Papa Francesco: “L’attività economica sia al servizio del bene comune. Più tutela per le donne”

Il Pontefice ha ricevuto sabato l’Unione cristiana imprenditori dirigenti e ha ricordato che “l’economia e l’impresa hanno bisogno dell’etica per il loro corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica che ponga al centro la persona e la comunità”. Necessario “tutelare al tempo stesso sia il diritto delle lavoratrici ad un lavoro pienamente riconosciuto sia la loro vocazione alla maternità e alla presenza in famiglia”

Città del Vaticano – L’imprenditore, e in modo particolare l’imprenditore cristiano, “è chiamato ad essere missionario della dimensione sociale del Vangelo nel mondo difficile e complesso del lavoro, dell’economia e dell’impresa”. Ma per fare questo “è necessario riportare l’etica nell’economia. Non un’etica qualsiasi, bensì un’etica che ponga al centro la persona e la comunità“. Lo ha detto ieri Papa Francesco all’Unione cristiana imprenditori dirigenti nel corso dell’udienza a loro dedicata.

Dopo aver esortato l’Unione “a proseguire con entusiasmo nelle vostre attività formative, per essere di fermento e di stimolo, con la parola e l’esempio, nel mondo dell’impresa”, il Papa ha ricordato l’importanza della testimonianza. Per questo, ha detto, “vi incoraggio a vivere la vostra vocazione imprenditoriale nello spirito proprio della missionarietà laicale. Quello dell’imprenditore, infatti, «è un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della vita; questo gli permette di servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 203)”.

L’impresa e l’ufficio dirigenziale delle aziende, Francesco ha ricordato, “possono diventare luoghi di santificazione, mediante l’impegno di ciascuno a costruire rapporti fraterni tra imprenditori, dirigenti e lavoratori, favorendo la corresponsabilità e la collaborazione nell’interesse comune”. Ma perché questo avvenga “è decisivo avere una speciale attenzione per la qualità della vita lavorativa dei dipendenti, che sono la risorsa più preziosa di un’impresa; in particolare per favorire l’armonizzazione tra lavoro e famiglia. Penso in modo particolare alle lavoratrici: la sfida è tutelare al tempo stesso sia il loro diritto ad un lavoro pienamente riconosciuto sia la loro vocazione alla maternità e alla presenza in famiglia.

“Quante volte”, ha poi aggiunto a braccio, “abbiamo sentito che una donna va dal capo e dice: ‘Ma, devo dirle che sono incinta’- ‘Dalla fine del mese non lavori più’. La donna va a (deve) essere custodita, aiutata in questo doppio lavoro: il diritto di lavorare e il diritto della maternità”.

Questa chiamata ad essere missionari della dimensione sociale del Vangelo nel mondo difficile e complesso del lavoro, dell’economia e dell’impresa, il Pontefice ha continuato, “comporta anche un’apertura e una vicinanza evangelica alle diverse situazioni di povertà e di fragilità. Si tratta, anche qui, di un atteggiamento, di uno stile con cui portare avanti i programmi di promozione e assistenza, incrementando le numerose e benemerite opere concrete di condivisione e di solidarietà che sostenete in varie parti d’Italia. Questo sarà anche un modo a voi proprio per mettere in pratica la grazia del Giubileo della Misericordia”.

Ma non basta fare assistenza, fare un po’ di beneficenza. “È necessario orientare l’attività economica in senso evangelico, cioè al servizio della persona e del bene comune. In questa prospettiva siete chiamati a cooperare per far crescere uno spirito imprenditoriale di sussidiarietà, per affrontare insieme le sfide etiche e di mercato, prima fra tutte la sfida di creare buone opportunità di lavoro”.

Pensate ai giovani, ha esortato poi, di nuovo a braccio: “Credo che il 40 per cento dei giovani qui oggi sono senza lavoro. In un altro Paese vicino, il 47; in un altro Paese vicino, più del 50. Pensate ai giovani, ma siate creativi nel fare fonti di lavoro che vadano avanti e diano lavoro, perché chi non ha lavoro non solo non porta il pane a casa ma perde la dignità! Per fare questa strada contribuiscono anche le iniziative di confronto e di studio, che realizzate sul territorio”.

L’impresa, ha concluso Francesco, “è un bene di interesse comune. Per quanto essa sia un bene di proprietà e a gestione privata, per il semplice fatto che persegue obiettivi di interesse e di rilievo generale, quali ad esempio lo sviluppo economico, l’innovazione e l’occupazione, andrebbe tutelata in quanto bene in sé. A questa opera di tutela sono chiamate in primo luogo le istituzioni, ma anche gli imprenditori, gli economisti, le agenzie finanziarie e bancarie e tutti i soggetti coinvolti non devono mancare di agire con competenza, onestà e senso di responsabilità. L’economia e l’impresa hanno bisogno dell’etica per il loro corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica che ponga al centro la persona e la comunità”.

(AsiaNews)

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