Venezia 2015, Noah Baumbach e Jake Paltrow celebrano Brian De Palma alla Mostra

Con il documentario De Palma, Baumbach e Paltrow raccontano un mito della New Hollywood e un maestro del cinema contemporaneo

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Venezia – Durante l’ottava giornata della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è andato in scena un sincero omaggio a Brian De Palma, rappresentato sotto forma di un toccante e raffinato documentario (De Palma) diretto da due simboli del cinema indipendente, Noah Baumbach e Jake Paltrow. Il grande regista statunitense, autore tra gli altri di film memorabili come Il fantasma del palcoscenico, Carrie – Lo sguardo di Satana, Blow Out, Scarface, Gli intoccabili e Carlito’s Way, a margine della presentazione del film, è stato insignito del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2015, dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo.

Per l’occasione, il direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato: “Figlio di un’epoca artistica – gli anni Settanta – carica di fermenti innovativi, Brian De Palma si è affermato come uno dei registi più abili nel costruire con grande libertà creativa perfetti meccanismi narrativi, sperimentare nuove soluzioni tecniche, tradire le regole classiche del linguaggio, abbandonarsi a virtuosismi estetici, celebrare autori amati. Di fronte a un film di Brian De Palma si torna spettatori di grado zero. Gli occhi bene aperti per non cadere nella trappola, sapendo benissimo di finirci dentro. Perché quello di De Palma è cinema ludico all’ennesima potenza, piacere per gli occhi e al contempo gioco che solletica il cinefilo. La sua prerogativa principale, che consiste nel non aver mai perso la curiosità dello sperimentatore in grado di reinventare il già visto, fa di De Palma – in fatto di costruzione dell’immagine e della sua manipolazione – uno più grandi innovatori cresciuti all’ombra della New Hollywood”.

Lo stesso De Palma, nel corso della rituale conferenza stampa, ha voluto dare un consiglio a chi aspira a diventare regista, e anche a chi quel mestiere lo svolge già: “Dovessi dare un consiglio a chi fa il regista, anche a Noah, è quello di essere costanti e persistere nell’ottenere ciò che si vuole. Se non avessi usato l’ironia nel mio lavoro non sarei sopravvissuto. La cosa curiosa è che ogni volta che mi sembrava di aver girato un buon film, i produttori storcevano il naso; viceversa, quando mi sembra di aver girato una schifezza, i produttori erano contenti. E di certo non ho rimpianti nella mia carriera. Amo tutti i miei film allo stesso modo, qualcuno amerebbe un figlio più di un altro?”.

Poi una nota malinconica e personale: “I film fatti tra i 30 e i 50 anni, a 70 non li riesci più a fare. Quello è il periodo migliore per qualunque cineasta; una lezione però l’ho presa anch’io proprio dai remake dei miei film. È bello vedere che tutti gli errori che non avevi compiuto all’epoca nella tua regia, perché ci avevi pensato e li avevi evitati, vengono riproposti in questi film oggi come niente fosse”. Come dargli torto?

La giornata del festival ha visto poi la proiezione in Concorso del nuovo film di Jerzy Skolimowski, che col suo 11 minutes ha regalato al pubblico e agli addetti un lucidissimo thriller dalla regia virtuosistica e senza freni. Dopodiché è stato il turno di Laurie Anderson, che con Heart of a Dog, ha elaborato una riflessione su temi quali la vita, la morte e il ricordo di chi non c’è più; lo ha fatto partendo dalla sua esperienza personale segnata da recenti lutti familiari come la perdita del marito, il celebre rocker Lou Reed.

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L’ingresso di Brian De Palma in conferenza stampa a Venezia: