‘Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana’, un percorso tra Cielo e arte a Palazzo Strozzi

In occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, a Firenze 100 opere di prestigiosi artisti nazionali e internazionali per riflettere sul rapporto tra arte e Dio


Firenze – In occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, in programma a Firenze nel prossimo mese di novembre, Palazzo Strozzi inaugura la stagione con “Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall 20141113-Banner-Totelia(300pxx250px)biancoe Fontana”, una grande mostra organizzata grazie a prestiti eccezionali provenienti dal Musée d’Orsay di Parigi, dai Musei Vaticani di Roma, dall’Art Institute di Chicago. La mostra – da giovedì 24 settembre al 24 gennaio 2016 – intende riflettere sul complesso rapporto tra arte e divino.

Le sette sezioni tematiche in cui si snoda il percorso abbracciano un arco temporale che va dalla metà dell’800 alla metà del ‘900, con circa 100 opere di artisti nazionali – Previati, Severini, Guttuso, Fontana – e internazionali – Van Gogh, Millet, Munch, Picasso, Chagall, Otto Dix, Ernst, Spencer, Matisse – che hanno indagato, raffigurato, attualizzato quello che, da sempre, rappresenta il cuore dell’esistenza dell’uomo, cioè il suo rapporto con il sovrannaturale.

L’arte sacra non è altro che l’esternazione del sentimento religioso, del modo attraverso cui gli uomini hanno cercato di raffigurare l’Ineffabile per poterlo sentire più vicino, più reale soprattutto tramite l’intercessione – intesa anche come committenza – della Chiesa che, come mostrano le prime opere esposte a Palazzo Strozzi, a partire da Papa Pio IX scelse una pittura naturalista, legata al racconto storico.

Ma nel San Sebastiano di Moreau – velatamente sensuale nella sua posa ieratica – e nella Madonna di Munch – in cui eros e estasi si intrecciano provocatoriamente richiamando le posizioni di Freud – si leggono già le influenze del simbolismo, l’inquietudine, l’audacia di alcune sperimentazioni di quegli anni in bilico tra idealità e umanità. Proprio questo dissidio tra laico e divino si riscontra nelle opere di Segantini e Previati che, con il divisionismo interpretano il tema dell’Annunciazione con una visione panica – il primo – e sentimentale – il secondo, e nell’eccezionale tela di Corcos che, in questa rara testimonianza di genere sacro, si concentra sul volto sognante della figlia Maria Luisa, più una dama che una Madonna in attesa del messaggio divino.

Il ventaglio di opere di Andreotti, Denis, Capogrossi, il primitivismo di Martini, l’onirico di Redon – precursore del Surrealismo – e ancora il Cristo di Spencer che, in uno spazio prospettico distorto, traspone l’ingresso a Gerusalemme nella cittadina di Cookham secondo i dettami del socialismo cristiano di Slesser, sottolinea le tendenze più originali del ‘900 durante il quale, sotto l’influenza delle guerre mondiali, il sacro diviene veicolo di denuncia, a volte urlata, a volte sottesa, delle atrocità del mondo come nel Cristo di Otto Dix o nelle fenditure nella superficie ceramica del trittico di Fontana, anticipazioni dei “tagli” degli anni ’50.

La bestialità del nazismo e della guerra appare in Chagall, Manzù, Guttuso, mentre il tema della deposizione del Cristo si presta alla metafora, alla trasposizione dell’espressionismo, del cubismo, del futurismo. Ma nel tumulto del percorso fiorentino, il visitatore non potrà non soffermarsi su un Cristo morto dall’inconfondibile tratto di Vincent Van Gogh che, a pochi mesi dal suicidio, dipinse una Pietà, la sola del pittore olandese che, non casualmente, diede il suo volto a un Cristo dai capelli rossi e dalla barba corta. Il suo corpo-cadavere è pesante per le fragili dita della madre che, impotente, apre le mani e volge lo sguardo svuotato verso lo spettatore mentre nubi nere minacciano le due figure indifese e sole.

Con la solitudine, con l’intima ricerca del sé attraverso la preghiera, si chiude l’articolata mostra di Palazzo Strozzi. Il raccoglimento, la fede privata sono da subito enunciati nella aggraziata e silenziosa fanciulla di marmo di Vincenzo Vela che richiama, in una visione circolare, l’ultima opera del percorso, Preghiera, di Cagnaccio di San Pietro che dipinge un bambino, nel candore della stanza e della camicia da notte, assorto in preghiera, illuminato solo da una luce esterna.

Nella xilografia di Munch, prestata dal Vaticano, è protagonista, invece, l’enorme e buia ombra del padre dell’artista che, dopo una lite, fu sorpreso con le mani giunte; il figlio immortalò così su carta giapponese il suo temperamento nervoso e il suo ossessivo sentimento religioso, quell’atto divenuto ormai rito metodico, fatto di poche domande e di molti silenzi, gli stessi che sembrano avvolgere lo splendido Angelus di Millet, paradigma della devozione.

Al suono delle campane in lontananza, gli arnesi da lavoro sono lasciati sulla nuda terra. I due contadini si fermano, lo sguardo si abbassa e le mani si incontrano per la preghiera del mattino. Silenziosa, senza pretese, forse solo puntellata da qualche ardita speranza, l’invocazione a Dio, a quella luce aurorale che illumina in controluce le figure – oscurandone il volto, ma monumentalizzandone i contorni simmetrici – diviene momento lirico avvolto in un’atmosfera sospesa, di calma e semplicità, di raccoglimento con il creato che, definito nella sua ampiezza da un orizzonte basso, assurge a tutto, centro, metafora universale di un abbraccio sulla fragilità degli uomini, alla ricerca costante del senso della vita.

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Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”, Palazzo Strozzi, piazza Strozzi Firenze

Orario: tutti i giorni inclusi i festivi 10.00-20.00. Giovedì 10.00-23.00

INFO: 055.2645155 | info@palazzostrozzi.org

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