Aereo russo abbattuto, ira a Mosca. Putin: ‘grave incidente’. Obama difende Ankara, ma solo un po’

In un primo momento, il presidente americano ha difeso il diritto della Turchia a difendere in confini, ma di fronte alle prove inoppugnabili di Mosca – avvalorate dalla Difesa Usa – tenta una manovra per raffreddare la crisi. L’obiettivo di Erdogan non è Mosca, ma la NATO, che vuole trascinare in una guerra contro la Russia per nascondere il suo vero obiettivo

Roma – Ieri l’abbattimento del Sukhoi 24 russo da parte di un F16 turco al confine con la Siria è stato un atto di guerra, ma – nonostante le dure reazioni da parte russa – non è stato definito tale. Lo stesso Vladimir Putin lo ha definito invece “un atto grave” e al re giordano Abdallah II ha sottolineato che “avrà gravi conseguenze”. Nel linguaggio diplomatico le parole valgono come atti costitutivi di effetti giuridici internazionali.

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E infatti le conseguenze sono e saranno gravi, ma probabilmente non quelle perseguite da Recep Tayyip Erdoğan: scatenare una guerra tra Russia e NATO, trascinando l’Alleanza Atlantica in uno scontro inevitabile reso tale con una serie di atti (non provocazioni) mirati che spingano Mosca alla reazione militare. A quel punto, per Ankara sarebbe facile chiedere l’attivazione dell’Articolo V Nato (solidarietà difensiva, ndr). Il gioco sarebbe concluso, per concludere il disegno del barbaro sostegno oggettivo all’Isis, considerato dal regime turco meno pericoloso dei curdi (vero obiettivo da eliminare).

Per questo tra Russia e Nato solo scaramucce verbali, nell’arco delle ore con un’evoluzione tesa a ‘raffreddare’ de facto la crisi e non farla scivolare verso un confronto armato. Tensione che non fa bene alla lotta contro i barbari islamisti dell’ISIS.

In questo quadro di battaglia verbale di bassa gravità, il ruolo è affidato alle seconde linee. “L’Alleanza prenderà le parti della Turchia”, ha dichiarato ieri il vice ministro degli Esteri russo Serghei Riabkov, citato dalla Ria Novosti. “La situazione è estremamente preoccupante. Non credo che qui dai colleghi Nato ci si possa aspettare obiettività – ha ribadito – certamente verranno prese le parti della Turchia come alleato”. Ne consegue che “per proteggere le nostre forze e i mezzi da tali attacchi senza precedenti e criminali“, ha chiarito. Parole, muscle showing, esibizione verbale comprensibile, ma senza conseguenze.

In serata lo stesso Putin ha fatto la mossa giusta: nessuna azione militare, sanzioni economiche. Ossia: non cado nel tranello turco.

E infatti, il primo ministro russo Dmitri Medvedev ha avvertito che l’abbattimento del Sukhoi 24 in Siria è “un’azione criminale della autorità turche” (distinguendo così tra politici al governo e militari: altro dato importante),  ma potrebbe avere come conseguenza ‘solo’ l’annullamento dei progetti congiunti con Ankara e la perdita di quote di mercato russo da parte di compagnie turche. Tradotto: vi tagliamo il gas e vi riscaldate con la legna quest’inverno.

Anche dal versante americano le reazioni sono state in apparenza dure verso Mosca, poi nella realtà la valutazione degli avvenimenti è stata diversa.

Nell’immediato, il presidente americano Barack Obama ha espresso al presidente della Turchia “il supporto degli Usa e della Nato rispetto al diritto turco di difendere la sua sovranità”, ma senza chiedere la riunione d’urgenza del Consiglio Nord-Atlantico, unico organo politico che potrebbe prendere misure adeguate verso minacce serie. A nessuno è sfuggita la concomitanza tra la visita di François Hollande e l’abbattimento dell’aereo russo.

Poi la Casa Bianca ha diffuso il contenuto della colloquio telefonico tra Obama ed Erdogan e della condivisione tra i due leader della necessità “di ridurre la tensione e di cercare soluzioni per assicurare che simili incidenti non si verifichino di nuovo“. Una sconfessione americana espressa con altri mezzi.

