anni lontano dalla Chiesa.

(Credit: Adnkronos) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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