Nel Rapporto Svimez 2015 gli estremi per il licenziamento in tronco dei politici meridionali
Nel Sud dell’Italia la crisi è senza fine. Pil (ufficiale) ultimo in Europa, sei volte peggiore della Grecia. Una persona su tre è povera: “sottosviluppo permanente”. Mezzogiorno: occupazione tornata a livelli del 1977
Roma – Allarme povertà per il Mezzogiorno: “una persona su tre a rischio al Sud, una su dieci al Nord”. In sintesi il Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 fornisce un quadro drammatico dello sviluppo economico meridionale, di fatto un preavviso di licenziamento per tutta la classe dirigente del Sud dell’Italia, politici in testa (ma non solo).
Lo Svimez avverte che “il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente”. Almeno stando ai dati ufficiali e non considerando le attività economiche sommerse, non illecite in senso stretto, che permettono la sopravvivenza della popolazione, decrescente nel Meridione.
“In Italia, negli ultimi tre anni, dal 2011 al 2014 – secondo lo studio – le famiglie assolutamente povere sono cresciute a livello nazionale di 390mila nuclei, con un incremento del 37,8% al Sud e del 34,4% al Centro-Nord. Quanto al rischio povertà, nel 2013 in Italia vi era esposto il 18% della popolazione, ma con forti differenze territoriali: 1 su 10 al Centro-Nord, 1 su 3 al Sud. La regione italiana con il più alto rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%).
La povertà assoluta è aumentata al Sud rispetto al 2011 del 2,2% contro il +1,1% del Centro-Nord. Nel periodo 2011-2014 al Sud le famiglie assolutamente povere sono cresciute di oltre 190mila nuclei in entrambe le ripartizioni, passando da 511mila a 704mila al Sud e da 570mila a 766mila al Centro-Nord. A livello di reddito, guadagna meno di 12mila euro annui quasi il 62% dei meridionali, contro il 28,5% del Centro-Nord. Particolarmente pesante la situazione in Campania (quasi il 66% dei nuclei guadagna meno di 12mila euro annui), Molise (70%) e Sicilia (72%)”.
Mezzogiorno: Svimez, dal 2000 a 2013 cresce metà della Grecia – Dal 2000 al 2013 il Sud d’Italia è cresciuto del 13%,”la metà della Grecia”, è uno dei dati emergenti dal Rapporto 2015, secondo cui “in tredici anni, dal 2000 al 2013 l’Italia è stato il Paese che è cresciuto meno di tutti i paesi considerati, +20,6% rispetto al +37,3% dell’area Euro a 18, addirittura meno della Grecia, che ha segnato +24% quale effetto della forte crescita negli anni pre crisi, che è riuscita ad attenuare in parte il crollo successivo. Situazione decisamente più critica al Sud, che cresce nel periodo n questione la metà della Grecia, +13%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%)”.
Mezzogiorno:Svimez, al Nord +133mila occupati e al Sud -45mila – Un’Italia ‘spaccata’ in due dove c’è una regione – come il Trentino Alto Adige – che registra un reddito pro capite di 37.665 euro e, contemporaneamente, la Calabria che si ferma a 15.807 euro. Numeri che mostrano un “divario tra la regione più ricca e la più povera” nel 2014 pari a 18.453 euro: in altri termini, un trentino ha prodotto nel 2014 quasi 22mila euro in più di un calabrese.
Lo scorso anno registrati dati allarmanti sul fronte dell’occupazione in particolare per giovani e donne. “Nel 2014 i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133mila). Il Sud, invece, ne ha persi 45mila. Il numero degli occupati nel Mezzogiorno torna così a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat”. Per quanto riguarda l’occupazione femminile, secondo lo studio “al Sud lavora solo una giovane su cinque”.
“Le donne continuano a lavorare poco: nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64% nell’Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6%“. Il capitolo ‘giovani e lavorò mostra una “frattura” senza paragoni in Europa , continua, infatti, “l’andamento contrapposto dell’occupazione tra i giovani e i meno giovani”. “I primi, under 34, hanno visto perdere in Italia dal 2008 al 2014 oltre 1 milione e 900mila posti di lavoro, pari a -27,7%, di cui quasi il 32% al Sud.
Viceversa, nella fascia d’età 45-54 anni e 55-64 i posti di lavoro sono cresciuti rispettivamente di 696mila unità e di oltre 1 milione. Il Sud negli anni 2008-2014 perde 622mila posti di lavoro tra gli under 34 e ne guadagna 239mila negli over 55. Particolarmente colpiti i più giovani: “gli under 24 nel 2014 registrano un tasso di disoccupazione del 35,5% nel Centro-Nord e quasi del 56% al Sud“.
In questo scenario lo Svimez avverte che “Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente“.
(AGI)
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