Di fatto, la Difesa statunitense ha invece sostenuto che l’areo russo è stato colpito nello spazio aereo siriano. Le indiscrezioni sono state rilanciate da media russi e britannici, citando un funzionario americano sentito dalla Reuters.

Il sito del ‘The Telegraph’ mette in apertura la versione americana, che contraddice quella turca. I dati che dimostrerebbero le ragioni della posizione russa sarebbero fondati “sull’analisi della segnatura termica” lasciata dall’aereo. Secondo le ricostruzioni turche, invece, il Sukhoi 24 russo avrebbe volato in spazio aereo turco per 17 secondi, prima di essere attaccato e colpito mentre si trovava ancora in territorio turco.

Mosca invece ha subito negato che vi fosse stata una vera e propria violazione da parte del suo caccia, con fonti non ufficiali che avrebbero ammesso al più “un breve sforamento” oltre il confine turco. Un fatto secondario, che però viene addirittura corretto da fonti della Difesa americana sotto condizione di anonimato.

Ieri nel Quartier Generale della Nato a Bruxelles si è tenuta una riunione straordinaria del Consiglio Nord-Atlantico, che ha sentito la relazione dell’ambasciatore turco. Ufficialmente non si saprà mai, ma alcune fonti affermano che i toni siano stati accesi e che alla fine l’accento è stato posto sulla necessità di depotenziare il pericolo. Nella dichiarazione ufficiale del Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg le parole d’ordine sono diplomazia e de-escalation, con avvicinamento tra Mosca e Ankara per superare questo gravissimo episodio.

Secondo indiscrezioni giornalistiche, diversi Paesi avrebbero marcato il fatto che la Turchia abbia reagito in modo eccessivo, causando di fatto la morte di uno dei due piloti del caccia, il comandante Oleg Peskov, ucciso da ‘ribelli siriani’ mentre con il paracadute planava nel tentativo di salvarsi: un crimine di guerra commesso da barbari al grido di ‘Allah U Akbar’.

L’altro pilota invece è stato recuperato da reparti dell’Esercito siriano, in un’operazione di CSAR (Combat Search and Rescue), poi trasferito in una base russa. Lo ha dichiarato l’ambasciatore russo in Francia. “Uno (dei due) a bordo è stato ferito quando si è paracadutato giù ed è stato ucciso in modo selvaggio a terra dai jihadisti nell’area. L’altro è riuscito a scappare e, secondo le ultime informazioni, è stato raccolto dall’esercito siriano e dovrebbe essere rientrato alla base dell’aeronautica russa” a Latakia, ha riferito l’ambasciatore Alexandre Orlov all’emittente radiofonica ‘Europe 1‘ citata dall’agenzia AGI.

‘Difesaonline’ riferisce invece che a compiere l’operazione di salvataggio siano stati i reparti speciali russi, i ‘famigerati’ Specnaz, e si trova nella base di Hmeymim, sano e salvo. L’operazione sarebbe stata ordinata da Putin in persona, che avrebbe inviato nella zona le truppe speciali della Marina Russa con elicotteri blindati, per evitare nuove perdite come quelle registrate ieri, quando un velivolo accorso per recuperare il navigatore dell’aereo russo è stato colpito da un missile anti-carro. Nell’operazione un fante è morto.

Nei prossimi giorni si potrà capire meglio se l’abbattimento dell’aereo russo sarà – paradossalmente – un fatto che cambia le relazioni tra la NATO e l’establishment politico turco e, di conseguenza, un simmetrico motivo di riavvicinamento con la Russia.

Non si lasci passare come normale la smentita di ambienti militari americani delle giustificazioni turche, negate con spiegazioni tecniche. E non si lasci passare come irrilevante il fatto che i militari turchi abbiano preteso l’ordine esplicito del primo ministro turco Ahmet Davutoğlu, quindi del presidente Erdoğan: a ciascuno le proprie responsabilità. E quelle politiche sono più gravi di quelle militari, segno che in Turchia la svolta islamista non è del tutto compiuta.

(Immagine di apertura da video di Haberturk TV via AP) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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